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Parrocchia Santa Maria Assunta  Cernusco sul Naviglio 

 

“Itinerario dello Spirito 2007  Sicilia occidentale”

 

Nel pensare ai luoghi cristiani della Sicilia  crocevia di culture e terra di differenti culti  gli occhi si riempiono dell’oro delle absidi delle cattedrali  dove, nell’incanto dei mosaici bizantini, troneggia il Pantocrator (il Creatore) dai grandi e profondi sguardi  e della vivacità della devozione per le santuzze: tre giovani donne accomunate dalla loro scelta di fede testimoniata da Agata (Catania) e Lucia (Siracusa) col martirio, e da Rosalia (Palermo) con la scelta dell’eremitaggio.

 

Lunedì 22 ottobre 2007

 

Cefalù  (metri 16; abitanti, circa 15.000; provincia di Palermo)

Le bellezze del territorio vanno ad aggiungersi al patrimonio monumentale della città che è ricchissimo. Significative costruzioni medievali sono il Palazzo Maria (Piazza del Duomo) e l'Osterio Magno (Corso Ruggero), complesso monumentale del XIII secolo, residenza dei Ventimiglia, marchesi di Geraci.

Molto originale per la sua struttura è il Lavatoio pubblico, detto "Medievale", foce del fiume Cefalino che, nascendo dalle montagne alle spalle di Gratteri, giunge a Cefalù attraverso un percorso sotterraneo, rafforzando quel legame ancestrale, mare  monti , che ha permeato la storia di Cefalù.   
La Cattedrale è il monumento più importante della città. Da ammirare: il mosaico bizantino dell'Abside (1148), la croce lignea bifronte dipinta da Guglielmo da Pesaro (seconda metà del XV secolo), gli stucchi barocchi (1650) di Scipione Li Volsi arricchiti dalle pitture di Ignazio Bongiovanni, una Madonna con bambino (1533) di Antonello Gagini , l'Altare del SS. Sacramento (17641779), pregevole lavoro degli argentieri palermitani Gregorio Balsamo, Giovanni Rossi, Giuseppe Russo ed altri.

Il paliotto fu realizzato su disegno del pittore cefaludese Geronimo Cassata (1714?).

Il tesoro della cattedrale è impreziosito da due reliquiari: quello della Santa Croce e quello delle Sante Spine. L’interno della cattedrale, a tre navate con copertura lignea, è arricchito da un fonte battesimale romanico con vasca di lumachella grigia.

Annesso alla cattedrale è il bellissimo chiostro, decorato da colonne binate con capitelli scolpiti.
Il sagrato, antico cimitero pubblico, secondo la tradizione, fu costituito con la terra santa di Gerusalemme fatta venire, per volontà di Ruggero II, da quella località, chiamata Aceldama , che accolse il cadavere di Giuda in una fossa pagata con i trenta denari, prezzo del suo tradimento.

 

Santuario di Gibilmanna  Ai piedi di Pizzo Sant’Angelo, a una quindicina di chilometri da Cefalù, a 800 metri sul livello del mare, tra una fitta vegetazione di castagni, querce e frassini, sorge il santuario, dedicato alla SS Vergine.  È tra i più celebri santuari mariani della Sicilia e da sempre punto di gravitazione religioso e sociale delle Madonie. La data di fondazione è tutt'ora incerta, ma la tradizione vuole che Gibilmanna sia uno dei sei Monasteri fatti edificare in Sicilia, da Gregorio Magno, prima di essere eletto pontefice (540604 d.C.). Il monastero benedettino, probabilmente abbandonato nel secolo IX, durante l'invasione dei saraceni, cadde in rovina, tranne la chiesa che continuò ad essere luogo di devozione.

Dalla partenza dei benedettini sino all'arrivo dei Frati Minori Cappuccini nel 1535, la chiesa fu custodita da vari eremiti, l'ultimo dei quali entrò nel nascente ordine dei Cappuccini. Che, sulle rovine dell'antico monastero benedettino, costruirono il primo nucleo di celle e solo nel 1619 diedero inizio ai lavori per la costruzione della nuova chiesa che fu ultimata nel 1624. L'anno dopo fu edificata la cappella della Madonna. Nel 1785 la cappella si arricchì dell'imponente altare barocco proveniente dalla Cattedrale di Palermo.

L'annuale festa di Maria SS. di Gibilmanna, patrona della Diocesi di Cefalù, si celebra ogni prima domenica di settembre.

 

 

 

 

Martedì 23 ottobre 2007

 

Palermo (metri 14; abitanti, circa 700.000; capoluogo regionale)

La città odierna, che vecchie vedute ritraggono ai piedi del Monte Pellegrino tra distese di agrumeti, dritte palme, agavi, fichi d’India, ha subito l’aggressione di una disordinata espansione edilizia e il profumo di zagara, che la inondava per mesi anche nei quartieri più interni, è oggi più difficile da percepire. Restano, tuttavia, per l’ininterrotto omaggio dei visitatori, monumenti singolarissimi, ineguagliabile posizione, dolcezza di clima, lussureggianti giardini. Prima città della Sicilia per grandezza e importanza, è sede del governo autonomo regionale e principale porto dell’isola.

