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HOME > Voce Amica > Numero di Dicembre 2010 > ...da pagina 21
 

E adesso il colera:

un altro flagello per Haiti!

 

“È emergenza acqua, e la popolazione é stanca”. La nostra amica Anna Mandrini, piccola sorella del Vangelo, e per molti anni ad Haiti a fianco dei più poveri, ci rende partecipi delle tragiche notizie che giungono dalle “sue sorelle” e dai confratelli impegnati a Port-au-Prince.

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Molti hanno domandato notizie di Haiti colpita dall’epidemia del colera.

Il nostro amico fr. Franklin, che vive sull’altopiano, nella parte centrale del paese, ci scrive:

“Nessuna creatura umana è in grado di risolvere tutti i problemi causati dal terremoto, nemmeno in tempi più lunghi. Noi siamo personalmente impegnati con tutte le nostre forze a trovare delle soluzioni, ma ci scontriamo con delle forze irresistibili! Ed ora c’è anche il colera. Un’epidemia che ha trovato un terreno propizio dopo il terremoto: le condizioni igieniche precarie, l’alimentazione insufficiente, la scarsità di acqua potabile, ora che numerose organizzazioni internazionali stanno ritirando i loro aiuti. Il colera ha già lasciato sulle nostre braccia 280 morti e più di 4000 ricoverati; l’epidemia non ha ancora raggiunto il suo picco massimo, mentre noi abbiamo ancora da asciugare le lacrime per il terremoto…. Dobbiamo lasciarci cadere le braccia? No, noi diciamo NO! Dobbiamo andare avanti, ad ogni costo, perché Dio è con noi e non vuole che l’uomo sia sottomesso a delle forze distruttive, occulte o naturali! Abbiamo fatto delle trasmissioni alla radio per sensibilizzare la gente a bere acqua potabile. Il nostro impianto di potabilizzazione sarà a disposizione dei camion di organismi internazionali che s’impegnano a portarla nelle varie zone del paese. Attualmente possiamo produrne per 8000 persone e stiamo lavorando per far fronte a una domanda maggiore. Stiamo vedendo anche se riusciamo a distribuire l’acqua in bottiglie per garantire la massima igiene. Le nostre équipe mediche sono mobilitate in tutta la regione per curare i malati a domicilio e dare loro le medicine. L’epidemia si diffonde in maniera impressionante, può colpire chiunque. La Repubblica Domenicana ha chiuso le frontiere per paura del contagio. Ma questo può comportare un’ulteriore crisi alimentare, dato che una buona parte dei prodotti alimentari viene importata da questo paese limitrofo.”

 

Una piccola sorella ci scrive dalla capitale, Port-au-Prince:

“Circa un mese fa, i primi casi della malattia si sono manifestati nel centro del paese. Malgrado tutti gli sforzi messi in atto per evitare che l’epidemia arrivasse alla capitale, purtroppo molte persone risultano contagiate anche qui. Vi lascio immaginare la paura che ha la gente, sapendo quanto siano precarie le condizioni igieniche dopo il terremoto del 12 gennaio. Nel quartiere dove viviamo sono stati segnalati casi isolati, ma per il momento non c’è troppo da preoccuparsi. Facciamo attenzione ad applicare tutte le precauzioni del caso e indirizziamo gli ammalati verso i centri organizzati per trattare le persone contagiate. Nel quartiere vicino, per esempio, le suore di Madre Teresa hanno smantellato la chiesa per farne un luogo di raccolta per i malati, che anche dopo le cure più urgenti hanno bisogno di essere reidratati e nutriti adeguatamente. La mancanza di acqua potabile nel paese non è una cosa nuova e un’epidemia come questa viene proprio a mettere il dito nella piaga…. Il governo è sempre più debole alla vigilia delle elezioni (previste per il 28 novembre) e non sembra volersi impegnare per affrontare le difficoltà di  questo momento. Le ONG hanno grandi possibilità, ma lavorano ognuna per conto proprio, senza sinergie né progetti comuni e questo non aiuta a creare un clima di pace, anzi…La Croce Rossa fornisce l’acqua potabile alla nostra scuola, perché dobbiamo garantire ai bambini il massimo della sicurezza. La gente è stanca e la situazione è delicatissima.”
Altri stralci di lettere che abbiamo ricevuto dalle consorelle e dagli amici haitiani, danno un’idea di quello che sta vivendo quel popolo dopo il terribile terremoto del 12 gennaio scorso.

