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HOME > La Nota della Settimana > N° 7/2012

GIOVANI E LAVORO: SITUAZIONE PREOCCUPANTE. PENSARE A MISURE CONCRETE

 

In Italia quasi un giovane su tre è disoccupato. Lo affermano i dati diffusi lo scorso 31 gennaio dall’Istat secondo i quali nel dicembre 2011 il tasso di disoccupazione giovanile si è attestato al 31%. “Questo indicatore – ha spiegato Marco Pollo, docente di pedagogia alla Lumsa - è un segnale preoccupante di una società, come quella italiana, che sta invecchiando, che non è proiettata verso il futuro: non solo perché non genera una nuova generazione, ma perché nei confronti di quei pochi che genera attua una sorta di moratoria, li congela e tende a inserirli nella vita produttiva, sociale e politica quando non sono più giovani da un pezzo”. Uno dei fattori determinanti di questo “oscuramento del futuro”, ha aggiunto Pollo, è proprio la carenza del lavoro: “I giovani sanno che, qualsiasi percorso sceglieranno, avranno alte probabilità di non riuscire a trovare un lavoro aderente a quello per cui hanno studiato. Così molti di loro si rassegnano a vivere giorno per giorno, e questa precarietà mina la loro progettualità, la loro capacità di sognare”. Per invertire questa tendenza, ha concluso Pollo, “occorre un cambio di rotta radicale: oggi, invece, ci si limita a fare ‘buoni parcheggi’ per i giovani, ma mancano politiche tese a far sviluppare la loro capacità di costruirsi il lavoro e la vita”.
E’ “imbarazzante – per Cristiano Nervegna,  segretario di Forma (associazione nazionale enti di formazione professionale) - un dato così elevato di disoccupazione giovanile per il nostro Paese. Se si tiene conto del fatto che i numeri presentati (un giovane su tre è senza lavoro) riguardano persone che, comunque, partecipano al mercato del lavoro, senza contare che ci sono circa due milioni di ragazzi che non studiano e non lavorano (i Neet in Italia continuano ad aumentare), la dimensione del fenomeno assume dimensioni molto preoccupanti”. Le cause di tale situazione, sottolinea, “devono essere ascritte, certamente, all’attuale crisi economica, che ha però soltanto ampliato tendenze già presenti. Dalle politiche del lavoro, all’istruzione, alla promozione d’innovazione e ricerca, l’Italia non sembra considerare i giovani come una risorsa per il futuro del Paese”. Questa, avverte Nervegna, “che si configura come una frattura sociale sempre più evidente, richiede un’attenzione forte e specifica, così come l’impegno coordinato di politiche che, partendo dalla scuola e dalla formazione professionale (che deve essere rilanciata e promossa), arrivino a offrire percorsi professionali che non sfocino, sistematicamente, in una precarietà senza sbocco. Recuperare futuro e progresso sociale, per queste generazioni, vuole dire, però, anche meno privilegi per alcune classi sociali e più meritocrazia in un mercato del lavoro efficiente”. Secondo l’esperto, “le soluzioni a questi problemi ci sono. Così come esempi di azioni che si sono rivelate efficaci e buone prassi da diffondere”.
“I dati Istat riconfermano l’anomalia che riguarda l’Italia, ovvero nel nostro Paese siamo in presenza di una disoccupazione generale che si mantiene in linea con quella europea, mentre quella giovanile è molto più alta rispetto al resto del continente”, ha dichiarato Michele Colasanto, docente di Relazioni del lavoro all’Università Cattolica di Milano. Per il professore, “la disoccupazione giovanile viene solitamente imputata in parte alla flessibilità, che a causa della scadenza temporale dei contratti si è trasformata in precarietà e in parte agli inoccupati, ovvero a coloro che non hanno mai lavorato. Inoltre, accanto a queste criticità ci sono altri due problemi che affannano i giovani”. Il primo “riguarda la discrasia tra titoli di studio conseguiti dai ragazzi e quelli richiesti dalle imprese e il secondo, il troppo tempo che passa per trovare un impiego”. Secondo Colasanto, “per aiutare i giovani bisognerebbe far crescere complessivamente il Paese esplorando nuove direttrici di sviluppo. Settori su cui agire potrebbero essere quello dell’ambiente, della cura del patrimonio artistico, del lavoro delle donne, che può essere incentivato se sostenuto da servizi alla famiglia. Tutti questi ambiti rappresentano dei bacini occupazionali importanti”. Infine, conclude, “bisognerebbe ragionare in termini di percorsi d’ingresso, valorizzando per esempio l’apprendistato come strumento diretto a consolidare l’avvio al lavoro dei giovani”.

