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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 7/2010

Qual è il posto dei cattolici in politica?

 

Il nostro Arcivescovo, cardinale Dionigi Tettamanzi, nelle scorse settimane ha incontrato, in diversi appuntamenti, gli amministratori pubblici che operano nel territorio della Diocesi Ambrosiana. Un intervento (pubblicato integralmente sul www.chiesadimilano.it), che ha avuto una risonanza anche sulle pagine locali dei quotidiani nazionali, che vogliamo riprendere nei passaggi a noi apparsi più significativi. Passaggi che ci possono aiutare a leggere meglio anche la nostra realtà cittadina.

           

Innanzitutto l’Arcivescovo ha espresso “stima e gratitudine” per quanto gli amministratori locali fanno per le comunità in cui operano, per poi porsi «una questione che, in questi tempi, viene sollevata più volte: Qual è il posto dei cattolici in politica? È a destra, a sinistra, al centro? In politica proprio il riferimento all'essere cattolici divide anziché unire. Non si possono negare la fatica, il disagio, la sofferenza di cristiani che non poche volte si contrappongono tra loro su ciò che li dovrebbe unire: il crocifisso, ad esempio ...

Qual è il posto dei cristiani in politica? È solo una questione di schieramento?

Il posto dei politici cristiani è la stessa comunità cristiana. Senza riferimento alla comunità cristiana, senza una partecipazione attiva alla vita della comunità (con la frequenza all'Eucaristia, con l'ascolto della Parola e dell'insegnamento della Chiesa) come ci si può qualificare cristiani?

La vera questione del posto dei cristiani in politica non riguarda quindi quale schieramento seguire o quale alleanza preferire, ma è quella di scegliere Cristo, ogni giorno, con una vita di fede autentica e, di conseguenza, con decisioni e comportamenti coerenti al Vangelo.

Dire che il posto dei politici è la comunità cristiana stessa significa, inoltre, affermare l'esigenza di un legame particolarmente forte tra la gente e chi è chiamato ad occuparsi della "cosa pubblica".»

 

Il Cardinale ha poi indicato «un altro posto nel quale i cristiani in politica possono radunarsi, confrontarsi, ritrovarsi, costruite una casa comune è il servizio ai più poveri. Un servizio che i politici e gli amministratori cristiani, chiamati ad impegnarsi nei "servizi sociali" o per i "giovani", vivranno con una dedizione particolare poiché, proprio in questi ambiti, sono aiutati in modo più diretto e coinvolgente a toccare con mano le povertà delle persone e delle famiglie. Mi verrebbe quasi da dire che ci dovrebbe essere una predilezione tutta speciale da parte dei cattolici per gli assessorati che di questi temi si occupano. Non si pensi però che soltanto i cristiani siano autorizzati ad occuparsene, ritenendo gli altri ambiti dell'amministrare meno importanti. In realtà, tutti gli ambiti, ciascuno a suo modo, sono importanti e tutti possono e devono essere permeati dall'attenzione preferenziale per i più poveri.»

Anche nella nostra città, i poveri non mancano! Come ha messo in evidenza l’indagine sulle condizioni e i bisogni sociali della popolazione svolta dal Comune e presentata su Voce Amica dello scorso gennaio: quasi un Cernuschese su tre è a rischio disagio e il dato, con il proseguire della crisi economica, potrebbe anche peggiorare. 

 

Un’importante sottolineatura nell’intervento del nostro Vescovo - di vivissima attualità, alla luce dei recentissimi episodi, milanesi e lombardi, di concussione e corruzione - ha riguardato il dovere irrinunciabile della formazione. Tettamanzi, infatti, ha detto che «non ci si può “improvvisare" al servizio degli altri, tanto meno in politica. Non basta - per rinnovare l'ethos politico - mettere in campo semplicemente "facce nuove". Occorrono persone serie, preparate, competenti. Gli stessi partiti e movimenti politici dovrebbero tornare a educare al senso alto della politica: non solo alle tecniche per conquistare il consenso, ma anche e soprattutto al valore e al significato profondo del proprio servizio, agli stili di comportamento, alla conoscenza della tradizione sociale, civile e politica del Paese. Gli stessi partiti e movimenti, proprio perché sono strumenti fondamentali della democrazia, devono difendersi dal pericolo di ridursi a comitati elettorali che, a competizione terminata, finiscono per esaurire il proprio compito.»

