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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 6/2010

Giornata per la vita: dalla parte dei più poveri

Se c’è una cultura della vita, c’è anche uno spazio possibile per la famiglia, per i più piccoli, per gli anziani, per la vita fragile, e quindi anche per le famiglie in situazione di crisi economica: quest’indicazione emerge dal messaggio «La forza della vita, una sfida nella povertà» che il Consiglio episcopale permanente ha diffuso per la 32ª Giornata nazionale per la vita, che si è celebrata domenica scorsa, 7 febbraio, in tutta Italia.

L’attuale crisi economica, scrivono i vescovi, causa povertà e mancanza di lavoro, con conseguenze disumanizzanti; ma le sole leggi del profitto e dell’economia non servono perché creano «forti diseguaglianze sociali e feriscono e offendono la vita colpendo soprattutto i più deboli e indifesi».

E proprio dei rischi per la dignità della vita umana, in particolare per quella nascente, si preoccupa la Conferenza Episcopale Italiana. Molte famiglie, infatti, potrebbero trovarsi in gravi difficoltà per l’arrivo di una nuova vita. Le leggi della paura potrebbero suggerire scelte drastiche in netto contrasto con la tutela della vita umana, mentre quelle della solidarietà e della gratuità del dono possono ridare serenità e disponibilità all’accoglienza. Mancano nel nostro Paese provvedimenti significativi per le famiglie numerose, mancano sostegni economici alle mamme che non hanno risorse adeguate per sostenere dignitosamente una nuova creatura in arrivo.

Particolarmente in periodi di crisi è necessario il rilancio delle politiche sociali, come motore non solo di tutela delle classi povere che sono le più colpite, ma anche della ripresa economica. Ricordano, i vescovi italiani, che in fasi storiche come la presente si può «riscoprire la bellezza della condivisione e della capacità di prenderci cura gli uni degli altri» e si può più facilmente capire «che non è la ricchezza economica a costituire la dignità della vita, perché la vita stessa è la prima radicale ricchezza e perciò va strenuamente difesa in ogni suo stadio». Ne è testimonianza l’azione di volontariato svolta dai Centri di Aiuto alla Vita italiani i quali, nei trentatre anni dalla fondazione, hanno salvato la vita a oltre 110.000 bambini e bambine il cui destino sembrava essere segnato da un certificato di aborto. Nel 2008 le gestanti assistite sono state circa 12.000, all’80% straniere.

«Proprio il momento che attraversiamo» conclude il messaggio della Conferenza Episcopale Italiana, «ci spinge a essere ancor più solidali con quelle madri che, spaventate dallo spettro della recessione economica, possono essere tentate di rinunciare o interrompere la gravidanza, e ci impegna a manifestare concretamente loro aiuto e vicinanza». È un appello a tutte le comunità locali, alle associazioni, alle persone di buona volontà: a farsi carico di ogni famiglia, di ogni mamma in difficoltà per l’arrivo di una nuova vita.

 

Nella nostra città è attivo ormai da vent’anni un Centro di Aiuto alla Vita. La forza della vita, scrivono i vescovi nel messaggio per la Giornata, sfida la povertà. Lo toccano con mano tutti i giorni gli operatori dei Centri di Aiuto alla Vita (CAV), che aiutando la Provvidenza con un duro lavoro donano la tranquillità psicologica ed economica alle donne e alle famiglie in difficoltà.
Ricordiamo le cifre che sono state diffuse lo scorso ottobre,  in occasione del 20° anno di attività del CAV che opera a Cernusco e paesi limitrofi. Il Centro ha sinora aiutato 628 bimbi a nascere e 1046 bimbi a crescere; sono stati accolti nella casa di accoglienza di cui dispone in città 13 bimbi; sono stati utilizzati 35 “Progetti Gemma”. Ogni mese le volontarie aiutano oltre un centinaio di mamme, oltre a quelle in attesa di partorire.

