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Per un pugno di dollari 


Il dibattito sul taglio dei costi della politica e dei privilegi della “casta” è un terreno davvero sdrucciolevole, dato il forte rischio di incorrere in quanto di meglio l’immaginario da Bar Sport possa produrre. Malgrado ciò, chi ricopre una carica pubblica e –come lo scrivente- ha appena votato a favore dell’adeguamento del proprio gettone di presenza non può esimersi dal partecipare alla discussione per chiarire la propria posizione in merito ed è quello che cercherò di fare qui.

Comincio con l’esprimere una convinzione personale: l’evidente sproporzione fra emolumento riscosso e impegno richiesto e l’esperienza ormai pluriennale maturata calcando le stanze municipali mi consentono di affermare che nessuno degli amministratori pubblici in carica, sia in Giunta che in Consiglio, sia di maggioranza che di opposizione, svolge la propria attività per ragioni diverse da quelle della politica intesa come passione e servizio alla nostra città.

Mi preme anche osservare che non solo l’adeguamento del gettone di presenza dei consiglieri comunali da 20.99 a 36.88 € lordi è previsto dalla legge, in quanto il Comune ha superato i 30mila abitanti, ma altresì l’interpretazione corrente della norma fa ritenere inapplicabile una diminuzione dell’importo, come chiaramente spiegato dal Segretario Generale in aula nel corso del dibattito consiliare.

Osservo inoltre cha la stima di maggior esborso per le casse comunali, secondo la Ragioneria, è di 7-8000 €/anno (incluso l’aumento dell’indennità mensile spettante al presidente del Consiglio comunale) e che il gettone è corrisposto per effettiva presenza ai lavori delle Commissioni consiliari o del Consiglio comunale e rimane invariato sia che si tratti di riunioni da un’ora che di sedute consiliari da sei ore o più: viene corrisposto un unico gettone in ogni caso. Fin troppo facile confrontare questa modalità con le pingui indennità parlamentari percepite a Roma o Bruxelles (o, per non andare troppo lontano, al Pirellone) indipendentemente dalle presenze in aula; così facile che non mi tratterrò oltre su questo tema, proprio per schivare il rischio di cui parlavo in apertura.

Vorrei invece motivare qui il mio voto a favore alla delibera di aumento del gettone; voto favorevole che onestà intellettuale mi obbliga a dichiarare legato alle motivazioni sopra esposte solo in minima parte. Credo infatti che la montagna del dibattito pubblico apertosi da alcuni anni in Italia verso i costi della politica abbia in realtà ad oggi partorito il topolino dell’attacco contro gli ultimi della fila: i rappresentanti dei cittadini eletti negli enti locali, che vedono ridursi il loro numero e gli emolumenti percepiti; per dirne una, è della scorsa estate una circolare ministeriale che decretava non più dovuto il gettone di presenza ai lavori della Conferenza dei capigruppo consiliari, disposizione alla quale il nostro Comune s’è prontamente adeguato. Del resto, da una classe politica che sottopone i Comuni e gli altri enti più vicini ai cittadini ad una serie di tagli draconiani che ne mettono a repentaglio con l’autonomia la stessa sopravvivenza, come ci si potrebbe aspettare un atteggiamento diverso nei confronti di chi in quei Comuni opera perché il governo locale sia in grado di rispondere ai bisogni sociali e tutelare le funzioni pubbliche? Tutto ciò appare nei confronti della democrazia come quello che non voglio definire “un attentato”, per non usare termini fuori contesto, ma “uno scherzetto” certamente sì

Naturalmente, anch’io mi sono posto delle domande prima di votare la delibera (lo faccio sempre, quando mi accingo ad approvare o respingere un atto amministrativo) e devo dire che rivedendo la mia breve attività consiliare ho trovato forse le ragioni per avere qualche rimpianto, per non essere stato ancora in grado di realizzare alcuni obiettivi, ma nessuna fonte di imbarazzo; così come non provo alcun imbarazzo a ritenere corretto l’adeguamento dell’emolumento che i consiglieri percepiscono a termini di legge. Se poi vogliamo tornare sull’ormai familiare refrain dei costi della politica, consideriamoli tutti: inclusi quelli sostenuti personalmente da ogni consigliere per spostamenti, spese telefoniche, stampa e fotocopie, documentazione ecc. e quello, meno contabile ma comunque importante, del tempo sottratto al proprio lavoro, alla famiglia e agli interessi personali.

Forse è ora di marcare un cambiamento di prospettiva e valutare il costo, non tanto della politica quanto della democrazia rappresentativa, nei termini che ognuno applicherebbe col buon senso alle faccende di casa propria. Perché allora non pretendere un dettagliato resoconto delle presenze dei consiglieri ai lavori delle Commissioni e delle sedute di Consiglio, cioè dei doveri per cui hanno chiesto e ottenuto i voti dei cernuschesi? E quando vi partecipa, il consigliere fa da silente tappezzeria, oppure interviene con interpellanze, proposte, critiche? Arriva o se ne va a metà riunione, ricevendo così in termini reali il doppio dell’emolumento dovuto? Potremmo avere delle sorprese
 

Qualche tempo fa lessi in un articolo un pensiero di Voltaire che suona pressappoco così: “Nessuno aveva nulla da obiettare sui privilegi dei nobili in Francia fino a quando essi assicuravano un governo alla nazione”. Qui siamo assai distanti dai privilegi nobiliari e non stiamo parlando del governo della nazione, però è forse tempo di chiederci cosa i nostri rappresentanti eletti restituiscono alla nostra comunità in cambio del gettone percepito. Su questo io sono disponibile ad ogni confronto.

 

Ermes Severgnini
C
apogruppo consiliare PRC-SE

CernuscoInsieme non si assume nessuna responsabilità legata al presente comunicato

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