Punto di partenza di ogni percorso di visita alla città sono i cosiddetti “Quattro Canti”, importante 'nodo' cittadino nel quale si incrociano ad angolo retto i rettifili di via Maqueda e via Vittorio Emanuele, dividendo il centro storico in quattro quartieri.

 

Quattro Canti   Nome dato alla piccola piazza Vigliena, detta anche “Ottagono” o “Teatro del Sole”, aperta nel secolo XVII nel punto in cui via Maqueda interseca ortogonalmente corso Vittorio Emanuele. La decorazione barocca dei quattro cantoni riproduce in modo simbolico la ripartizione della città in quattro settori, definiti dalla grande croce di strade. Iniziate nel 1608 forse dall'architetto romano Giulio Lasso e completate nel 1620, le facciate su tre ordini dei quattro cantoni sono animate da balconcini e statue: nel primo ordine, quattro fontane con le stagioni; nel secondo, i vicerè spagnoli; nel terzo, le sante Cristina, Ninfa, Oliva e Agata, protettrici della città.

 

Cattedrale  Eretta nel 1184 sul luogo di una precedente basilica, fu trasformata in mo­schea dagli Arabi e restituita dai Normanni al cul­to cristiano. Dal secolo XV subì numerose manomis­sioni, che lasciarono tuttavia inalterate le origina­rie strutture fino alla radicale trasformazione del 17811804 quando, su progetto di Ferdinando Fu­ga, si modificò l'interno e si aggiunse la cupola.

 La facciata principale conserva l'aspetto dei secoli XIVXV, con due torri a bifore e colonnine arcate cieche, coronamento orizzontale e un portale goti­co (prima metà del secolo XV), sormontato da una bifora (nell'edicola, Madonna quattrocentesca). Due archi ogivali congiungono la facciata alla tor­re campanaria, medievale nel massiccio volume in­feriore, sormontato da una serie di campanili ri­fatti “in stile” nell'800.

Sul fianco sinistro della cat­tedrale è un portico gaginesco della metà del '500, inglobato nella ristrutturazione tardosettecen­tesca. All'inizio del fianco destro avanza tra due torrette un ampio portico a tre alte arcate ogivali, esempio di gotico fiorito catalaneggiante, eretto nel 142930: sulla prima colonna a sinistra, proba­bilmente già nella chiesa al tempo dagli Arabi, è inciso un passo del Corano.

Il portale con battenti lignei del 1432, è sormontato da un mosai­co della fine del secolo XIII.

La parte absidale, che conserva le forme del secolo XII, si incurva in tre absidi ­percorse da un motivo ad archi intrecciati.

L'interno, trasformato in forme neoclassiche tra il 1781 e il 1801, è a tre navate su pilastri (ad­dossate a questi, statue di Santi, dì Antonello Ga­gini, già parte di una scomposta tribuna) con cu­pola e profondo presbiterio.

Navata destra: la 1° e 2° cappella custodiscono le celebri tombe im­periali e reali, con urne di porfido, di maesto­sa semplicità: in primo piano, al muro di destra, un sarcofago romano con scene di caccia è la tomba di Costanza d'Aragona (m. 1222); a de­stra la tomba di Enrico VI (m. 1197), a sinistra quella di Federico II (m. 1250); in secondo pia­no, a destra la tomba dell'imperatrice Costanza (m. 1198), a sinistra quella di Ruggero II (m. 1154). Al 4° pilastro della navata destra, acqua­santiera a forma di baldacchino (1553); un'altra acquasantiera, attribuita a Domenico Gagini, è al corrispondente pilastro sinistro.

Alle pareti del transetto, entro nicchie, statue degli Apostoli e ri­lievi di Antonello Gagini.

La cappella a destra del presbiterio, cappella di Santa Rosalia custodisce l'ur­na argentea (1631) con le reliquie della santa, patrona della città.

Nel presbiterio: altri rilievi e statue dalla tribuna gaginesca; trono episcopale con frammenti a mosaico (ricomposto) e cande­labro pasquale, entrambi del secolo XII; ricco coro ligneo goticocatalano del '400.

Nel transetto sini­stro, altare gaginesco con un Crocifisso ligneo del primo '300, di influsso renano.

Navata sinistra: la 7^ cappella custodisce una Madonna col Bambino di Francesco Laurana e aiuti (1469), la 2^, un'Assunta e tre bassorilievi dei Ga­gini.

 

Palazzo dei Normanni  Eretto dagli Arabi nel secolo XI sul luogo di una roccaforte punica e romana, fu ampliato dai Normanni che trasformarono l’originaria fortezza in una sontuosa reggia, sede politica e amministrativa dello Stato (secolo XII). Con Federico II divenne anche centro di civiltà e cultura a livello europeo. Dopo un periodo di abbandono e degrado, coincidente al declino della dinastia sveva e alla decadenz­a della vita politica siciliana, il palazzo venne radicalmente trasformato per volere dei viceré spagnoli, che dal 1555 decisero di utilizzarlo come dimora.

