CernuscoInsieme

Condividi il contenuto di questa pagina con i tuoi amici:

Torna alla pagina precedente

comunità pastorale

voce amica agorà oasi cVillage

piazzetta

dalla città

CernuscoInsieme.it - Il Portale della tua Città

Stai navigando in
HOME > La Nota della Settimana > Settimana 5/2011

SAPER PROPORRE UN PENSIERO PROFETICO,
CAPACE DI SCARDINARE LE OVVIETÀ”


 

In un’intervista sul settimanale diocesano di Padova - la “Difesa del popolo” - di domenica 30 gennaio, sono ripresi i temi e le questioni che in questi giorni hanno suscitato polemiche a causa di un’interpretazione distorta delle parole del vescovo della città di sant’Antonio, monsignor Antonio Mattiazzo: le morti dei soldati in Afghanistan, le missioni di pace, l’eroismo, la ricerca della verità dei fatti.

Il presule aveva invitato a non esaltare come eroi i soldati caduti in Afghanistan: ''Certo, sono dispiaciuto per la morte di questi ragazzi. Ma andiamoci piano però con una certa esaltazione retorica: non facciamone degli eroi. Quelle non sono missioni di pace: vanno lì con le armi, e quindi il significato è un altro, non dobbiamo dimenticarlo. Magari poi si scopre che un soldato è morto per una mina fabbricata in Italia''.

Ci sembra importante riprendere questi temi perché ci richiamano all’importanza di saper sviluppare senso critico, coltivare la passione per l’approfondimento dei problemi, proporre profezie.


 

Contro i rischi di un’esaltazione retorica - Nell’intervista, dopo avere rinnovato la propria “vicinanza umana” alla famiglia dell’alpino Matteo Miotto caduto in Afghanistan lo scorso 31 dicembre, il vescovo parla del giovane militare come di «una vittima, perché morto innocente e ingiustamente; una vittima che pongo accanto alla più grande vittima della storia, che è Gesù Cristo. E a lui, che sa cosa significa essere uccisi innocenti e ingiustamente, avrei consegnato nel funerale un ragazzo che ha perso la vita in quel tragico modo. Questo è il mio sentire profondo, e le mie riflessioni non intendevano toccare in alcun modo la sorte di Matteo. Anzi, proprio la grande pietà che sento per ogni vittima mi spinge a sollecitare una riflessione profonda, per evitare il benché minimo rischio che la sua tragedia venga sfruttata per altri scopi».

Al direttore del settimanale che lo intervista, Mattiazzo ribadisce che ha, invece, inteso mettere in guardia dai rischi di un'esaltazione retorica. «E l'ho fatto proprio a partire dalla vicinanza umana alla famiglia e alla comunità di Thiene (la città di Matteo). Lo so che costa fatica, ma domandiamoci cosa dev'essere messo al centro della nostra attenzione: la vittima di questa tragedia, la persona di Matteo con il suo carico di valori e di scelte, la stessa sofferenza dei suoi cari, o a dominare la scena dev'essere l'apparato retorico costruito dallo stato attorno al lutto di una intera comunità? Questo è un rischio che come vescovo sento il dovere di sottolineare, ed è una questione che va ben oltre il singolo caso e non tocca in alcun modo la persona di Matteo».

«Di fronte alla morte di un soldato – continua ancora il vescovo di Padova - quel che entra in gioco senza che i cittadini se ne accorgano può essere la tendenza o la tentazione alla sacralizzazione tipica della religione civile, di quella dimensione del vivere sociale che al pari della fede cristiana - e spesso mutuandola da essa - ha elaborato lungo i secoli i suoi specifici riti, una sua simbologia e un suo linguaggio. Non è un caso se a Roma sorge l'altare della patria, così come non a caso nella prima guerra mondiale l'Italia veniva definita "irredenta". E le accuse di disfattismo lanciate a papa Benedetto XV quando definì quella guerra una "inutile strage", sono proprio il frutto della rabbia di chi vedeva all'improvviso sconfessata e messa a nudo la retorica della religione civile. Ma questa per me è poco più che mitologia. E invece di scandalizzarsi, sarebbe bene ragionare a fondo sulla questione».

Al giornalista che gli chiede “come definire allora un eroe”, il vescovo risponde: «Mi pare un'enfatizzazione retorica affermare che ogni vita onesta o ogni comportamento coraggioso sia di per sé stesso eroico, salvo poi celebrare tanto eroismo solo quando a morire è un ragazzo in divisa. Altrimenti non capisco perché non si senta in dovere di pronunciare le stesse parole e di organizzare funerali solenni per le migliaia di nostri cittadini che dopo un'intera vita "eroica" lasciano nella loro comunità un ricordo di onestà, senso del dovere, abnegazione. Aggiungo di più: ma lo stato ha solo eroi in divisa da commemorare solennemente?».

