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Parrocchie > Quaresima 2010
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Quaresima, vincere l’ostentazione
Nel Vangelo di Matteo (Mt 6,1-6.16-18) ritornano alcuni temi e
passaggi che costituiscono un invito, quest’anno, a vincere
l’ostentazione, un male che sembra diffondersi nella nostra
società. Il Vangelo ricorda, infatti, di “praticare la
giustizia” come un valore in sé, non strumentale ad alcuni fini
da raggiungere. Così pure Matteo richiama il valore
dell’elemosina/carità come un gesto che ha in sé la ricompensa,
anziché attendere una riconoscenza. Ancora. Matteo applica anche
alla preghiera l’aspetto della riservatezza, non solo nei luoghi
e nelle parole, ma anche nei gesti. Infine, l’evangelista parla
del digiuno, della rinuncia come un luogo per recuperare la
consapevolezza di essere liberi e non di essere lodati.
Questi quattro luoghi – la giustizia, il dono, la preghiera, il
digiuno – sono i luoghi più comuni del vivere nei quali deve
emergere uno stile di vita del cristiano, che vince la superbia,
l’individualismo, lo spettacolarismo. Proprio dalla Quaresima,
ricordando che siamo “polvere”, viene un invito forte e chiaro a
vincere l’ostentazione.
L’ostentazione emerge tutte le volte che si sposa il formalismo
o il narcisismo, nelle relazioni, nelle parole e nei gesti; lo
ritroviamo nella politica, quando lo spettacolo o l’effetto ha
più importanza rispetto ai problemi, alla verità delle cose;
ricompare ogni volta che vince la prepotenza e l’oppressione;
non è distante dai luoghi dell’ingiustizia e dello sfruttamento,
che si ripetono e si giustificano ogni giorno; cavalca il
pregiudizio e la discriminazione: cerca dei nemici tra le
persone, alimenta lo “stigma”; sposa forme “snob” di consumo che
si accompagna agli sprechi. Insomma, tutte le volte che si
dimenticano il limite, l’alterità, la giustizia nei rapporti con
Dio e con l’uomo cresce l’ostentazione, quasi una forma di paura
di Dio e dell’altro, la dimenticanza del valore delle relazioni.
Per vincere l’ostentazione occorre anzitutto – è ancora il
Vangelo a ricordarlo – ritrovare la paternità di Dio, sentirci a
casa in mezzo alle persone, costruire la fraternità “tra
cristiani e non cristiani” (Gaudium et Spes 84).
La fraternità cresce quando cresce l’universalismo dei diritti,
quando cresce la ricerca del superamento delle disuguaglianze,
quando non si accetta lo sfruttamento, quando si ama la città,
facendo nostre “le attese della povera gente” (Giorgio La Pira).
La fraternità cresce nel dono, nella condivisione che aiuta a
superare le differenze, le distanze e accompagna l’incontro,
spesso difficile, con chi è nuovo o viene da lontano, con chi fa
fatica, con chi soffre, con chi è solo. La fraternità cresce
nella preghiera semplice, anche distante dai grandi eventi, con
“i mezzi poveri”, con gesti semplici (Vittorio Bachelet). Nel
documento dopo Palermo – “Con il dono della carità dentro la
storia” (1996) – i vescovi italiani, delineando un’immagine
esemplare di Chiesa, ricordavano, tra i diversi tratti, quello
di “una Chiesa che celebra la liturgia con canti festosi e gesti
semplici, ma significativi” (n. 2).
La fraternità cresce nel sacrificio, nella capacità di
rinunciare come il gesto di chi sa attendere, di chi sa non dare
valore assoluto alle cose, di chi conosce il valore della
povertà e della gratuità, da costruire con fatica ogni giorno.
La Quaresima di quest’anno diventa allora un percorso, un
cammino educativo per ricostruire la fraternità ai piedi della
croce, con Maria e Giovanni, ogni venerdì, e che si conclude
nella Veglia pasquale, nell’Exultet, nella gioia di aver
saputo ritrovare il senso e il valore di ogni cosa, insieme. È
un percorso che dalla paura e dalla diffidenza porta
all’incontro; è un percorso di nuova “advocacy”, di tutela dei
diritti di tutti; è un percorso di lotta alla povertà e di
condivisione. È un percorso di carità, sostenuto dalla verità di
una Storia guidata, la storia di Gesù, che ritrova il suo valore
anche nella contemporaneità. Oggi come ieri. In questa
Quaresima.
(Giancarlo Perego, direttore nazionale Migrantes, per Agenzia
Sir)
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