A destra dell'imponente facciata di impronta cinquecentesca (1661) si leva la Torre Pisana o di Santa Ninfa, resto della costruzione normanna, dal caratteristico paramento ad archeggiature cieche (al suo interno fu ritrovata la stanza dei tesori, con doppia porta d'accesso e quattro grandi giare murate nel pavimento).

Tra i principali monumenti della città per importanza storicoartistica, il palazzo, oggi sede dell'Assem­blea regionale siciliana, racchiude gli apparta­menti reali e la cappella Palatina.

La cappella Palatina  Splendido esempio di arte normanna, si raggiunge per lo scalone che dal cortile seicentesco, a portico e logge, sale al primo piano del palazzo. Fondata da Ruggero II nel 1132 e consacrata nel 1140, presenta lungo il fianco esterno uno stretto portico su colonne, ornato alle pareti di mosaici realizzati nel 1800 in sostituzione di altri più antichi.

Straordinariamente suggestivo è l'interno, uno dei più alti esempi di integrazione tra architettura e arti figurative: è a tre navate divise da archi acuti su colonne anti­che, con santuario, sopraelevato e limitato da transenne, a tre absidi e cupola. Il pavimento è a mosaico; intarsi di marmo rivestono le pareti in basso, mentre un pregevole soffitto ligneo di manifattura araba (1143 circa), ad alveoli e stalattiti, copre la navata mediana. Al principio di questa è il vasto trono reale, incrostato di mosaici, opera del secolo XII in cui si fon­dono elementi romanici, arabi e bizantini. Vicino al santuario, sulla destra, sono un ricco ambone a mosaico su colonne e un superbo candelabro pasquale, intagliato a foglie d'acanto, figure umane e animali, entrambi del secolo XII; il coro ligneo nel santuario è moderno. Tutte le pareti sono rivestite in alto di mosaici su fondo oro: i più antichi sono quelli del santuario (1143), che riflettono nel modo più puro i caratteri della tradizione bizantina (scene evangeliche scritte in greco; Cristo Pantocratore circondato da angeli, arcangeli, profeti ed evangelisti, nel­la cupola). Di epoca posteriore (115466 circa) i mosaici con iscrizioni latine della navata centrale, che raffigurano storie del Vecchio Te­stamento; più tardi ancora sono i mosaici delle navatelle, con storie dei Santi Pietro e Paolo.

 

San Giovanni degli Eremiti – L’ingresso è da un suggestivo giardino con piante esostiche. L’ex chiesa, uno dei monumenti più significativi della Palermo normanna, fu eretta nel 1132 da maestranze arabe per vole­re di Ruggero II. Sul nudo, squadrato edificio, ac­compagnato da un campanile a monofore, spic­cano cinque rosse cupolette, che danno all'insie­me un tipico aspetto orientaleggiante. L'interno è a una navata di due campate a cupola, con nic­chie angolari di chiaro influsso arabo; il presbite­rio, absidato e sormontato da cupoletta, è fiancheggiato da due ambienti quadrati. Da quello di destra si passa in un'aula rettangolare, forse par­te di un'antica moschea (alla parete sinistra, avanzi di un affresco del secolo XII), e in un cortile quadrato, già cimitero delle persone di corte. Nel giardino, avanzi di una cisterna araba e chiostri­no duecentesco su colonnine binate, apparte­nente all'originario convento benedettino.

 

Chiesa del Gesù  La chiesa, la prima dei Gesuiti in Sicilia, fu eretta nel 1564 e ingran­dita con l'aggiunta di cappelle laterali (1591­1633) e di una nuova cupola (metà del '600). L'interno è uno straordinario esempio di barocco siciliano per la profusione di tarsie e intagli marmorei, gli stucchi in rilievo, il ricco apparato di sculture  e pitture che come un fastoso manto decorativo rivestono ogni parte.  Negli ingenti lavori di rispristino attuati nel dopoguerra sono stati rifatti quasi tutti gli stucchi e gli affreschi, distrutti dal bombardamento del 1943. Della decorazione pittorica originale rimangono gli affreschi nella 1^ campata della volta della navata mediana (Filip­po Randazzo; 1743) e quelli della volta del pre­sbiterio; nel presbiterio e nell'abside è conservata la ricchissima decorazione originale, con sculture di Gioacchino Vitaliano su sfondi di paesaggio a tarsia. Alle pareti della 2^ cappella a destra, due tele di Pietro Novelli (secolo XVII); nell'ultima cap­pella della navata destra, Madonna col Bambino, statua marmorea di scuola gaginesca.

 

Chiesa di San Cataldo   Innalzata in età  normanna (circa 1160), conserva le nitide forme originarie, con arcature cieche sui muri esterni a viva pietra, merlatura araba e tre cuplotette emisferiche su tamburo. L’interno, a tre navate, su colonne antiche, è assai suggestivo nella nudità delle pareti che non furono mai rivestite di mosaici. Il pavi­mento a mosaico e l'altare sono originali. La chie­sa è sede dell'ordine dei cavalieri del Santo Sepolcro.