 

La piccola sorella Chantal che segue la scuola mi scrive:

“Sappi che siamo stati fortunati, abbiamo ricevuto aiuti e li stiamo gestendo bene con il massimo della responsabilità. Questo è per noi un grande incoraggiamento, dobbiamo ridare speranza a tutti quelli che incominciano a dubitare di essere degni figli di Dio e sono tentati di pensare che Dio si sia dimenticato di Haiti. Quando è troppo è troppo! Anche se la speranza e la fede in Dio sono ben radicati nel cuore degli haitiani, bisogna dire che il terremoto ha sconvolto fortemente gli animi di molti che hanno perso i loro cari in quel 12 gennaio. Di fronte alle tonnellate di macerie che riempiono la città, di fronte alla crudele evidenza che i corpi dei loro cari non saranno mai più ritrovati, al pensiero che sono morti senza un aiuto, una parola di addio o un gesto di compassione… di fronte a tanto dolore la fede degli haitiani vacilla. C’è la paura di essere abbandonati da quello che loro chiamano “Buon Dio”, c’è la disperazione di fronte alla perdita di un bene acquisito con tanta fatica (la casa, un piccolo laboratorio, del materiale da lavoro….), c’è la paura di non avere più la forza per ricominciare la lotta quotidiana….
Ma quando hanno visto che della gente sconosciuta mandava aiuti, che si organizzava per sostenerli,  si sono sentiti un po’ più forti e hanno ritrovato il coraggio di rimettersi in piedi. Molti si sono scoperti felici di aiutare gli altri ed hanno fatto emergere capacità insospettate.”

 

Il nostro amico fr. Franklin ci scrive:

“Nessuna creatura umana è in grado di risolvere tutti i problemi causati dal terremoto, nemmeno in tempi più lunghi. Noi siamo personalmente impegnati con tutte le nostre forze a trovare delle soluzioni, ma ci scontriamo con delle forze irresistibili! Ed ora c’è anche il colera. Un’epidemia che ha trovato un terreno propizio dopo il terremoto: le condizioni igieniche precarie, l’alimentazione insufficiente, la scarsità di acqua potabile, ora che numerose organizzazioni internazionali stanno ritirando i loro aiuti. Il colera ha già lasciato sulle nostre braccia 280 morti e più di 4000 ricoverati; l’epidemia non ha ancora raggiunto il suo picco massimo, mentre noi abbiamo ancora da asciugare le lacrime per il terremoto…. Dobbiamo lasciarci cadere le braccia? No, noi diciamo NO! Dobbiamo andare avanti, ad ogni costo, perché Dio è con noi e non vuole che l’uomo sia sottomesso a delle forze distruttive, occulte o naturali!
Abbiamo fatto delle trasmissioni alla radio per sensibilizzare la gente a bere acqua potabile. Il nostro impianto di potabilizzazione sarà a disposizione dei camion di organismi internazionali che si impegnano a portarla nelle varie zone del paese. Attualmente possiamo produrne per 8000 persone  e stiamo lavorando per far fronte a una domanda maggiore. Stiamo vedendo anche se riusciamo a distribuire l’acqua in bottiglie per garantire la massima igiene.
Le nostre équipe mediche sono mobilitate in tutta la regione per curare i malati a domicilio e dare loro le medicine. L’epidemia si diffonde in maniera impressionante, può colpire chiunque.
La repubblica domenicana ha chiuso le frontiere per paura del contagio. Ma questo può comportare un’ulteriore crisi alimentare, dato che una buona parte dei prodotti alimentari viene importata da questo paese limitrofo.”
Tuttavia negli uomini e nelle donne di Haiti c’è una forza straordinaria e nonostante tutte le difficoltà si continua a vivere e fare progetti.