I Centri di aiuto alla vita, attivi in Italia dal 1985, fanno riferimento al Movimento per la vita, che oggi può contare in Italia su 315 centri e servizi di aiuto alla vita, su una linea telefonica di emergenza (800813000) su una rete di 60 case di accoglienza per mamme e neonati. Altre due iniziative importanti sono il Progetto Gemma (un servizio di adozione a distanza nato per aiutare le madri che, trovandosi in gravi difficoltà, sono tentate di non accogliere il loro bambino) e la Culla per la vita.

 

I cattolici sono sempre e solo dalla parte della vita, scriveva qualche giorno fa il poeta Davide Rondoni su Avvenire e aggiungeva: «Non ne posso più. Lo so che non servirà più di tanto dirlo ma con l’avvicinarsi delle elezioni regionali (come ad ogni altra elezione) inizia il tormentone: e i cattolici? Per chi voteranno i cattolici? E via con dietrologie, supposizioni, interpretazioni e filologie. Mentre le cose sono chiarissime, e solo un cieco può far finta di non vedere. I cattolici sono una parte, non un partito. Come la Chiesa è sempre stata una parte nella storia, ma non un partito. Nel senso che intendiamo oggi per la parola partito. Inutile chiedere a quale partito appartengono. Ma è invece chiaro da che parte stanno. Sono la parte che ama la vita, in questa epoca della paura della vita. E dunque questa parte, questa fazione, questa brigata o questo strano popolo, sarà dalla parte di coloro che amano la vita, in tutti i suoi aspetti. È una parte, a cui si oppongono altre parti. E duramente, lo abbiamo visto, in nome di un individualismo radicale e impaurito. Solo un cieco può non vedere che questo amore è trasversale agli schieramenti, così come pure trasversalmente viene negato. Il Papa e il presidente dei vescovi italiani mi pare abbiano detto di auspicare il sorgere di una nuova leva di politici cattolici, non una nuova forma di partiti cattolici. Le cose stanno così, stanno chiaramente, e dunque ogni confusione è finta, è voluta. Non è la Chiesa a fare le leggi elettorali. A dettare le condizioni in cui si vota. I cattolici sapranno chi votare, almeno quelli che stanno attenti alle indicazioni della Chiesa. Perché sono in tanti a genuflettersi e a baciare anelli sotto elezioni (o a fare finta).
Ma non sono molti ad ascoltare. I cattolici lo sanno. Non sono degli ingenui. E sanno che la politica, come constatava il cardinal Ratzinger, è luogo del compromesso. Ed è luogo della carità, richiamava Paolo VI.

Per i cattolici sono poco importanti le questioni di schieramento, perché hanno già qualcosa per cui sono schierati. Prima e dopo le elezioni. Sono gli altri che fanno un sacco di problemi, un sacco di sofismi, un sacco di giravolte per giustificare i loro schieramenti politici. Perché non hanno altro per cui sono schierati, se non il potere e l’appartenenza politica. I cattolici hanno uno schieramento ben prima che politico. Uno schieramento in cielo. Nel senso che credono alle cose del cielo. E uno schieramento in terra, nel senso che amano la vita e le condizioni per cui essa può continuare a essere donata. E servita, e sviluppata. Perciò sono una parte, non un partito. E nemmeno due o tre partiti. Ma una parte. Che inquieta e tormenta tutti i partiti. Che non lascia in pace nessuno schieramento. E che non si riduce a nessuno schieramento …».

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 8 febbraio 2010

 

 

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Il testo integrale del Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente per la 32a Giornata Nazionale per la vita (7 febbraio 2010) sul tema «La forza della vita una sfida nella povertà».

Chi guarda al benessere economico alla luce del Vangelo sa che esso non è tutto, ma non per questo è indifferente. Infatti, può servire la vita, rendendola più bella e apprezzabile e perciò più umana.