 

Martorana  Gioiello architettonico di età normanna, la chiesa, detta Santa Maria dell’Am­miraglio, fu eretta nel 1143 per volere di Giorgio d'Antiochia, ammiraglio di Ruggero II; nel 1433 venne ceduta al vicino monastero benedettino, fondato nel 1194 da Eloisa Martorana, da cui la chiesa prese il nome. Più volte ampliata e rimaneggiata, prospetta su piazza Bellini la facciata barocca, conseguente alla trasformazione del secolo XVI. Della costruzione originaria sono visibili dalla piazza l'elegantissimo campanile, aperto da arcate ogivali e tre ordini di grandi bifore, e il corpo squadrato della chiesa, sormontato da cu­poletta emisferica su tamburo ottagonale.

L'interno originariamente era costituito da un corpo quadrato, diviso a croce greca da quattro colonne sorreggenti la cupola e con tre absidi; lo precedeva un portico di unione al campanile, di­strutto nel '600 e sostituito da una serie di cam­pate su colonne, con volte affrescate nel '700. Sulla fronte del corpo originario sono due mosai­ci: a destra, Ruggero II incoronato da Gesù; a si­nistra, Giorgio d'Antiochia ai piedi di Maria. La chiesa propriamente detta ha la parte alta delle pareti, i sottarchi, gli arcani e la cupola splen­denti di mosaici che si collegano alla tradizio­ne del più puro stile bizantino e che costituisco­no, insieme a quelli della cappella Palatina, il più antico ciclo musivo della Sicilia. Lo schema ico­nografico e la distribuzione dei mosaici riprendo­no i canoni più ortodossi dell'arte bizantina, con la figura centrale del Pantocratore circondata da arcangeli, profeti, evangelisti, apostoli e santi. Da ammirare i mosaici con la Natività di Gesù, il Transito di Maria, l'Annunciazione e la Presentazione al Tempio. Transenne a mosaico precedono le absidi; il pavimento a intarsi marmorei di mosaici, restaurato, è quello originale. Nell'absidiola destra, tavola tardobizantina di scuola cretese (secolo XVI); sostituisce l'abside originaria, distrutta nel 1683, una cappella barocca a tarsie marmoree che mostra, sopra il tabernacolo in lapislazzuli, una tavola di Vincenzo da Pavia (1533).

 

Monreale  (metri 310; abitanti, circa 33.000; provincia di Palermo)

Situata su uno spero­ne che domina la valle dell'Oreto e la Conca d'Oro, la cittadina è l'involucro di fisionomia ba­rocca di uno dei gioielli più rari del patrimonio artistico italiano, sorprendente riuscita all'incon­tro degli universi culturali islamico, bizantino, ro­manico: il Duomo normanno coi mosaici siculo­veneziani e il chiostro benedettino.

Duomo  Fu fondato nel 1171 da Guglielmo II e in breve portato a compi­mento con l'abbazia, il Palazzo reale e il Palaz­zo arcivescovile, con i quali formava un unico complesso.

La facciata, serrata tra due poderose torri (quella di sinistra incompiuta), è ornata nell'alto da arcate intrecciate e preceduta da un portico del '700, sotto il quale si apre un portale a ogiva con intagli e fasce a mosaico; i battenti bronzei, di Bonanno Pisano (1186), raffigurano scene bibliche con scritte in volgare. Lungo il fianco sinistro corre un portico del '500 (Gian Domenico e Fazio Gagini), sotto il quale è un portale in bronzo con formelle a rilievo (Santi) di Barisano da Trani (1179).

L'abside ha un ri­vestimento di archi intrecciati e di tarsie policro­me in calcare e lava.

L'interno è di tipo basilicale a tre navate su colonne, in gran parte antiche, ha profondo presbiterio e tre absidi. Il soffitto (ri­fatto dopo l'incendio del 1811) è a travature sco­perte nelle navate, mentre il pavimento musivo è l'originario, completato nel secolo XVI; le pareti so­no rivestite in basso di lastre marmoree; cingono la crociera transenne a mosaico, ottocentesche ma d'imitazione antica. Nella parte alta delle pa­reti mosaici a fondo oro (mq 6340), della fine secolo XII e metà secolo XIII, raffigurano il ciclo del Vecchio e del Nuovo Testamento, con scritte in latino e in greco: nella navata mediana le storie della Genesi e nell'abside centrale, sotto il Cristo Pantocratore, sono le figure della Madonna in trono, di angeli, apostoli e santi. Sopra i due tro­ni, reale ed episcopale, ai lati del santuario due riquadri rappresentano Guglielmo II incoronato da Cristo e Guglielmo II che offre la chiesa alla Vergine. Nel lato destro del santuario, ove sono il sarcofago di Guglielmo I (secolo XII) in porfido e quello di Guglielmo II (rifatto nel 1575), si apre la cappella di San Benedetto, cinquecentesca, rive­stita di tarsie marmoree e rilievi di Giovanni Mari­no (1728); all'altare, Gloria di San Benedetto, alto­rilievo di Ignazio Marabitti (1776).

