OMELIA DELLA S. MESSA NELLA NOTTE DI NATALE 2006
Caro Gelindo,
tu sei il dormiente, quella statuina che nel presepio dorme beato e tranquillo. Lo sai che ti invidio, perché dormire è una delle cose che mi riescono meglio nella vita.
Dormire? Ma questa notte qui sembra di essere ai bordi di un’autostrada quando c’è l’esodo per le vacanze. E dalle mezze frasi che sento, tutto perché sembra che sia nato un bambino: sarà poi una cosa cosi strana?
No, non è strano, ma per questo bambino stanno capitando cose strane: questa notte, è chiara come il giorno! Anche noi siamo qui in tanti e nasce la speranza di un inizio nuovo che ci aiuti a superare le difficoltà di ogni giorno e a dare un senso alla nostra esistenza.
Non hai idea dei discorsi che sento da questa postazione: passano famiglie di tutti i tipi…
No, ti prego Gelindo: non c’è la famiglia tradizionale, quella post-moderna, o quella non so che altro. C’è solo la famiglia fatta da un papà, da una mamma e, possibilmente, dai figli. Gli altri legami vanno chiamati con un nome diverso, altrimenti siamo alla Babele, alla confusione delle lingue e non ci capiamo più.
Si, però mi accorgo che mariti e mogli (sempre da quello che sento) fanno tanta, tanta fatica a vivere il loro rapporto e spesso si mandano a quel paese!
Immagino che Maria e Giuseppe abbiano avuto anche loro dei problemi non da poco (pensa solo a come è iniziata la loro storia!) delle fatiche piuttosto pesanti (vai di qui, scappa di là, torna a Nazareth) e delle grosse discussioni tra loro, soprattutto sull’educazione da dare a quel figlio cosi diverso dagli altri, cosi unico. Eppure ce l’hanno fatta ad attraversare le numerose tempeste che la vita ha messo davanti a loro, senza che il loro amore venisse messo in discussione neppure per un istante.
Guarda, nelle coppie che passano ci sono i mariti che danno tutta la colpa (se potessero, anche di quello che sta succedendo stanotte) alle mogli, dicendo che, una volta a casa, si va dall’avvocato per separarsi e ci sono le mogli che sembrano innamorate solo dei loro figli e rimpiangono la loro libertà. Poi si, ci sono anche coppie felici che lottano per mantenere forte il loro legame: si vede che c’è complicità tra loro dal come si cercano con gli occhi, dal come ammiccano di fronte alle richieste dei figli…
Già, i figli e i loro problemi: a Sant’Ambrogio
il nostro Arcivescovo nel discorso alla città di Milano ha parlato del
bullismo. Qualche contenuto fenomeno di questo tipo si verifica anche da
noi: va ricordato che nessuna crisi è individuale, ma nasce in un contesto
sociale. La risposta non può essere lo spingere in periferia, l’emarginare;
questi ragazzi vanno guardati con una comprensione e misericordia che non
contrasta con la giustizia e che riconosce la possibilità di ritorno.
Non possiamo creare o rassegnarci all’idea che esistano “uomini-contro”,
abbiamo invece il dovere di riscaldare il cuore e di tener viva l’identità
della nostra città.
Sono molto grato al nostro Arcivescovo per questa indicazione.
A proposito, che cosa mi dici del nuovo Papa?
Per essere uno che dorme sei bene informato! Ma proprio a uno come te che di sonno se ne intende, mi fa gioco affermare che la nostra società sta vivendo un momento dove la fa da padrone “il sonno della ragione”. Ed è paradossale che Papa Benedetto, da grande uomo di fede, richiami continuamente gli uomini ad usare la razionalità e l’intelligenza: ce n’è un grande bisogno, credimi, perché tutto sembra fondarsi solo sulle emozioni e sui sentimenti.
Sei allineato, ho capito.
Gelindo! Sono convintissimo di quello che ti
ho appena detto.
Ma tu, tutti questi che lavorano attorno a te li conosci?
Si, c’è Gino l’arrotino, Gianni il falegname, Pino il fornaio, Antonella che custodisce le oche e cosi via. Non è come per voi: oso dire che il lavoro è a misura d’uomo. Voi ne avete fatto un idolo, a cui sacrificate tempo e affetti e il vostro modo di essere. Dite che la società vi obbliga a vivere così: un po’ è vero, ma molto di questo stile di vita ve lo inventate voi.
Mentre parlavi, guardavo quella ragazza, Maria: ha avuto una bella forza! Come ce l’hanno tutte le donne del resto, anche se constato un fenomeno preoccupante: se dico “non ci sono più le donne di una volta” mi prendi in giro, ma è proprio cosi. Le donne che tengono unita la famiglia, le donne che stimolano fidanzati, mariti e figli a vivere la vita e la fede come Dio comanda, sono sempre di meno. C’è bisogno di sottolineare e di esprimere di più la femminilità perché la donna di suo è un richiamo alla bellezza, alla delicatezza, alla profondità.
Va be’, scusami ma adesso devo alzarmi ed andare anche io da Maria, questa donna straordinaria, per salutare lei, Giuseppe suo marito e Gesù, la creatura che hanno dato alla luce (ma si potrà chiamarla creatura?)
Vai, salutali anche a nome mio, digli della chiaccherata che abbiamo fatto sulla famiglia, sui figli, sulla ragione, sul lavoro, sulla donna. Ringraziali perché il loro esserci ci dice che queste realtà possono essere vissute in modo positivo: che anche questo faccia parte del senso del Natale? Grazie, Gelindo. E meno male che hai gli occhi chiusi e sembra che tu dorma, altrimenti chissà di quante altre cose mi avresti parlato!
Buon Natale, don Luigi, ma adesso devo correre perché le cose che sento si fanno importanti: dicono che chi accoglie questo bambino diventa figlio di Dio e fa parte di un’unica famiglia. Dovremmo rifare tutti i nostri discorsi in modo ancor più positivo perché, se è così, qui sta nascendo un mondo nuovo!
Buon Natale, Gelindo.
25/12/2006, S. Natale
don Luigi Caldera