Fedele al messaggio di Gesù, venuto a salvare l’uomo nella sua interezza, la Chiesa si impegna per lo sviluppo umano integrale, che richiede anche il superamento dell’indigenza e del bisogno. La disponibilità di mezzi materiali, arginando la precarietà che è spesso fonte di ansia e paura, può concorrere a rendere ogni esistenza più serena e distesa. Consente, infatti, di provvedere a sé e ai propri cari una casa, il necessario sostentamento, cure mediche, istruzione. Una certa sicurezza economica costituisce un’opportunità per realizzare pienamente molte potenzialità di ordine culturale, lavorativo e artistico.

Avvertiamo perciò tutta la drammaticità della crisi finanziaria che ha investito molte aree del pianeta: la povertà e la mancanza del lavoro che ne derivano possono avere effetti disumanizzanti. La povertà, infatti, può abbrutire e l’assenza di un lavoro sicuro può far perdere fiducia in se stessi e nella propria dignità. Si tratta, in ogni caso, di motivi di inquietudine per tante famiglie. Molti genitori sono umiliati dall’impossibilità di provvedere, con il proprio lavoro, al benessere dei loro figli e molti giovani sono tentati di guardare al futuro con crescente rassegnazione e sfiducia.

Proprio perché conosciamo Cristo, la Vita vera, sappiamo riconoscere il valore della vita umana e quale minaccia sia insita in una crescente povertà di mezzi e risorse. Proprio perché ci sentiamo a servizio della vita donata da Cristo, abbiamo il dovere di denunciare quei meccanismi economici che, producendo povertà e creando forti disuguaglianze sociali, feriscono e offendono la vita, colpendo soprattutto i più deboli e indifesi.

Il benessere economico, però, non è un fine ma un mezzo, il cui valore è determinato dall’uso che se ne fa: è a servizio della vita, ma non è la vita. Quando, anzi, pretende di sostituirsi alla vita e di diventarne la motivazione, si snatura e si perverte. Anche per questo Gesù ha proclamato beati i poveri e ci ha messo in guardia dal pericolo delle ricchezze (cfr Lc 6,20-25). Alla sua sequela e testimoniando la libertà del Vangelo, tutti siamo chiamati a uno stile di vita sobrio, che non confonde la ricchezza economica con la ricchezza di vita. Ogni vita, infatti, è degna di essere vissuta anche in situazioni di grande povertà. L’uso distorto dei beni e un dissennato consumismo possono, anzi, sfociare in una vita povera di senso e di ideali elevati, ignorando i bisogni di milioni di uomini e di donne e danneggiando irreparabilmente la terra, di cui siamo custodi e non padroni. Del resto, tutti conosciamo persone povere di mezzi, ma ricche di umanità e in grado di gustare la vita, perché capaci di disponibilità e di dono.

Anche la crisi economica che stiamo attraversando può costituire un’occasione di crescita. Essa, infatti, ci spinge a riscoprire la bellezza della condivisione e della capacità di prenderci cura gli uni degli altri. Ci fa capire che non è la ricchezza economica a costituire la dignità della vita, perché la vita stessa è la prima radicale ricchezza, e perciò va strenuamente difesa in ogni suo stadio, denunciando ancora una volta, senza cedimenti sul piano del giudizio etico, il delitto dell’aborto. Sarebbe assai povera ed egoista una società che, sedotta dal benessere, dimenticasse che la vita è il bene più grande. Del resto, come insegna il Papa Benedetto XVI nella recente Enciclica Caritas in veritate, “rispondere alle esigenze morali più profonde della persona ha anche importanti e benefiche ricadute sul piano economico” (n. 45), in quanto “l’apertura moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica” (n. 44).

Proprio il momento che attraversiamo ci spinge a essere ancora più solidali con quelle madri che, spaventate dallo spettro della recessione economica, possono essere tentate di rinunciare o interrompere la gravidanza, e ci impegna a manifestare concretamente loro aiuto e vicinanza. Ci fa ricordare che, nella ricchezza o nella povertà, nessuno è padrone della propria vita e tutti siamo chiamati a custodirla e rispettarla come un tesoro prezioso dal momento del concepimento fino al suo spegnersi naturale.

 

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