 

Chiostro  L'ingresso è sulla destra della facciata del Duomo. Risale al tempo di Guglielmo II (secolo XII), e faceva parte di un monastero benedettino. È un quadrato cinto da un portico ad archi acuti su 228 colonnine gemine, ornate di intarsi a mo­saico o rilievi ad arabeschi. Nell'angolo sud del chiostro, un recinto a tre arcate per lato rac­chiude una piccola fontana con colonna a forma di palmizio stilizzato. Nel lato nord si alza l'anti­co muro della chiesa con portale e bifore a de­corazione di calcare e lava.

Mercoledì 24 ottobre 2007

 

Segesta  (metri 304;  provincia di Trapani, comune di CalatafimiSegesta; abitanti, circa 8.000).

L’antica città, di cui oggi rimangono alcuni monumenti e rovine, era degli Elimi, una gente composita, mi­sta di Sicani e di immigrati, greca di costumi. Av­versaria di Sellavate, fu tra le prime città dell'iso­la a schierarsi a fianco di Roma, nella prima guerra punica, anche per una supposta origine comune (anche gli Elimi discenderebbero da gente di Ilio, sfuggite alla catastrofe, come Enea). La distrussero Vandali e Saraceni, e un violento terremoto in età bizantina ridusse a un cumulo di macerie i monumenti dell'antica città.

Tempio  Uno dei meglio conservati e più notevoli esempi di architettura dorica, eretto nel secolo V avanti Cristo. Si possono ammirare , ancora oggi, le 36 colon­ne che reggono i due frontoni e tutta la trabeazione. La mancanza della parte interna  la cella  ha dato luogo a diverse interpretazioni: secondo alcuni la costruzione del tempio fu in­terrotta a causa del conflitto scoppiato con Seli­nunte (416 a.C.); per altri invece si tratterebbe di una struttura aperta, realizzata per nobilitare un'area sacra in cui si svolgevano riti indigeni.

Città antica  la strada che in poco più di un chilometro sale al monte Bàrbaro (m 431) attraversa il luogo in cui sorgeva l'antica città. Pochi i resti rimasti: un imponente torrione quadrangolare, un'altra torre, le rovine delle antiche fortificazioni, una porta fortificata e avanzi di una cinta muraria più tarda, di struttura irrego­lare e con frammenti architettonici di reimpiego.

Teatro  Databile intorno alla metà del secolo III avanti Cristo, sorge sulla vetta del monte Bàrbaro. Rivol­o a nord, forse per far cogliere agli spettatori la bellissima vista sulle colline e il mare lontano, si apre in un ampio semicerchio (m 63 di diametro), con gradinate scavate nella roccia viva e divise in sette cunei. Sotto la scena (di cui poco rimane) sono stati scavati resti di costruzioni preesistenti, riferibili al secolo XIX avanti Cristo e probabilmente di carat­tere religioso.

 

Trapani, Santuario dell’Annunziata  (metri 3; abitanti, circa 70.000; capoluogo di provincia)

Ai piedi del Monte Erice, a poche miglia dal promontorio falcato dell'antica Trapani, sorge il Santuario mariano più famoso della Sicilia occidentale. Esso è custodito all'interno della grande Basilica dell'Annunziata, articolata in ambienti, raccolti l'uno accanto all'altro, che, con la data della loro costruzione, segnano le vicende di oltre sette secoli di vita. La leggenda, la tradizione e la storia sono strettamente legate, sin dall'inizio, all'immagine marmorea della "Madonna di Trapani", capolavoro di arte, di devozione e, soprattutto, di fede cristiana.

Il lungo itinerario, che parte dal secolo XIII sino ad oggi, si aggancia all'arrivo in Sicilia dei frati Carmelitani, i quali, costretti dalla persecuzione islamica ad abbandonare il Monte Carmelo, in Palestina, trovarono anche a Trapani rifugio e accoglienza nel 1238. In un primo momento si sarebbero stanziati poco fuori le mura di tramontana, nella chiesa di Santa Maria del Parto. Poi, il 24 agosto del 1250, ricevute in donazione dal notar Ribaldo e dalla sua prima moglie donna Palma, una cappellina, dedicata all'Annunziata, e le terre adiacenti, si trasferirono là per continuare nella quiete della campagna la loro vita eremitica.

A questo punto, per provvidenziale coincidenza, la storia del Carmelo trapanese si lega indissolubilmente con l'arrivo del Simulacro della Madonna. Ormai è storicamente certo  almeno così sostengono parecchi studiosi  che la Statua fu sbarcata a Trapani intorno al 1291, regnando in Sicilia Giacomo D'Aragona: i frati la presero in custodia, quasi ricompensa divina alle traversie dolorose per il loro forzato trapianto dalla terra d'origine, e alla caratteristica mariana del loro Ordine.

