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Anch'io voglio salvi i ciclisti

Anch’io voglio salvi i ciclisti

 

... per questo propongo un paio di punti:

1.    Una campagna di “educazione”, perché si capisca che le piste ciclo-pedonali (ciclabili vere non ne ho ancora viste!) sono innanzitutto piste, ovvero da usarsi per muoversi e non per il passeggio della domenica pomeriggio (per quello ci sono i parchi, ma non le piste che attraversano i parchi), per cui: 

o   gli automobilisti non usino le piste ciclo-pedonali come parcheggio breve o d’emergenza per prendere un caffè, prelevare al bancomat (es. viale Assunta, appunto!), acquistare il giornale o, se va bene, consultare una cartina o rispondere al telefonino, non superino i ciclisti per svoltare poi subito a destra, stiano attenti a dove sostano ed ogni volta che aprono le portiere delle automobili

o   i ciclisti non le considerino sedi per gare di velocità

o   i pedoni non le considerino “parco”, per cui devono sapere che non si può viaggiare affiancati, fare jogging in fila per tre, fermarsi a fare “roccolo”, mantenere la direzione attraversare senza guardare chi sta sopraggiungendo, portare a spasso i cani lasciando il guinzaglio lungo metri e metri (oppure addirittura senza), non curare i bambini, lasciandoli liberi di scorrazzare a destra e a manca

 

ovvero imparare a pensare che non siamo soli al mondo: un problema di educazione, appunto, non solo di ciclisti che si spostano sulla carreggiata!

 

2.   Una scelta precisa, che certo comporta qualche sacrificio, se la bicicletta ha da essere un mezzo promosso per la cosiddetta mobilità sostenibile, per cui chi usa la bicicletta non venga penalizzato con percorsi ad ostacoli, distanze moltiplicate, continui rischi. Se chi si muove in bicicletta deve farlo a velocità di pedone, le opzioni sono due: o il “ciclista” va a piedi, o l’automobilista si muove a velocità di ciclista. Spiacente per gli automobilisti, ma io propendo per la seconda opzione (e tra l’altro rischia di più il ciclista o l’automobilista di turno?). Non si possono fare piste ciclabili, e dico ciclabili, con fondo in autobloccanti o invasi da rigonfiamenti per radici, non separate dalle pedonali , che raddoppiano la distanza da percorrere se incrociano rotonde, che spariscono se si debbono fare parcheggi (magari per i residenti! Ma chi acquista l’auto non dovrebbe avere anche il posto per tenerla senza obbligarmi a pagargli il posto auto sulla pubblica strada?! Le vie Cardinal Ferrari e Biraghi insegnano! ). Chiederei di provare ad andare un giorno a Monaco o a Friburgo (senza esagerare parlando di Olanda o paesi del nord) per capire che cosa vuol dire muoversi in bicicletta! E poi chiederei ai nostri amministratori (passati, presenti e futuri) di andare e tornare dalla Regione un paio di volte a settimana, per qualche settimana, in orario di punta, in bicicletta (pure è una tratta privilegiata!) prima di parlare ancora di mobilità sostenibile.

Probabilmente, privilegiare la bicicletta per gli spostamenti quotidiani di breve e medio raggio, come mezzo per una mobilità davvero sostenibile, non fa ancora parte del nostro modo di pensare e progettare le città: davvero se le piste ciclabili fossero disponibili e scorrevoli ci sarebbe necessità di invadere le sedi destinate alle automobili?

Giancarlo Melzi


 

CernuscoInsieme non si assume nessuna responsabilità legata al presente comunicato

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