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HOME > La Nota della Settimana > N° 5/2013

UN PROFILO PIÙ MISSIONARIO ALLE NOSTRE PARROCCHIE

 Nella prolusione del cardinale Bagnasco, dello scorso 28 gennaio, al Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana, c’è un passaggio che non è stato ripreso dai più importanti mezzi di comunicazione sociale. È quello in cui il presidente dei vescovi italiani ha invitato i credenti a dare un profilo più missionario alle nostre parrocchie.

Dopo aver ripreso una citazione di Benedetto XVI - Il messaggio cristiano viene seminato e si radica efficacemente là dove è vissuto in modo autentico ed eloquente da una comunità” – Bagnasco ha osservato che «la riduzione del clero non può coincidere con l’affievolirsi di tali presidi pastorali (le parrocchie), anzi è semmai il tenerli ancor più aperti, attenti e prossimi alle persone che può configurare una fondamentale risposta alla sfida della nuova evangelizzazione. È noto quello che viene messo in campo dalle nostre Diocesi per rispondere all’appello dei bisognosi. In tal senso, la sensibilità e la reperibilità, riscattate da pragmatismi farraginosi e connotate da amicizia e condivisione, diventano caratteristiche irrinunciabili della carità evangelica.»

Il cardinale di Genova ha, quindi, auspicato «una pastorale integrata, che ponga il proprio baricentro nell’Eucarestia, e da lì si moduli senza isolazionismi, mirando a ciascun soggetto e ciascun ambito, finanche ai crocicchi delle strade. Ma mentre attiviamo una migliore creatività, dobbiamo sempre ricordare che non è il nostro fare più o meno esasperato che compie il miracolo della fede, bensì il consentire attraverso di noi il fare del Signore, il non ostacolarlo e anzi favorire la sua attrattività. Lui fa nascere figli di Abramo dalle pietre (cfr Lc 3,8), Lui dobbiamo collocare sempre più al cuore della nostra attività e delle nostre relazioni, Lui riconoscere come il senso vero di ogni iniziativa catechetica e di ogni sforzo per rinnovarla, Lui soprattutto la Presenza palpitante di una liturgia meno pragmatica e sciattamente didascalica, perché meglio capace di far incontrare il Signore, non noi.»

Bagnasco ha proseguito ricordando che «non abbiamo un prodotto da imporre – come ci avvertiva il Messaggio finale del Sinodo – ma una Persona, una presenza, un’amicizia che cambia la vita. In questo senso è la testimonianza e sono i testimoni coloro che concretamente fanno la nuova evangelizzazione». Per il presidente della CEI, il tempo della nuova evangelizzazione deve coincidere «con la riscoperta dell’identità cristiana e della sequela personale del Signore. C’è una tiepidezza che discredita il cristianesimo, osservava il Papa: “La fede deve divenire in noi fiamma dell’amore […] la verità diventi in me carità e la carità accenda come fuoco anche l’altro. Solo in questo accendere l’altro attraverso la nostra carità, cresce realmente

l’evangelizzazione, la presenza del Vangelo, che non è più solo parola, ma realtà vissuta”».

 

Nuove capacità di relazione e di relazioni - Sempre in tema di nuova evangelizzazione, il presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana ha recentemente osservato che questo impegno missionario «richiede nuove capacità di relazione e di relazioni, volti che si lasciano interpellare da altri volti, piedi che hanno voglia di camminare, mani che stringono altre mani, un cuore aperto, una mente vigile e pronta, ha bisogno di persone che vogliono uscire da sé, persone che avvertono l’irresistibile desiderio di condividere il grande dono ricevuto, il dono dell’incontro con il Signore. Richiede persone che sanno raccontare, con la propria vita, le meraviglie di Dio. La nuova evangelizzazione ha bisogno di legami buoni, di legami di vita buona, bella, vera. Ecco allora che la dimensione intrinsecamente comunitaria della vita della Chiesa, che ha il suo fondamento nel grande dono della comunione, oggi chiede di essere sempre più valorizzata ai fini di un rinnovato annuncio del Vangelo agli uomini e alle donne del nostro tempo. Ecco allora che, pur nella consapevolezza della pluralità di vie e di percorsi di cui è ricchissima la nostra vita ecclesiale, non possiamo non pensare alla parrocchia, luogo in cui si trovano le nostre case, abitano le nostre famiglie, si intrecciano le prime relazioni. La parrocchia rimane anche oggi la fontana del villaggio di cui parlava Giovanni XXIII, immagine ripresa da Giovanni Paolo II, chiesa posta in mezzo alle case degli uomini, segno e strumento della vocazione di tutti alla comunione.»

Domandiamoci dunque se, con la nostra vita, siamo capaci offrire e comunicare questa immagine di parrocchia, ma soprattutto “dire Gesù”. “È Gesù Cristo che noi vogliamo porgere, il Suo nome far risuonare”?

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 4 febbraio 2013

 

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