Purtroppo, però, per la completa assenza di documenti storici, non si sa come la statua sia arrivata a Trapani e perché sia stata affidata definitivamente alla Comunità Carmelitana. C’è solamente il soccorso di molteplici leggende, fiorite dalla brillante fantasia popolare, e devotamente conservate lungo i secoli.

La leggenda più conosciuta, (e in un certo senso la più accreditata anche dalla tradizione), narra di un manoscritto del 1380 in idioma siciliano, nel quale, appunto, vengono riferite notizie raccolte dalla bocca del popolo e tramandate da padre in figlio.

L'Immagine  dice il manoscritto  era venerata in una chiesa di Siria, proprietà del cavaliere Templare pisano, certo Guerreggio. Alterne vicende politiche e cruenti battaglie ridussero nelle mani di Saladino, gran Sultano di Babilonia, tutta la Terra Santa. I cavalieri Templari, pertanto, dopo la sconfitta di San Giovanni D'Acri, decisero di tornarsene in patria. Guerreggio pensò bene d'imbarcare anche la sua Madonna per toglierla dalle mani degli infedeli; e con quel dolce carico fecero rotta verso Pisa, loro città di origine.

Dopo un viaggio più o meno sereno, giunti al largo di Lampedusa, li colse una furiosa tempesta tanto che a stento poterono raggiungere quell'isola. Tornata la bonaccia, ripresero il largo, ma una seconda tempesta, molto più furiosa, li costrinse a riparare nel porto di Trapani. Qui rimasero per alcuni mesi per riaversi dallo spavento e per riparare i danni alla nave. Ma non appena decidevano di salpare, si ripeteva la manfrina del maltempo.

 

Erice  (metri 751; abitanti, circa 31.000; provincia di Trapani) 

Un celebre santuario dedicato alla dea mediter­ranea della fecondità, protettrice dei naviganti sorgeva nell'antica città sacra degli Elimi, sulla cima dell'isolato monte San Giuliano, presso l'estremità nordocci­dentale dell'isola, a breve distanza da Trapani. Il borgo attuale, nella forma di triangolo equilatero in cui si sono lette implicazioni sacre, chiuso dal­le mura di remota origine, appartato e silenzioso, è di suggestivo tessuto medievale: strette vie tor­tuose, lastricate a fasce e riquadri, corrono tra case di pietra scurita dal tempo, che svelano a tratti tranquille corti fiorite. È soggiorno celebre, di sottile fascino per panorami e atmosfere. Il no­me attuale, l'antico, ha sostituito nel 1938 quello medievale di Monte San Giuliano.

Le mura, ben conservate soprattutto sul lato nordovest e munite di torri quadrangola­ri, cingono la cittadina. La parte inferiore, a bloc­chi megalitici, risale al secolo VIIIVII avanti Cristo, con rifaci­menti romani; la parte superiore e le porte sono invece di costruzione normanna (secolo XII).

Da porta Trapani, uno dei tre varchi della cinta, inizia corso Vittorio Ema­nuele, antica “via Regia” e principale ar­teria cittadina; vi prospettano palazzi barocchi.

Chiesa Matrice  Originaria del 1314, è preceduta da un pronao del 1426, sotto il quale si apre un portale gotico; di fronte si erge il cam­panile a bifore, eretto nel 1312 forse come torre di vedetta. L'interno, rifatto in ibrido stile gotico nel 1865, presenta lungo la navata sinistra cap­pelle del sec. XVXVI. Al 3° altare destro, Madonna col Bambino (1469), forse di Francesco Laurana o di Domenico Gagini; nel presbiterio, grande ancona marmorea di Giuliano Mancino (1533).

Chiesa di San Salvatore  L'antica chiesa, alla quale era an­nesso un monastero, si incontra salendo lungo corso Vittorio Emanuele; dell'originaria struttura conserva trac­ce di finestre trecentesche e un portale del secolo XV. Al termine del corso si apre piazza Umberto I, ridisegnata nell'800 e definita sul lato nordoccidentale dal palazzo del Municipio, sede anche del Museo civico. Poco distante, nel baricentro storico dell'abitato, sorge la chiesa di San Pietro, costruita nel secolo XIV e riedificata nel 1745. L'annesso ex monastero delle Cla­risse è una delle sedi del Centro di cultura scientifica “Ettore Majorna”, che richiama studiosi da tutto il mondo.

Chiesa di San Martino  Fondata da Ruggero il Normanno, ma ricostruita alla fine del secolo XVII e restaurata nel '700, si raggiunge con una breve deviazione da via Generale Sa­lerno. Poco distante è la chiesa di San Giuliano  ri­fatta nel secolo XVIII ma di fondazione normanna.

Chiesa di San Giovanni Battista  Ricostruita nel 1436 e nel 1631 ma originaria del secolo XII, sorge in bella posizione sul ciglio di uno strapiombo. La chiesa ha un portale del '200 e, nell'interno, sculture dei secoli XV e XVI, tra cui una statua di S. Giovanni Evangelista di Antonello Gagi­ni (1531), e una del Battista di Antonino Gagini (15391.

