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HOME > La Nota della Settimana > N° 6/2013

REIMPARARE A STIMARE TUTTE LE OCCUPAZIONI ONESTE

 

È “una bugia storica” l’affermare che la Chiesa sia attenta ai valori del prima e dopo e non al “durante”, di cui il lavoro “è una dimensione essenziale”: lo ha affermato il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, intervenendo lo scorso 7 febbraio a Roma al Consiglio nazionale di Mcl (Movimento cristiano lavoratori). “Da duemila anni - ha poi affermato il cardinale - la vicinanza alla vita non solo nella sua fase iniziale o al suo termine naturale, ma anche nel ‘durante’ è ampiamente testimoniata, soprattutto quando altre autorità o riferimenti non esistono neppure”.

Ripensare i livelli retributivi - Il cardinale Bagnasco ha quindi affrontato il tema del lavoro esortando a “ripensare i livelli retributivi”. “Se parliamo di equità insieme alla giustizia - ha spiegato - forse una domanda su questa forbice che sta aumentando, la società nel suo insieme dovrebbe farsela”. “Reimparare a stimare tutte le occupazioni oneste”, l’altro invito del cardinale, secondo il quale è urgente anche “rivedere i servizi”: “In una società non razzista - ha puntualizzato - non ci sono occupazioni degne solo degli immigrati”. Infine, “salvare l’operaismo attivo, cioè partecipe alle sorti di un’azienda”, ha raccomandato il cardinale riferendosi alla sua esperienza come arcivescovo di Genova: “Non dobbiamo essere autolesionisti”, ha ammonito, mettendo in evidenza la necessità di “parlare di più delle eccellenze per le quali siamo famosi nel mondo”.

Impegno, competenza e onestà. “Impegno, competenza e onestà morale”: sono questi, per il presidente della Cei, i “germi nuovi di realismo” da immettere nel lavoro, la cui vera identità è spesso snaturata e minacciata, nella cultura attualmente dominante, dai “miti del successo e dell’efficienza a buon mercato”. “Impegno - ha spiegato il cardinale - perché la vita è anche fatica; competenza perché non si può vendere vento, e quando lo si è fatto si è raccolta tempesta”. “Onestà morale”, infine, anche per vincere “l’individualismo, che è la madre di tutte le crisi”. “I vescovi - ha precisato il presidente della Cei - hanno uno sguardo vigile sulla frontiera del lavoro. Non hanno ricette particolari, né sotto il profilo politico, né nella dimensione del lavoro”. Sanno, però, che la crisi ha generato una situazione generale di “impoverimento” e di “forte disoccupazione, soprattutto giovanile”, e che “i periodi di non lavoro possono essere un’eccezione dolorosa, ma non possono durare più di tanto, pena la frustrazione spirituale, l’invivibilità esistenziale, l’impossibilità progettuale”.

La forbice salariale aumenta tremendamente - L’economista Stefano Zamagni, docente all’Università di Bologna, commentando l’intervento del presidente dei vescovi italiani ha osservato che “l’impoverimento e la perdita del lavoro hanno un elemento in comune: ridurre gli spazi di libertà della persona”. Zamagni ha poi osservato che “indagini recenti mettono in evidenza quello che è lo scandalo dominante in tutto l’Occidente avanzato, e quindi non solo in Italia. La forbice salariale non solo aumenta, ma aumenta tremendamente. Questo perché è stata totalmente falsificata quella teoria economica che concepiva la distribuzione del reddito in base alla produttività del lavoro: maggiore è la produttività, maggiore è il salario. È vero che ci sono differenze tra i lavoratori, ma nessuno può dimostrare che un dirigente produca 500 o 700 volte di più del suo impiegato del livello più basso.”

“Recuperare la dignità del lavoro” - Per Zamagni occorre inoltre “recuperare la dignità del lavoro. Nell’ultimo quarto di secolo si è affermata l’idea che solo certi lavori meritano attenzione, perché più remunerativi. Con questa logica sbagliata stiamo distruggendo, ad esempio, l’artigianato, che da sempre è un fiore all’occhiello del modello italiano; l’agricoltura, che erroneamente viene considerata la cenerentola sulla base di argomentazioni economiche prive di ogni fondamento; la cultura, con un patrimonio che ci indivia il mondo intero e che non solo non rende, ma costa così tanto da far chiudere i bilanci in rosso. Dobbiamo allargare, invece, la gamma del lavoro, pensando anche a beni comuni come il territorio.”

Welfare: come spesa per i consumi o come spesa per gli investimenti? - Importante, infine, anche l’attenzione che, a parere di Zamagni, si deve avere sul welfare. “Ci sono due modi per vedere il welfare: come costo improduttivo o come costo produttivo, come spesa per i consumi o come spesa per gli investimenti. Se lo vediamo come spesa per i consumi, è evidente che in questa fase di crisi non si possa fare altro che tagliare. Ma non è inevitabile. Se infatti concepiamo il welfare come spesa per investimento, allora ci accorgiamo che investire in salute significa investire in produttività: l’Oms ha dimostrato che migliorare dell’1% lo stato di salute della popolazione migliora del 4% la produttività del lavoro. Se taglio la sanità, la scuola, l’università, nel breve termine realizzo un risparmio, ma dopo pochi anni peggioro la situazione, come stiamo vedendo in Italia”.

In questi quindici giorni che ci separano dall’appuntamento con le urne sarebbe cosa buona porre attenzione alle proposte concrete delle diverse coalizioni sul tema del lavoro. Argomento che sinora è purtroppo rimasto in secondo piano, nonostante i dati drammatici sulla disoccupazione (11,2%), soprattutto quella giovanile (36,6%). In questa attenzione e riflessione ci può aiutare anche la Giornata diocesana della solidarietà - sul tema Ripartire si può! - che abbiamo celebrato la scorsa domenica 10 febbraio, con il rinnovato invito a sostenere il Fondo Famiglia-Lavoro. Questa iniziativa della diocesi, non più orientata al solo aiuto economico a chi ha perso il lavoro, intende porsi adesso come sostegno per  ritrovare il lavoro, anche attraverso la formazione di chi è stato espulso dal mondo produttivo.  

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 11 febbraio 2012

 

 

 

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