 

La piccola sorella Maria ci scrive:

“Alla metà di agosto abbiamo terminato l’anno scolastico svoltosi in condizioni estremamente difficili, sotto un sole eccessivamente caldo. Ci voleva coraggio e perseveranza  per insegnare e imparare sotto le tende, con un calore che arrivava a 50 gradi. Ma era una sfida da accogliere dopo il terremoto!
L’11 ottobre è iniziato il nuovo anno scolastico. Nella scuola “La fraternità” abbiamo sostituito le tende con una nuova tettoia di lamiera, in attesa di avere le direttive nazionali per costruire in muratura la parte andata distrutta. Ci dispiace solo di non aver potuto accogliere tutte le domande di iscrizione, per mancanza di posti. Per i genitori la scuola è una grande preoccupazione, perché non hanno le possibilità economiche per sostenerla. Molti vengono alla Fraternità a chiedere un aiuto economico.
Nei campi di rifugiati ci sono richieste di aiuti pastorali e sociali. Cerchiamo di capire quali sono le priorità  e come dare risposte concrete. Una piccola sorella haitiana, Milourde,  si è impegnata particolarmente in questo settore, in collaborazione con i Gesuiti.
Le donne cercano alternative per soddisfare i bisogni della famiglia. Cerchiamo di riunirle per rifletter insieme e trovare delle risposte comunitarie. E’ un piccolo progetto appena nato, diamogli il tempo di crescere e maturare….”
Sull’altopiano i piccoli fratelli dell’Incarnazione hanno il progetto di costruire un villaggio di 50 case con una fattoria agricola per i sinistrati del terremoto.
E col nuovo anno scolastico, all’inizio di ottobre, ha preso vita una scuola di agricoltura. Sono 120 studenti, ragazzi e ragazze, che per due anni si formeranno studiando 6 mesi a scuola e lavorando 6 mesi a casa loro.
La vita scorre, malgrado i tanti ostacoli…la gente va avanti, giorno dopo giorno senza sapere né come né da dove verrà la liberazione!
Il 28 novembre sono previste le elezioni del Presidente e del Parlamento. Cosa  farà la gente? Andrà a votare? La grande povertà, il senso di frustrazione, la mancanza dei bisogni più elementari non permettono agli haitiani di avere una vita dignitosa. Tuttavia, anche in questo contesto così disperato, ci sono uomini di buona volontà che pensano ai più poveri e cercano insieme come non lasciar cadere le braccia e non farsi vincere dallo scoraggiamento

Fr. Franklin conclude così la sua lettera:
“La vita umana non è una fatalità. L’uomo ha il potere di fare rifiorire il deserto e ha fatto di Hiroshima quello che è oggi. E nessuno avrebbe creduto che il Sud Africa  sarebbe riuscito a trovare stabilità senza spargimento di sangue e lotte civili. Tuttavia ci è riuscito!
Dio può suscitare un Nelson Mandela al di là di ogni aspettativa….Lo spero ardentemente anche per il nostro paese!
Domando a tutti i nostri amici credenti che sono nel mondo intero di pregare per Haiti, perché le elezioni si svolgano bene, senza violenze né divisioni, di pregare con e per il mio popolo martire:

Mio Dio tu ami il nostro paese di Haiti.
Sei sempre stato il Dio buono, vicino ai poveri e ai deboli.
Mostra la tua forza, o Dio di Gesù e dei nostri antenati,
resta con noi, perché viene la notte e i nostri cuori sono appesantiti.
Sappiamo che non siamo un popolo maledetto, noi siamo il tuo popolo!
O Dio dacci la forza e il coraggio per lottare
e accettare quello che ora non possiamo cambiare.
Riempi i nostri cuori di speranza,
tu, che sei l’unica speranza del mondo,
che tu stesso hai creato e che ami. Amen”

 

Anna Mandrini
piccola sorella del Vangelo

 

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