 

L’Arcivescovo ha richiamato anche le comunità cristiane al loro compito di «suscitare la sensibilità e curare la formazione sugli argomenti sociopolitici», aggiungendo che «siamo di fronte ad una vera e propria "vocazione" da riconoscere e far maturare in ambito sociopolitico a servizio della comunità», per poi domandarsi «se non è per vocazione e per il desiderio gratuito di "servire", per cos'altro un cristiano si mette a disposizione degli altri in questo ambito? Per interesse? Per prestigio? Per sete di potere?»

Nell’approfondire questo aspetto, dopo aver richiamato l’attenzione particolare che le comunità cristiane devono avere nel far maturare la sensibilità e promuovere la formazione all’impegno in politica nei giovani, Tettamanzi non ha nascosto le difficoltà che spesso nelle parrocchie - la nostra comunità pastorale può essere ricompressa tra queste - si incontrano nel «parlare di politica, ad educare ad essa, a ragionare sui grandi temi sociali per il rischio di passare immediatamente alle contrapposizioni, alle rotture, alle accuse reciproche, alla corsa per definirsi "più cattolici" degli altri.

Questo è purtroppo un segno di immaturità e di fragilità delle nostre comunità che non permettono di educare alla politica, rendono più difficile - se non impossibile - presentare l'insegnamento e lo spirito del Vangelo, allontanano i giovani e costituiscono un serio ostacolo per vivere e testimoniare - nella comunità e al mondo - la comunione dei discepoli del Signore».

 

C’è infine un richiamo molto importante che l’Arcivescovo ha fatto sulla realtà sociale che sta caratterizzando le comunità lombarde, che abbiamo già avuto modo di accennare in una nostra precedente nota, ma che merita qui di essere ripreso. Perché è un aspetto che - a seguito dell’intenso sviluppo urbanistico che la nostra città ha avuto in questo ultimo decennio e, quindi, del conseguente modificarsi del suo tessuto sociale - ci riguarda molto da vicino.

Tettamanzi constata - nel suo essere Pastore tra la gente, in particolare da quanto osserva nelle numerosissime visite alle comunità parrocchiali - che «le nostre città e i nostri paesi corrono il rischio di una specie di "desertificazione": serve, ed è urgente, un'azione programmata e precisa contro questo degrado. Ma di cosa si tratta?

Il territorio, dai piccoli comuni ai quartieri delle città, rischia di ridursi a semplice dormitorio, cioè di perdere o comunque non valorizzare adeguatamente le sue forze migliori.

È in atto una forma di invecchiamento, che non è solo inerente all'innalzamento dell'età media della popolazione. Riguarda piuttosto l'assenza dalle nostre comunità dei giovani, sempre più attratti (per scelta o per necessità) dalla metropoli e dai grandi centri urbani. Riguarda la fatica - spesso conseguente al primo dato - di provvedere al giusto ricambio generazionale nell'impegno politico e amministrativo, nel volontariato, nell'azione pastorale della Chiesa ... Ora, per mantenere vive le nostre comunità (cristiane e civili) serve un 'anima: occorre ridarla al territorio, è necessario rinnovarla. La gestione della complessa e articolata "macchina comunale" può esaurire tutte le energie togliendo tempo, creatività e attenzione all'ascolto diretto del territorio e dei suoi bisogni, cioè delle persone e delle loro esigenze.

Serve - nelle comunità cristiane e nelle amministrazioni - un colpo d'ali, un di più di creatività, un allargamento di orizzonte, un supplemento di dedizione, affinché gli amministratori e coloro che si impegnano nelle realtà pubbliche divengano veri protagonisti del territorio rendendo viva, partecipe e corresponsabile tutta la comunità. Far sentire gli abitanti di un territorio espressione viva di una comunità non implica necessariamente stanziamenti di soldi. È in primis una questione culturale!»

 

Il magistero del nostro Arcivescovo si mostra con il trascorrere del tempo sempre più limpido, concreto e coraggioso. Quanto il nostro Pastore va richiamando merita un ascolto serio da parte di tutti e in particolare da parte di chi dice di rifarsi alle radici cristiane. La sua azione pastorale è mossa solo da un continuo richiamo al messaggio evangelico, come ha fatto anche in occasione di questi incontri, soffermandosi, dal Vangelo di Luca, sulla parabola del “buon samaritano”.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 15 febbraio 2010

 

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