 

“GIOVANI E LAVORO” - Una ricerca in Diocesi - «Incontrate un giovane per strada – hanno scritto i giovani ambrosiani di Azione Cattolica - e chiedetegli che lavoro fa. Chiedetegli cos’ha studiato e, soprattutto, quando scadrà il suo contratto. Poi chiedetevi: che fiducia avreste voi nel futuro se foste nella sua situazione? Eppure, dati alla mano, prima del 2000 i giovani disoccupati in Italia erano circa il doppio di oggi. Ma qualcosa è cambiato. Allargando lo sguardo, il problema non si ferma al precariato e alla disoccupazione, ma coinvolge una società inadeguata alle nuove condizioni. Provate a chiedere un mutuo con un contratto di due anni o a immaginare di avere un figlio. Provate a pensare di condividere con la persona che amate una vita vittima della mobilità forzata … Come giovani di Azione Cattolica abbiamo deciso di rispondere concretamente a questa missione, studiando con metodo e competenza la situazione e incontrando i giovani lì dove sono. Con il professore Francesco Marcaletti, docente di Relazioni del Lavoro presso l’Università Cattolica, abbiamo avviato l’indagine Un talento nascosto: il lavoro secondo i giovani”. A partire da ottobre abbiamo distribuito 1.000 questionari a giovani tra i 18 e i 30 anni residenti in Diocesi per raccogliere informazioni sulla situazione e sulla storia lavorativa, sui desideri sacrificati per il lavoro, sui sogni per il futuro, sulla presenza e l’impatto delle strutture educative e sociali.»
Un convegno unitario -
Significativo che quest’anno sul tema “Giovani e lavoro” si sia dato luogo ad un unico convegno organizzato da Azione Cattolica, Caritas, Ufficio di Pastorale Giovanile e Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro, tenutosi sabato scorso e nel corso del quale sono stati anche presentati i primi dati parziali della ricerca, curata dal cernuschese Francesco Marcaletti, a cui abbiamo appena accennato. Ci ripromettiamo di illustrarne i dati e di commentarli appena saranno disponibili quelli definitivi.
Investire maggiori risorse umane e finanziarie -
«In un contesto economico e sociale come quello attuale – si legge sul sito della Pastorale giovanile diocesana - crescono sempre di più le aspettative che i giovani ripongono nel lavoro. Contemporaneamente aumenta l’incertezza legata alla possibilità di trovare un’occupazione. Spesso le giovani generazioni si ritrovano ad avere a che fare con occupazioni occasionali e povere non solo in termini economici ma anche professionali ed esperienziali. Ad un giovane viene chiesto di studiare per molti anni, di prepararsi ad immergersi in una realtà globale che richiede flessibilità, mobilità, capacità di inventiva, competenze e conoscenze sempre più approfondite, ma spesso viene lasciato solo ad affrontare una realtà più grande di lui, in cui è facile smarrirsi.
Stato e società civile sono pertanto chiamati ad investire maggiori risorse umane e finanziarie a favore dei giovani e a creare quelle condizioni necessarie perché vengano costruite nuove opportunità lavorative secondo i criteri della dignità, della giustizia, del merito e della competenza. Non è certamente cosa scontata e facile.»

