Ricordo di don Mario Novati
HA SERVITO LA CHIESA CON GENEROSITÀ
di Maria Teresa Antognazza
«Grazie al Signore per la vita bellissima che mi ha
concesso, da cristiano e da sacerdote. Un bel grazie a tutti coloro che mi hanno
voluto bene e tante scuse a quelli che hanno dovuto soffrire qualcosa per causa
mia». Così don Mario Novati ha voluto prendere congedo dai moltissimi
amici e parrocchiani che lo hanno accompagnato nell’ultimo viaggio. Così le
parole del testamento spirituale, letto giovedì 21 settembre nella chiesa di
Santa Maria Assunta a Cernusco sul Naviglio. Proprio qui ha voluto essere
sepolto, «in terra comune, senza monumento, basta una croce; un funerale
semplice, con la bara più povera e senza fiori, con qualche bel canto...», aveva
chiesto.
Poche espressioni per ricordare di che stoffa era fatto questo sacerdote
ambrosiano, di quasi 66 anni, morto dopo una malattia trascinata da tempo e tra
le sofferenze dell’ultimo mese di ospedale. Nei suoi 42 anni di messa
aveva servito la Chiesa e la diocesi milanese da professore del Seminario
(era laureato in filosofia), assistente diocesano dell’Azione cattolica,
dove aveva guidato gli adolescenti e l’ esperienza della commissione scuole
e dei Gruppi confronto, rettore e preside del De Filippi di Varese
e poi del Rosetum di Besozzo, infine parroco di Olginasio e di
Gavirate.
«Chi lo ha potuto salutare - ha detto monsignor Giovanni Giudici
nell’omelia in cui ha ricordato l’amico oltre che il co mpagno di messa
-, ha trovato un uomo e un credente che aspettava, con realismo e con una
serenità che aveva del miracoloso, l’aprirsi delle porte dell’eterno. Ha
vissuto la sua agonia come una sorta di dovere da compiere, un cammino
necessario per concludere l’avventura della vita. Più di una volta ha detto
ai suoi interlocutori: “Rimane la speranza di guarire. Ma a questo punto, non
me la sento di tornare indietro”. La conclusione della vita non ha smentito,
ma anzi ha meglio messo in luce ciò che, mi sembra, è stato don Mario per tutta
la sua vita: un prete che ha vissuto la sua vocazione con una determinazione
costante a fare ciò che gli appariva, o nella obbedienza gli veniva
mostrato, come una aspettativa della Chiesa e come un servizio al bene dei
fratelli».
«Anche le vivide “luci” del 1964 - ha scritto in un messaggio di cordoglio un
altro compagno, il cardinale Attilio Nicora - cominciano a spegnersi...
Se ne va un autentico prete ambrosiano e ci lascia tutti più poveri. Una
persona intelligente, attenta, sensibile ad ogni problema, semplice, schietta,
sorridente, dedita generosamente al proprio ministero senza fronzoli esteriori
ma per convinzione interiore, appassionato per ogni intrapresa culturale ed
educativa, battagliero nelle cause che sentiva giuste, ma incapace di voler
male a qualcuno».
Della sua fede e della sua grande dedizione pastorale ed educativa, prima nel
Seminario e nell’Azione cattolica ambrosiana, poi nella scuola,
a Varese al De Filippi e al Rosetum e infine come parroco a
Olginasio e a Gavirate, hanno voluto rendere una testimonianza due
arcivescovi di Milano, Martini («Conservo di lui la memoria di un prete
intelligente e zelante, animato da grande amore per la Chiesa») e
Tettamanzi («Nell’insegnamento e nella formazione dei giovani ha dato prova di
profonda competenza culturale, di saggezza, di grande apertura di mente e di
cuore»).
Ma vengono soprattutto dalla gente che lo ha incontrato e conosciuto, dai
sacerdoti che hanno lavorato fianco a fianco con lui le “pennellate” più
cariche di riconoscenza e sincero affetto. «Era arrivato a Olginasio
quasi “per caso”, perchè dopo aver lasciato il De Filippi aveva bisogno di una
casa e qui c’era una bella canonica appena ristrutturata e senza parroco -
racconta una delle sue più strette collaboratrici, la pittrice Lina Delpero
-. Eppure in quasi sette anni abbiamo fatto insieme cose straordinarie».
Impegnato nel Liceo varesino e nella presidenza del Rosetum e quindi presente in
parrocchia solo dal tardo pomeriggio e la sera, don Mario formò il gruppo di
chierichetti, ai quali dedicava un momento formativo settimanale, diede vita
alle missioni e ai gruppi di ascolto nelle famiglie, che visitava regolarmente.
«La cosa più bella che ricordiamo è la gioia con cui uscivamo dalle messe
celebrate da don Mario: ci trasmetteva veramente la gioia di incontrare ogni
volta il Signore. E per preparare le liturgie aveva radunato un gruppo di
persone che regolarmente pregava e meditava con lui le letture al giovedì sera».