SI’ ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE

Boni: “un’opportunità storica per ottenere il vero federalismo”

 

Si avvicina a grandi passi il voto sul referendum istituzionale. E’ un’occasione storica per cambiare finalmente questo stato centralista, di impronta ottocentesca, e trasformarlo in una moderna repubblica federale. Certo per qualcuno uno sviluppo in senso regionalista delle istituzioni italiane è una minaccia tremenda. Il sistema attuale di distribuzione e di impiego delle quote del gettito fiscale che sono prelevate al Nord per essere spese al Sud, ha garantito negli anni forme di potere di natura clientelare, incompatibili con i trasparenti meccanismi di perequazione finanziaria tipici dei paesi federali. Chi critica le riforme si trincera dietro la difesa della Costituzione, considerata intoccabile, e dietro l’accusa di voler spaccare, disunire, dividere il Paese in venti soggetti più deboli e più costosi. E’ bene chiarire che la minaccia all’unità repubblicana non trova nessun fondamento nella riforma approvata dalla Casa delle Libertà nella scorsa legislatura. E’ interessante poi notare che pochissimi, tra i denigratori della riforma, hanno avuto il pregio di entrare davvero nel merito della materia, ma la stragrande maggioranza ha preferito utilizzare argomenti utili per una campagna di disinformazione, fumo gettato negli occhi agli elettori, per impedire di venire a conoscenza dei reali contenuti della proposta sottoposta a referendum. Del resto, basterebbe che tutti gli elettori italiani fossero a conoscenza che, con la vittoria dei sì, si procederebbe a un taglio del 23 per cento dei parlamentari (quasi 200 fra deputati e senatori in meno), per essere certi di un esito favorevole della riforma. Ma di questo ed altro non si trova traccia nei volantini del centrosinistra che straparla di “costi finanziari altissimi, pagati dai cittadini” e di “demolizione della Costituzione”. Semplice e pura demagogia. Siamo di fronte invece a una opportunità che molto difficilmente potrà ripresentarsi in futuro, alla possibilità di conseguire finalmente quella tanto sospirata riforma, di cui in questi anni tanto si è discusso, ma che mai era stata portata a compimento. Si è parlato molto in questi anni di Prima e Seconda repubblica, individuate in termini temporali come il prima e il dopo di tangentopoli, ma senza riferimenti precisi a un effettivo rinnovamento del Paese. Credo che si possa tranquillamente affermare che, senza un avvenuto mutamento strutturale delle nostre istituzioni, il passaggio alla cosiddetta “seconda repubblica” non si sia ancora realizzato. E’ per questo che il referendum istituzionale dei prossimi 25 e 26 giugno potrebbe, ed è la mia speranza, segnare uno spartiacque profondo nella storia recente e risultare il punto d’arrivo di quel percorso che, specie nella prima parte degli anni ’90, con i successi elettorali della Lega e le successive inchieste di tangentopoli, aveva incontrato le aspettative di cambiamento di milioni di italiani. Un insuccesso del referendum, non lo dicono solo i leghisti, metterebbe a rischio ogni futura speranza di riforma federalista e l’intero dibattito sulle riforme passerebbe in secondo piano. 

 

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