Giardino del Bario  Ottocentesco giardino all'inglese, si stende sulla platea dell'acropoli dell'antica città. Vi sorge il turrito e merlato castello Pepoli, già sede del governatore; l'edificio, di età nor­manna, fu risistemato a villa nella seconda metà del­l'800.

Sulla rupe isolata dell'acropoli sorge il castello di Venere, eretto nel secolo XIIXIII, in parte con materiale an­tico; nell'interno sono stati identificati i resti del tempio di Venere Ericina, di un pozzo sacro e di altri edifici (una casa di abitazione punica e un edificio termale di età romana).

 

 

 

 

 

 

 

Giovedì 25 ottobre 2007

 

Agrigento  (metri 230; abitanti, circa 60.000; capoluogo di provincia)

Le brevi colline si vede il mare che divide l'isola dall'Africa. Tutto è verde d'inverno e i fiori dei mandorli sono un presagio di primavera, ma d'estate la terra bruciata dal sole si fa gialla. La luce è sempre intensa, il cielo raramente solcato da nubi.

Già raggrumata su un colle, la città sovrasta  e ora minaccia con disordinate propaggi­ni di incongrui edifici  il grande campo di rovine della greca “Akragas” e la Valle dei Templi con le colonne doriche di tufo degli edifici sacri, su­perstiti o risollevati, su un ciglione a orlare la conca.

In basso, quindi, stanno il ricordo e le ve­stigia della città; in alto, le case, le strade, le atmosfere della città, già araba, me­dievale e barocca.
L'odierna Agrigento si compone di una città d'impronta medievale che occupa la collina occidentale, sino alla fine del secolo scorso se­parata da una depressione dalla rupe Ateneo a est. Riempita la frattura su cui oggi sono le piazze Vittorio Emanuele e Aldo Moro, sulla rupe Ateneo si è espansa la città tardoottocentesca. Sulla piana che dalla rupe Ateneo, dove probabilmente si alzava l'Acropoli, digrada verso il mare, sorgeva invece la città antica, oggi sconsi­deratamente insidiata dall'abusivismo edilizio.

 

“Akragas” fu una delle ultime colonie greche di Sicilia. Fondata verso il 580 a.C. da Greci di Rodi e della colonia di Gela, crebbe rapidamente occupando l'area tra i due colli rocciosi a nord, una lunga collina a sud parallela al mare e i due torrenti l’Akragas, (San Biagio) a est, e “Hypsas” (Sant’Anna) a ovest. La città non uscì mai da questi ampi confini che furono rinforzati da una cinta di mura di cui restano lunghi tratti.

 

La conformazione della città presenta una netta separazione geografica tra l'abitato e l'area archeologica.

La città moderna, sebbene assediata da una massiccia, di­sordinata espansione edilizia e profondamente ferita da eventi bellici e naturali (tra cui la frana del 1966 nel ver­sante nord della collina), conserva episodi architettonici di pregio e suggestivi scorci nell'impianto medievale.

 

La visita della città moderna prende avvio dall'ampio piazzale Aldo Moro, già piazzale Roma, punto di cerniera tra la città d’impianto medievale e l'espansione tardoottocentesca. Lungo la principale arteria  via Ateneo  si raggiunge il cuore della città e si continua per la Cattedrale. Deviazio­ni in vie suggestive, spesso a scalinate, conducono ad importanti monumenti cittadini, testimonianze della ricchezza della città in età medievale.

Chiesa di Santo Spirito  Chiesa abbaziale fondata nel secolo XIII, ma assai manomessa, con facciata in tufo impreziosita da portale e rosone gotici del secolo XIV. L'interno, settecentesco, è ornato di ric­chi e fantasiosi stucchi, opera quasi certa di Giacomo Serpotta; all'inizio della parete sinistra, Madonna col Bambino di scuola gaginesca. L'an­nesso monastero è uno dei più antichi e meglio conservati di Sicilia: nel grande chiostro, un por­tale a sesto acuto fiancheggiato da bifore segna l'ingresso all'aula capitolare ad arcate ogivali, mentre un secondo portale conduce all'antico re­fettorio. In alcuni locali al primo piano è stata or­dinata la sezione etnoantropologica del Museo ci­vico

Piazza Purgatorio  Formata da un allargamen­to di via Ateneo, è dominata dalla barocca chiesa del Purgatorio o di San Lorenzo, al cui interno sono otto statue allegoriche di Giuseppe e Giacomo Serpotta (1704­1707), raffiguranti le Virtù. A sinistra della chiesa, in un angolo della piazza, un leone di pietra segnala il princi­pale ingresso degli antichi ipogei (non visitabili), com­plesso di gallerie sotterranee del secolo V avanti Cristo, che serviva­no come grotte filtranti per l'approvvigionamento idrico della città.

