La Nota della Settimana n. 36/2009, come sempre
esemplare quanto a chiarezza e concisione, mi spinge a
qualche precisazione relativamente al cosiddetto Piano
Casa Regionale (L.R. 13/2009).
Non ripeto qui quanto ho già avuto modo di affermare nel
corso del dibattito in Consiglio Comunale, limitandomi a
ribadire che –a mio avviso- si tratta di un
provvedimento privo di fantasia e progetto, perchè
consiste fondamentalmente in un insieme di deroghe e
sconti urbanistici innestati su un quadro normativo
sempre più intricato e incoerente, nella speranza che
basti togliere qualche regola edilizia per ridare
ossigeno a tutta l’economia.
Se parliamo invece degli auspicati effetti anticrisi
allora è il caso di osservare che la previsione degli
effetti economici sbandierata dal Pirellone, cioè i
famosi 7 miliardi di investimenti e 30mila nuovi posti
di lavoro, suona bene ma pecca di scarso realismo. Le
previsioni economiche si basano sul presupposto che
tutti i soggetti privati, dal primo all'ultimo, siano in
grado di costruire qualcosa in base alla maxi-deroga e
lo facciano effettivamente nel futuro immediato (ricordo
che la deroga vale per 18 mesi a partire dal prossimo 16
ottobre). Considerato che da parte pubblica non è
previsto alcun investimento, occorre che gli operatori
privati siano in condizione di mobilitare e investire
risorse economiche e questo in un periodo di congiuntura
difficile quale ormai nemmeno gli ottimisti più
inguaribili si sforzano di nascondere. E` lecito quindi
dubitare seriamente della concretezza di quei numeri. In
realtà una certezza c'è: si stimola quella selvaggia
densificazione abitativa e urbanistica che ha fatto la
fortuna di tanti immobiliaristi ed ha reso invivibile
tanta parte del territorio lombardo.
La riduzione degli oneri di urbanizzazione per
interventi in deroga ai piani regolatori, prevista dalla
legge, penalizza ingiustamente le amministrazioni locali
ed i loro abitanti, alla faccia del federalismo così
tanto invocato dagli stessi promotori della legge in
questione. Per come è formulata la norma, è chiaro
l’intendimento del legislatore di agevolare comunque,
anche sotto il profilo economico, la realizzazione degli
interventi. Infatti, da un lato si afferma la facoltà di
riconoscere una riduzione, dall’altro si prevede, in
caso di assenza di determinazioni, un’automatica
riduzione, non l’applicazione delle normali tariffe.
Trovo pienamente condivisibile l’affermazione del
sindaco Comincini e di tanti altri suoi colleghi di ogni
colore politico: lo sblocco dei fondi comunali congelati
in base alle bizzarre regole del patto di stabilità
interno libererebbe soldi veri da destinare agli
investimenti che gli enti locali hanno già deciso e
finanziato. Questo, non l’ennesima deregulation
del mattone, avrebbe positive ricadute sul circuito
economico e occupazionale.
Fin qui per quanto riguarda i presunti vantaggi
economici dell’operazione; se poi guardiamo al profilo
energetico, allora vale la pena di notare come, in fase
di approvazione del testo di legge, è stato addirittura
abolito l’obbligo di “produrre al Comune” l’attestato di
certificazione energetica ad intervento edilizio
terminato, sostituendolo con un molto più vago e meno
impegnativo “dotarsi”. Sarà poca cosa, ma considerato
che la presunta bontà di questa legge veniva
giustificata con l’incentivo al risparmio energetico,
forse questo particolare spiega molto più di tante
parole.
Bene ha fatto quindi l’Amministrazione Comunale ad
esercitare la titolarità delle funzioni amministrative
che la stessa legge assegna al Comune, definendo con
precisione i limiti di applicazione del Piano Casa a
salvaguardia del nostro territorio.
Ermes Severgnini -
Capogruppo Consiliare PRC-SE |