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HOME > La Nota della Settimana > N° 22/2014

IMMIGRAZIONE, VINCERE INDIFFERENZA ED EGOISMO

L’accoglienza dei migranti sul nostro territorio - e, tra costoro, dei profughi fuggiti da conflitti in corso in varie parti del mondo - non può essere liquidata come un’emergenza, è piuttosto un fenomeno strutturale della società contemporanea. «Ciò che accade tra Nord Africa e Sud Italia – ha scritto il Sir, agenzia giornalistica della Conferenza Episcopale Italiana - è un lutto collettivo che pesa sulle coscienze del mondo intero. È solo l’ultima tappa di un disastro economico, sociale, politico che si genera nel cuore del continente africano e che approda sulle spiagge di Lampedusa, di Malta, della Sicilia, senza alcuna plausibile giustificazione storica. Ha alle spalle secoli di schiavitù e di sfruttamento coloniale, decenni di abbandono alla povertà e al sottosviluppo. Ciò che resta da fare, oggi, a chi vive in vari Paesi africani dove mancano cibo, medicine, scuole, libertà e prospettive di futuro, è tentare di scappare, sperando di trovare - lontano da casa, dalla propria famiglia - una mano tesa, un po’ di dignità, un lavoro.» Questa ondata migratoria – prosegue il Sir «nei prossimi anni potrebbe assumere dimensioni ancora più consistenti, i singoli Stati europei, non l’Ue, hanno girato la faccia dall’altra parte, facendo finta di non vedere, di non sentire, scaricando il problema solo sui Paesi di arrivo, sperando che si arrangiassero da soli. In sede di Consiglio europeo, dove siedono appunto i capi di Stato e di governo dei Paesi aderenti, è sempre emerso il rifiuto a “comunitarizzare” il problema migratorio, le relative responsabilità, i costi correlati.»

“Impensabile che si chiudano anziché aprirsi le porte delle città” -  L’Italia si trova così quasi sola a far fronte a questi flussi migratori. In un tale contesto, «diventa fondamentale una distribuzione sul territorio nazionale delle persone e delle famiglie di richiedenti asilo, che investa le Regioni, i Comuni e in essi le nostre comunità cristiane», ha detto monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, parlando recentemente alla Consulta nazionale delle migrazioni. «È impensabile - ha aggiunto - che un Paese con 60 milioni di abitanti non riesca a gestire l’arrivo di 35mila persone, quando sa accogliere 30 milioni di turisti in un anno, e che si chiudano anziché aprirsi le porte delle città». Se alcuni sindaci soffiano sul fuoco, facendo del rifiuto degli stranieri una bandiera, anche gli altri non sanno sempre dire una parola chiara. Nei media passa tutto sotto silenzio: non bastano le morti in mare per tenere la notizia in prima pagina, figurarsi per uomini e donne che devono “solo” ricostruirsi una vita lontano dalla violenza. Si constata, invece, che nelle comunità dove c’è un “tessuto solidale” le situazioni di emergenza si riescono ad affrontare e a farsene carico, spesso, sono solo le Caritas e le cooperative sociali.

Manca un percorso d’integrazione. All’egoismo di alcuni si aggiunge anche un sistema che non riesce a guardare oltre all’emergenza, e non si può dimenticare come recenti esperienze di accoglienza non abbiano dato i risultati sperati: per un po’ viene data la diaria, ma non c’è un percorso d’integrazione. Quando poi i soldi finiscono, resta innescata una “bomba sociale”.
C’è una grossa paura legata alla mancanza di prospettive circa la gestione dei profughi», ha lamentato il direttore della Caritas diocesana di Como. In parole povere, una volta arrivati in una città è concreta la possibilità che, presto o tardi, lo Stato lasci sola l’amministrazione comunale nel farsi carico della situazione.

Per fortuna che qualche eccezione c’è. Come a Thiene (Vicenza), dove il Comune ha dato l’assenso per accogliere alcuni profughi. Le polemiche non sono mancate, ma il sindaco e l’assessore al sociale hanno semplicemente risposto “di essere cristiani prestati alla politica”, ritenendo come tali “che l’accoglienza per le persone che fuggono da scenari di guerra sia semplicemente un dovere”. Un dovere che non si può barattare con qualche voto in più.

L’accoglienza di Caritas Ambrosiana - A Milano non si ferma l’ondata di arrivi alla Stazione Centrale, divenuta ormai da mesi il crocevia verso il Nord Europa per chi fugge dalla guerra civile in Siria. Da ottobre, Caritas Ambrosiana e la Cooperativa Farsi Prossimo hanno accolto oltre tremila persone nelle varie strutture che hanno messo a disposizione. Un nuovo grande centro di proprietà della Suore della Riparazione, di cui la cooperativa Farsi Prossimo ha ristrutturato una parte dimessa per adibirla all’ospitalità, in particolare della famiglie di profughi provenienti dalla Siria, già operante, sarà inaugurato venerdì 20 giugno, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato. Dalla Caritas Ambrosiana arriva anche un appello (che vi invitiamo a leggere, in allegato alla presente nota) per sostenere le sue attività: “Cosa puoi fare tu per dare una mano? Possiamo proporti quattro possibilità.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 16 giugno 2014

 

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