Cattedrale  Fonda­ta dai Normanni alla fine del secolo XI (resti sul fianco destro), fu ingrandita nel '300 e vistosa­mente rimaneggiata nei secoli XVI e XVII. L'accom­pagna un massiccio campanile del secolo XV mai terminato. L'interno è a tre navate su pilastri poli­gonali, con copertura a travature scoperte, deco­rata in periodi successivi con figure di santi e di vescovi e con stemmi gentilizi; la prima metà della navata mediana ha invece un ricco soffitto a lacunari del 1682. Nel presbiterio, ornato di stucchi e affreschi barocchi, si verifica il singolare fenomeno acustico del “portavoce”, per cui dalla cornice dell'abside si ode qualsiasi sussurro pro­nunciato all'ingresso della chiesa. In una cappel­la del transetto destro, arca di San Gerlando, reli­quiario in argento del 1639 (depauperato da ri­petuti furti); nell'abside destra, Madonna col bambino, statua marmorea del 1495; nella nava­ta sinistra una bella arcata gotica segnala l'acces­so alla cappella (ora battistero) che custodisce il sepolcro di Gaspare De Marinis, opera di Andrea Mancino e Giovanni Gagini (1493).

 

L'area archeologica della città  Perfettamente inseriti nel paesaggio, con una felice armonia tra natura e rovine, i grandi templi dorici sono superbe vestigia dello splendo­re dell'antica “Akragas”. Eretti con tufo arenario conchìgli­fero, che nella luce radente del tramonto acquista i toni caldi dell'ambra, volgono a oriente la fronte principale. In particolare, ci limitiamo qui a segnalare solo alcuni dei luoghi e templi che visiteremo.

Quartiere ellenisticoromano: steso su un’area di circa un ettaro, è una delle porzioni urbane antiche meglio conservate di tutta la Sicilia.

Tempio di Giove Olimpico  Progettato per essere uno dei più grandi edifici dell'architettura greca (metri 112,60 x 56,30), fu costruito dopo il 480470 avanti Cristo col lavoro di prigionieri cartaginesi e mai terminato. Distrutto dai terre­moti, si presenta oggi come uno spazio rettango­lare circondato da un argine di macerie. Era un tempio pseudoperiptero esastilo, con mezze co­lonne addossate ai muri che fiancheggiavano le pareti lunghe della cella e sei colonne intere su ogni lato corto; colossali figure umane (i telamo­ni) sostenevano il peso della trabeazione interna (ne è stato ricomposto uno, il cui calco è all'in­terno della cella del tempio; l'originale è custodi­to al Museo archeologico).

Tempio della Concordia  Con il Theséion di Atene, è fra i meglio conservati di tutti i templi greci e tra le opere più perfette dell'architettura dorica. Eretto intorno alla metà del secolo V avanti Cristo e forse dedicato ai Dioscuri (l'at­tuale nome deriva da un'iscrizione latina rinvenu­ta nei pressi), sorge su uno stilobate a quattro gradini. E un tempio periptero esastilo con 34 colonne lungo il perimetro, in origine rivestito di stucco dai colori vivaci, con cella sopraelevata di un gradino; il tetto è caduto. Le arcate nei muri laterali della cella furono aperte verso la fine del secolo VI dopo Cristo, quando il tempio fu trasformato in basilica cri­stiana a tre navate; così durò fino al 1748, quando fu tolto al culto e restituito alle forme primitive.

Tempio di Giunone Lacinia  Preceduto da un altare per i sacrifici, venne  eretto a metà del secolo V avanti Cristo, poco prima del vicino tempio della Concordia, del quale ricorda le forme; conserva in piedi, sul lato nord e parte del lato est, 25 delle 34 colonne originarie. I muri della cella, i cui massi sono arrossati per l'incendio del 406 avanti Cristo, sono completamente rovinati a causa di un terremoto avvenuto nel medioevo.

 

Venerdì 26 ottobre 2007

 

Santuario di Santa Rosalia  La strada che sale panoramica sul monte Pellegrino porta al piazzale sotto il santuario (1625) che consta di un convento con facciata addossata alla roccia e di una grotta trasformata in cappella.

Secondo la tradizione, Santa Rosalia  figlia di Sinibaldo, si­gnore di Quisquina, e nipote di Guglielmo

II – in questo luogo dimorò in penitenza per molti anni, fino alla morte, avvenuta nel 1166. Nel 1624

un'apparizione permise di ritrovare le ossa della santa che, trasportate a Palermo, si dice fecero cessare

la peste: per questo fatto miracolo­so Santa Rosalia fu proclamata patrona della città.

Da un vestibolo a tre arcate su colonne di alaba­stro si accede a uno spazio aperto che accoglie numerosi ex voto. In fondo è l'ingresso alla grot­ta di Santa Rosalia, profonda circa 25 metri, dalle cui pareti stilla acqua ritenuta miracolosa; sotto l'al­tare, statua giacente della santa (secolo XVII), con testa e mani di marmo e manto di argento dora­to. Dal piazzale del santuario un'erta strada asfal­tata sale alla vetta del monte Pellegrino: bel panorama, che con tempo sereno spazia fino all’Etna o alle isole Eolie. In direzione nord­est, in poco più di 1 km, si sale a un panorami­co spiazzo in cui giganteggia una statua bronzea di Santa Rosalia (secolo XIX); un'altra strada scende, con belle viste, a Mondello.

 

 

 

 

 

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