Come sostenere i giovani?
«Quest’anno – ha dichiarato don Walter Magnoni, responsabile del Servizio per la Pastorale sociale e il lavoro nella nostra diocesi - abbiamo pensato a un convegno “Giovani e lavoro” in quanto i dati sulla disoccupazione giovanile sono sempre più allarmanti. Sono due le categorie di persone più in affanno in questa stagione circa il tema del lavoro: i giovani e gli over 45/50 anni che perdono il posto. Intendiamo iniziare una riflessione sul mondo giovanile. La finalità è quella di pensare a come sostenere i giovani in un tempo dove il mercato del lavoro offre sempre meno opportunità e spesso i giovani prima di arrivare ad un’autonomia economica, vagano per più aziende, talora sottopagati e sfruttati. Tutto questo ha ricadute psicologiche non indifferenti che vanno a toccare l’autostima di chi si sente inutile e facilmente si scoraggia. Lavorare non significa solo guadagnare soldi, ma è anche un qualcosa che concorre alla costruzione dell’identità personale.»
Urgono scelte politiche e una rivoluzione culturale - «Una delle sfide fondamentali – hanno scritto Lisa Moni Bidin e Marco Sposito, vicepresidenti nazionali per il settore Giovani di Azione Cattolica - è il non aver paura di mettere al centro i giovani, con le loro capacità e competenze, con la professionalità e l’entusiasmo che li caratterizza. Urgono scelte politiche, sostenute senza distinguo da tutti gli attori sociali, che supportino senza scadere nell’assistenzialismo le giovani generazioni. Parliamo di fiscalità agevolata, accesso al credito, apertura di spazi nuovi nel mercato e nel mondo del lavoro, miglioramento della mobilità del lavoro, valorizzazione del potenziale dell'industria europea, e in particolare del tessuto delle Piccole e medie imprese, sostegno alla realizzazione di una nuova famiglia e tutela del diritto alla casa, agevolazioni per le aziende che scelgono di assumere i giovani, miglioramento del sistema dell’istruzione primaria e secondaria, adeguamento al mondo che cambia dell’offerta formativa universitaria e professionale, in modo che essa risponda realmente alle esigenze e alle richieste del nostro Paese e anche dell’Europa.
Governo, partiti, imprese e sindacati, che (in queste settimane) sono sedute intorno allo stesso tavolo, abbandonino la tutela di interessi particolari e sposino la causa comune del futuro, della speranza, della fiducia. Lo facciano, prima che sia troppo tardi. Rinuncino ai veti. Rinuncino ai compromessi al ribasso. Spieghino alle loro “basi” che c’è in gioco qualcosa di troppo grande perché vi si possa rinunciare. Non restino nella storia come inutili conservatori dello status quo … Ma è evidente, per i giovani di Azione Cattolica, che a fianco alle scelte politiche ciò che si impone è una vera e propria rivoluzione culturale. Accanto a queste misure concrete non possiamo trascurare elementi molto più semplici, eppure molto lontani dal concretizzarsi: dare ascolto alle idee dei giovani, condividere con loro le difficoltà e i sogni, fidarsi e rischiare sulle loro prospettive future, proporre e coinvolgere anche loro in un nuovo “patto di responsabilità” che travalichi la logica individualistica dell’interesse personale e lasci spazio all’edificazione del bene comune. Un investimento educativo sui giovani che affianchi l’investimento politico: significa cooperare tutti, istituzioni, famiglie, scuola, associazioni, Chiesa per coinvolgere i giovani in un’idea nuova di Paese, senza clientele, senza rendite, senza privilegi, senza furberie, un Paese meritocratico, onesto, lavoratore, fondato su competenza e professionalità. Un investimento educativo che abbia anche un’implicazione democratica, educando alla partecipazione e alla cura del bene di tutti ...

E per gli stessi giovani è tempo di rimboccarsi le maniche e dare il proprio contributo con entusiasmo, ciascuno con le proprie competenze, senza seguire solo il pensiero di altri, ma esprimendo coraggiosamente il proprio ed il proprio impegno per una società ormai troppo abituata a guardare al breve periodo,  e che va, forse, di nuovo educata a guardare e costruire.»

 

IN CITTÀ - Il Piano di Zona - che raccoglie 9 Comuni del Distretto 4 ASL, con Cernusco sul Naviglio nel ruolo di ente capofila - intende finanziare con 45.000 euro un progetto dell’Agenzia Provinciale per l’Orientamento e il Lavoro (AFOL). Scopo del progetto il reinserimento di uomini e donne tra i 40 e i 50 anni che hanno perso il proprio posto di lavoro a causa della crisi occupazionale. Per il 2012 si stanzieranno, appunto, 45.000 euro destinati a 150 lavoratori e lavoratrici, attraverso un piano individuale personalizzato, preparato dagli esperti di AFOL, che prevede attività di formazione, di orientamento e un inserimento lavorativo a tempo indeterminato o a tempo determinato per almeno  6 mesi, nonché la consulenza per l’eventuale avviamento di attività in proprio. 
Questa iniziativa - certamente utile - non riguarda però i giovani. Per esempio, in questi giorni è stato reso noto che il Comune di Milano e la Camera di Commercio hanno indetto un bando (per 1,5 milioni di euro) per favorire l’inserimento professionale di giovani under 35 in piccole e medie imprese del territorio. Non è possibile pensare qualcosa di simile anche per il nostro Comune?
In tema di lavoro, nell’ultima seduta del consiglio comunale, il Sindaco, Eugenio Comincini, ha sostenuto che “il tavolo sulla crisi (attivo nella nostra città), unico caso in Lombardia e forse in Italia, è riuscito a riunire i rappresentanti delle diverse categorie coinvolte e i soggetti interessati e continua a riunirsi per esaminare le situazioni e i dati prodotti dai singoli componenti. Rendiamoci conto però che un Comune non ha la bacchetta magica per risolvere i problemi dettati dalla crisi economica. Non mi vergogno a dire questa cosa, perché non rientra tra i nostri compiti quello di risolvere i problemi della crisi economica mondiale.” D’accordo su quest’ultima affermazione, ma forse qualcosa in più si potrebbe anche fare. È un tema sul quale ci permettiamo di rivolgere un pressante invito, a tutte le formazioni politiche, per un approfondimento e a formulare proposte concrete nei loro programmi per le ormai imminenti elezioni comunali.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 20 febbraio 2012

 

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