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HOME > La Nota della Settimana > N° 9/2012

«L’UOMO E IL SUO VERO BENE HANNO UN PRIMATO ANCHE NELL’ATTIVITÀ ECONOMICA»

 

Un’economia per l’uomo e per la società”  è stato il titolo di un interessante intervento del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, lo scorso mercoledì 29 febbraio, a Londra, presso la London School of Economics, su invito della Italian Society (testo integrale del discorso su www.chiesacattolica.it).

“L’uomo e il suo vero bene hanno un primato anche nell’attività economica come, più ampiamente, nell’organizzazione sociale e nella vita politica”, perché “il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità”, ed è “Dio il vero garante dello sviluppo dell’uomo”, come scrive Benedetto XVI nella Caritas in veritate. A sostenerlo è stato appunto il cardinale Angelo Bagnasco, aggiungendo poi che oggi, come suggerisce il Papa, “la questione sociale è diventata questione radicalmente antropologica”: di qui, per il presule, la centralità di “quell’insieme di valori fondativi e irrinunciabili che costituiscono la cosiddetta ‘etica della vita’ e che sono la vita dal concepimento fino al tramonto naturale, la famiglia formata da un uomo e da una donna fondata sul matrimonio, la libertà di religione e di educazione”. Valori, questi, non negoziabili, e dai quali germogliano “quei valori che costituiscono l’etica sociale nei suoi diversi aspetti”. La cultura contemporanea, al contrario, “è di matrice individualista”, e “condanna” l’uomo “alla solitudine con se stesso”, poiché si basa sull’“etica della scelta” e non sull’“etica dei valori”.
Il veleno della cupidigia. “Da quando, dopo la seconda metà dell’Ottocento, è esplosa la questione sociale – ha esordito il cardinale - la Chiesa non ha mai cessato di intervenire in modo sistematico nelle questioni sociali attraverso gli scritti dei Papi a partire la Leone XIII con l’enciclica Rerum Novarum, fino a Benedetto XVI con l’ultima enciclica Caritas in veritate”. La globalizzazione e la “grave crisi economico finanziaria che ha sconvolto il mondo” ha dimostrato che il “progresso invasivo e dominatore da una parte” e la “planetaria disparità sociale” dall’altra hanno prodotto una “forbice crescente tra ricchi e poveri, potenti e deboli” che è arrivata a “colpire anche i Paesi occidentali”: così, “qualcosa è cominciato a scricchiolare, anzi a rovinare nella vita ordinaria delle Nazioni economicamente avanzate, e fasce fino a ieri benestanti si sono trovate in difficoltà, mentre altre sono finite sotto il livello minimo”. Colpa di “una mentalità sbagliata, economicistica, che ha avvelenato Paesi diversi per storia, situazione e cultura”. Come esempio, il presidente della Cei ha citato “un lusso che non si vergogna davanti alla miseria più tragica”, o “certe concentrazioni di potere nelle mani di pochi a fronte di masse che mancano quasi totalmente della possibilità di decidere e di agire con responsabilità propria”. “La cupidigia, facilitata e sollecitata da meccanismi finanziari e speculativi internazionali – la denuncia del porporato - ha creato voragini e illusioni, ha avvelenato il modo di pensare e di fare non solo di singoli ma anche di economie e nazioni; ha spinto in un vortice virtuale che non poteva e non doveva durare”.
L’uomo non è una merce. “L’uomo non vive solo di economia”, ha esclamato il cardinale analizzando i principali modelli economici (liberista, keynesiano e marxista). “Alla base di ogni sistema economico c’è sempre un’opzione di fondo: il materialismo”, ma “in questa prospettiva materialista l’economia, a qualunque modello appartenga, diventa ‘economismo’, cioè fine a se stessa e non in funzione del valore più alto che è la persona. Prima o poi implode”. Nella parte finale della sua relazione, il presidente della Cei si è soffermato sul tema dell’economia di mercato, affermando che “l’utile è uno scopo legittimo, ma se diventa fine a se stesso va contro l’uomo, per questa ragione non va mai separato dall’utilità sociale”, concetto in cui “è sempre inclusa la valenza etica che attiene direttamente alla realizzazione della persona che non può mai essere ridotto a soddisfazione di beni materiali; egli infatti trascende verso beni che non sono e non possono essere merci”. Di qui il “ruolo insostituibile della politica che ha la responsabilità imprescindibile di visione ideale ed etica – etica razionale – al fine di garantire non solamente il quadro giuridico più adeguato per orientare lo sviluppo e regolare i rapporti di tipo economico, ma innanzitutto di progetto di società che risponda a quell’umanesimo integrale e aperto alla trascendenza e agli altri che ha fatto l’Europa”. La destinazione universale dei beni della terra; la “necessaria partecipazione alla vita economica”, che “emerge in forma ancora più chiara nei momenti di difficoltà generale, quando è richiesto un supplemento di intrapresa, coraggio, onestà sacrificio”; l’importanza del “compito educativo”; il valore della sussidiarietà, a partire dalla consapevolezza che “un sistema economico-sociale equilibrato promuove la compresenza di pubblico e privato, inclusa l’azione del non profit”. Queste alcune “applicazioni”, in ambito economico, di “una visione personalista e comunitaria nella quale la dimensione etica è costitutiva”.

