Una serata diversa, una serata “uguale”!

 

Giovedì 23 novembre. Sono le 20.30 , prendo la macchina e via verso Milano, destinazione la Casa della carità di via Brambilla, zona via Padova, dove in questa settimana si festeggia l’anniversario della casa.

Provo a reclutare un amico, nessuno risponde.

Arrivo, la casa è grande, un’impressione di ottima organizzazione a partire dalla portineria. Sulle pareti le fotografie di Enrico Mascheroni, amico fotoreporter che abbiamo apprezzato durante gli anni della Festa dei Popoli. Sono foto che raccontano il viaggio che pochi mesi fa ha portato don Virginio e don Massimo con alcuni rappresentati politici e sindacali a conoscere i villaggi di provenienza dei rom residenti a Milano. Nelle foto risalta tutta la bellezza dei visi e dei volti.

La serata si tiene nell’auditorium sottostante. Scendo, incrocio donne, uomini e bambini rom e di altre nazionalità. Se non ci fosse la casa, forse sarebbero per le strade a chiedere l’elemosina, preda di malviventi, merce di ricatto verso i passanti. Ma grazie a questo progetto di reinserimento sociale, li vedi nella propria dignità, umili e sinceri, nei canti, nei balli, nella musica tradizionale, nella semplicità dei vestiti che a noi occidentali paiono brutti e fuori moda, ma che a un vista più serena ricordano come esista qualcuno che non sia necessariamente subordinato al potere commerciale della televisione che detta le mode tutto lustrini e paiette.

Li conosci, li saluti. I bambini frequentano le scuole milanesi, gli adulti lavorano. Non sono certo i rom con roulotte e macchine lussuose che qualche spaventapassero a Cernusco usa per allarmare la città dal pericolo di un Villaggio che vuole invece ricalcare l’esperienza della casa della carità.

L’auditorium è pieno di volontari, educatori, cittadini che riscoprono nel saluto con gli ospiti un abbraccio sincero, un’abbraccio liberatorio verso chi è stato si meno fortunato, ma che ha oggi un occasione di riscatto.

L’abbraccio, si l’abbraccio mi colpisce. Non i saluti formali o i due bacetti sulle guance che solitamente i bempensanti scambiano nei loro incontri. Tutto il calore umano scaturisce da questi abbracci.

E i bambini. Cado nella retorica, ma vale la pena raccontarvi che questi bambini sono come i nostri bambini. Belli, vivaci, sorridenti nei loro umili vestiti.

Perché negare loro un istruzione, una casa, dei genitori riconosciuti e rispettati nelle loro tradizione.

La Casa della carità a Milano, il Villaggio alle porte di Cernusco può dare loro questa occasione. Chi si sente in diritto di negarla? Si faccia avanti, ma almeno si tolga l’appellativo di “cattolico” nel presentarsi.

Concludo lasciando la parola all’Arcivescovo di Milano Tettamanzi che ha partecipato lunedì 20 alla serata di apertura del secondo anniversario della casa.

Nel suo intervento, ha fatto un appello a tutte le realtà civili ed ecclesiastiche affinché collaborino tutte insieme per far uscire le persone dall'emergenza e trasformarle in membri attivi della società. "Noi siamo chiamati ad affrontare i problemi - ha detto -. Ma il mio sogno è che esperienze come questa possano moltiplicarsi perché solo così si moltiplica l'efficacia del nostro impegno  per la solidarietà e la giustizia".

Moltiplicarsi? Si moltiplicarsi!! Perché questo è rendere giustizia.

Oggi anche noi abbiamo un occasione per contribuire a rendere giustizia alla disuguaglianza sostenendo il Villaggio solidale. Non sprechiamola. Non passiamo alla storia per chi ha chiuso la città ai poveri, agli emarginati.

 

Claudio Gargantini