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HOME > La Nota della Settimana > N° 6/2014

BELLEZZA E FATICA DELLA PARTECIPAZIONE

Il consiglio comunale della nostra città ha approvato, nella seduta dello scorso 13 febbraio, il Regolamento per lo svolgimento dei referendum comunali. Un atto necessario per dare concreta attuazione ad uno strumento di partecipazione già previsto dagli articoli 47, 48 e 49 del nostro statuto comunale. Una scelta che ha visto tutti d’accordo, maggioranza e opposizione. Va quindi dato atto dell’importante risultato raggiunto alle forze politiche presenti in consiglio comunale, una volta tanto senza contrapposizioni e lacerazioni.

Il referendum comunale di iniziativa popolare si pone come strumento di partecipazione diretta dei cittadini alla vita amministrativa della città. Uno strumento la cui importanza dipenderà dall’uso che nel tempo se ne farà. Se dovesse essere attivato ogni qualvolta una formazione sociale o un gruppo di interesse riscontrasse una diversità di orientamento tra le decisioni dell’amministrazione comunale o del consiglio comunale e le proprie si finirebbe immancabilmente per svuotarlo di significato e per ridurne la rilevanza. E ci troveremmo ben presto nella medesima situazione che riscontriamo a livello nazionale, dove ormai non solo risulta difficile raggiungere il quorum richiesto per la sua validità ma anche raccogliere le firme necessarie per indirlo. Il regolamento approvato prevede che la richiesta di referendum sia accompagnata dalle firme necessarie per la sua ammissione: almeno il dieci per cento degli elettori, quindi pari a circa 2.500 egli aventi diritto al voto. Ci sembra una scelta intelligente. Alle ultime elezioni comunali, quelle del 2012, gli iscritti alle liste elettorali erano 25.151. I voti validi sono stati 15.828 e pertanto il partito del “non voto” (astensioni, bianche, nulle, contestate) ha raccolto 9.323 elettori (6.111 nel 2007), pari al 37% del corpo elettorale. Si tratta di una disaffezione alla vita amministrativa della città che lo strumento referendario potrebbe aiutare a recuperare, ma che ha pure bisogno del consolidarsi di una nuova cultura della partecipazione. 

Formazione alle responsabilità civili – La «“cittadinanza attiva” - ha scritto recentemente il presidente dell’Azione Cattolica Italiana, Franco Miano -  è capacità dei cittadini di auto-organizzarsi, di mobilitare risorse umane, finanziarie e di occuparsi della tutela dei diritti esercitando poteri e responsabilità allo scopo di contribuire alla cura e allo sviluppo del bene e dei beni comuni e di colmare lo scarto tra le leggi e la loro quotidiana attuazione. Una responsabilità così intesa è fondata su un radicale cambiamento di mentalità, su una conversione sia morale sia intellettuale. Un rivolgimento assolutamente indispensabile che tocca contemporaneamente le dimensioni dell’etica e della politica, innestate nel più ampio alveo di una ricerca della verità, che appartiene a ogni uomo.»

Bellezza e fatica della partecipazione - Nel contesto attuale, ha osservato ancora il presidente dell’Azione Cattolica Italiana, la «riduzione del politico al tecnico e all’economico, i problemi posti dalla rivoluzione tecnologica e dagli squilibri ecologici, dai particolarismi e dalle rivendicazioni etniche, dalla crescente sperequazione nella distribuzione della ricchezza fra Paesi industrializzati e Paesi poveri, provocano un senso di impotenza che porta al deperimento della vita democratica, all’indebolimento del senso civico e al rifugio nel privato proponendo con forza l’interrogativo radicale sul senso e sulle caratteristiche della partecipazione oggi.» Interrogativi sui quali tutti siamo chiamati a riflettere. Poi, Miano ha aggiunto: «Chi conosce la bellezza della partecipazione, è esperto anche della fatica. Formare alle responsabilità civili significa avere il senso cristiano della storia, avere la pazienza dei tempi lunghi e la gioia della semina, significa sapere che il bene non si attua mai del tutto. La consapevolezza della parzialità del bene è l’altra faccia dell’amore vivo e vero per la propria città. Chi conosce la continua tensione esistente tra il fine ultimo della promozione piena dell’uomo, mai pienamente compiuto, e i gesti di giustizia e solidarietà che quotidianamente possono essere attuati mai completamente all’altezza di quel fine trova in questo limite non il freno, ma lo slancio ulteriore per un impegno responsabile e appassionato per la propria terra.» Per amare o tornare ad amare, come abbiamo già scritto, anche la propria città. Un impegno non da poco. Un impegno che riguarda tutti.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 17 febbraio 2014

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