 

QUARESIMA AMBROSIANA, L’INVITO DEL NOSTRO ARCIVESCOVO - “Milano, non perdere di vista Dio”. Lo ha detto il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, guidando martedì scorso la Via Crucis in Duomo. “Come duemila anni fa - le parole del cardinale, che si è soffermato sulla condanna di Gesù, così come viene narrata nelle prime tre stazioni quaresimali - anche questa sera l’Innocente Condannato sta, inerme, davanti agli uomini sofisticati del Terzo Millennio”. “Gesù condannato a morte - ha spiegato - ci urge a farci carico, a nostra volta, del mondo, a prendere su noi stessi la sorte degli innocenti”. “Ogni giorno, purtroppo - è l’analisi dell’arcivescovo di Milano - siamo colpiti da un diluvio di immagini e di notizie che ci dicono che l’innocenza è disprezzata, violata, sacrificata. Eppure solo l’innocenza è fonte di speranza e di edificazione umana e sociale”. In questa prospettiva, “i rapporti sociali sono chiamati ad un realismo che esprima la misericordia, propria della giustizia divina, come parola definitiva sull’umana esperienza e vinca la tentazione utopica, sempre in agguato per l’uomo, di farsi giustizia da sé”. “La lunga e gloriosa tradizione cristiana di Milano - ha concluso il cardinale Scola - l’ha resa città solidale. Le parrocchie, le comunità religiose e tutte le aggregazioni ecclesiali siano luoghi di vita buona del Vangelo per tutti. La vita buona del Vangelo è una proposta interessante anche per chi crede di non credere”.

 

QUARESIMA CERNUSCHESE, PER LE VIE DELLA CITTÀ – Dopo qualche anno di scelte diverse, la Comunità pastorale Famiglia di Nazaret ha riproposto il tradizionale appuntamento del venerdì sera, nel periodo di Quaresima, con la Via Crucis itinerante per le vie della città. Un itinerario devozionale “per gente semplice e umile”, come ha ricordato don Ettore Colombo, che ha riunito, lo scorso venerdì, alcune centinaia di Cernuschesi. Partenza da via Cavour, all’incrocio con via Verdi e arrivo - dopo le tradizionali quattordici stazioni, contrassegnate dalla presenza di una croce di legno - al santuario di Santa Maria. Un percorso vissuto nella riflessione – sono state proposte delle meditazioni scritte da Paolo VI – nella preghiera di intercessione e nel canto. A conclusione della celebrazione, don Ettore Colombo, responsabile della Comunità pastorale Famiglia di Nazaret, ha ripreso alcuni degli spunti di meditazione proposti da papa Montini.

Innanzitutto, il Prevosto ha ricordato che “nella croce - e non nonostante la croce - sta la gioia del cristiano.” “Io so - scriveva Paolo VI - che non avrò mai capito questo mistero abbastanza ne mai abbastanza ho compatito e amato.” Don Ettore ha spiegato che “non si può capire il mistero se non lo si patisce insieme, non lo si ama. Quando lo si tiene lontano non è possibile capire il mistero della croce e della morte di Dio in Gesù.”   

Nella meditazione proposta per l’ultima stazione, Paolo VI ha scritto che “Gesù lascia questo corpo, questa realtà umana per riprenderla, per rinnovarla per maggiormente vivificarla.”

“È un lasciare – ha proseguito il Prevosto – per riprendere: questo è l’esercizio della passione. Non si può fare l’uno senza l’altro. Non si può lasciare qualcosa se non si ha il desiderio di riprenderla. Non si può neanche riprendere una cosa se prima non la si è lasciata. Questo ha fatto Gesù.”

Don Ettore ha infine rivolto l’invito a vivere la Quaresima anche con la pratica del digiuno, dell’astinenza e della penitenza, “ma non come fine a se stesse, non perché con queste pratiche vogliamo essere graditi a Dio. Il Signore già ci ama, non ha bisogno dei nostri sacrifici per volerci bene. Sarebbe ridicolo pensare che Dio ci vuole bene perché facciamo qualcosa di più. Ma semplicemente perché noi attraverso queste pratiche lasciamo qualcosa, molto poco, per riprenderci tutto, per essere ripresi nella mani di Dio.”

Il prossimo appuntamento è per venerdì 9 marzo, alle ore 21.00, in via Madre Teresa di Calcutta (zona centro sportivo di via Goldoni) per poi raggiungere la chiesa parrocchiale della Madonna del Divin Pianto percorrendo insieme la Via Crucis, scuola di vita che non finisce mai di insegnare, perché dentro ogni stazione c’è la parabola di ogni esistenza.

Da segnalare anche la bella serata di sabato 3 marzo, in chiesa prepositurale, con i cori del Magentino e Castanese, che, in occasione del ventesimo della morte di padre Davide Maria Turoldo,  hanno proposto inni e salmi nelle versioni da lui curate. Numerose  le persone presenti,  che hanno apprezzato e lungamente applaudito gli oltre cento coristi.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 5 marzo 2012   

 

 

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