Proseguendo nella sua conversazione - all’interlocutore che gli fa notare come “in fondo ogni stato ha costruito lungo i secoli una sua retorica, come trama essenziale per la vita civile e politica … per affermare e corroborare i valori fondanti di una comunità sociale” - il presule aggiunge: «Certo, le società sono come un corpo e un corpo deve avere un'anima. Capisco benissimo che una simbologia profondamente interiorizzata può servire a tenere insieme una nazione, ma non so quanto ancora questo potrà durare. E soprattutto oggi dobbiamo avere il coraggio di chiederci cosa tenga insieme il popolo italiano, quali siano i valori profondi a cui ci affidiamo. Come ha ricordato recentemente anche il Papa, l'anima profonda di un popolo ha bisogno di formarsi su valori trascendenti. Oggi non li vedo, e non possono certo essere degli stereotipi a sostituirli. Ecco perché come pastori siamo chiamati anche a saper proporre un pensiero profetico, che abbia la forza necessaria a scardinare le ovvietà, che costringa ciascuno di noi a mettere in discussione quanto abbiamo passivamente assorbito. Il profeta, voglio ricordarlo, è colui che sa leggere più in profondità nelle cose e ha il coraggio di denunciare quanto c'è di ambiguo, di non vero, quanto risponde solo a interessi personali, a orgoglio, a vanagloria. I profeti sono quelli che mettono in chiaro la verità. E naturalmente la verità scotta».

A riguardo poi delle “cosiddette missioni di pace”, Mattiazzo precisa che «la parola "missione" mi è particolarmente cara; per me è fondata sul Vangelo. Il missionario del Vangelo è uno disarmato. Nella nostra Costituzione abbiamo ben scritto che la Repubblica ripudia la guerra. C'è uno spazio di azione profetica nel voler far avanzare quella intuizione, nel darle concretezza, ben conoscendo la complessità delle situazioni. In tutta coscienza penso che di fronte a noi abbiamo uno scenario in cui tante guerre sono il frutto avvelenato del caparbio rifiuto di riformare un sistema di governo internazionale ormai inadeguato».

Il pastore di Padova, forte della sua esperienza diplomatica, puntualizza poi che «il diritto internazionale esclude che un singolo stato o una coalizione possa farsi giustizia da solo attraverso la guerra. Così come, aggiungo io, è chiaro che non possono essere i membri del G8 ad arrogarsi il diritto di governare il mondo. Ecco perché è necessario esercitare la giusta pressione sulle istituzioni e sull'opinione pubblica per far evolvere la situazione e fare dell'Onu una reale autorità sovranazionale. L'attuale sistema è imperfetto, e non potrebbe essere altrimenti visto che i singoli stati avranno sempre e comunque dei loro interessi da difendere. Oppure non ci si spiega perché i potenti della terra non abbiano ritenuto opportuno intervenire oltre che in Afghanistan o in Iraq anche in Sudan, e in tanti altri scenari locali funestati da massacri e oppressi da regimi dittatoriali. Ma di questo la nostra stampa non parla, e l'opinione pubblica finisce suo malgrado per reagire in maniera puramente emotiva alle enormi questioni che sono in gioco».

Il direttore del settimanale diocesano di Padova rivela che “molte lettere giunte in questi giorni in redazione, si tratti della morte di Matteo Miotto come delle vicende politiche italiane, non si limitano a criticare le prese di posizione dei vescovi. Dopo aver detto la sua, chi scrive annuncia l'intenzione di non frequentare più la chiesa perché offeso come cristiano.”

«So che questo avviene – risponde il presule - e la prima cosa su cui dobbiamo riflettere è che evidentemente siamo di fronte a una fede molto imperfetta, soprattutto quando fatichiamo a comprendere la necessaria mediazione che va trovata tra le verità fondamentali della fede e la loro applicazione alla singola problematica concreta. C'è poi un secondo aspetto ed è quello che definirei come la "religione del soggettivo". Si basa sull'idea, in gran voga peraltro in ogni ambito della società contemporanea, secondo cui gli altri devono necessariamente corrispondere al nostro sentimento o alle nostre idee. Se lungo questa strada prescindiamo da quel che oggettivamente la fede cristiana è nella sua essenza, ecco che ogni presa di posizione rischia di alimentare abbandoni. Dal mio punto di vista, invece di andarsene sarebbe bene chiedere perché un pastore si è espresso in un certo modo, a partire da quali verità di fede e da quale riflessione teologica. La nostra fede domanda anche spirito critico. Aggiungo che la Chiesa intende essere vicina a tutti senza alcuna discriminazione e per questo manda sacerdoti per i militari, i carabinieri, la polizia, come negli ospedali e nelle carceri. Ma ha"uno sguardo universale e di preferenza per i più deboli e i più poveri, per quelli che non hanno voce».


 

In città - La Cernusco Verde e l’Assessore allo Sviluppo Sostenibile, Emanuele Vendramini, hanno rivolto ai Cernuschesi l’appello a “differenziare meglio la frazione umida dei rifiuti o l’impianto di compostaggio di Cologno Monzese non ci permetterà più di smaltirla”. Questo perché la struttura citata ha adottato nuovi e più sofisticati standard di qualità dei rifiuti organici destinati al compostaggio. “È necessario chiarire - ha ricordato l’Assessore Vendramini - che il danno del mancato rispetto di queste norme non è solo di Cernusco Verde ma dell’intera comunità. Questa situazione provoca tra l’altro un aumento di costi che poi ricadono sulla tariffa di igiene ambientale e quindi ancora sui contribuenti.”

Segnaliamo che - terminati i lavori di riqualificazione all’area giochi tra via Mosè Bianchi e via Buonarroti e installati giochi nuovi nell’area compresa nella scuola materna di via Buonarroti - dal 1 febbraio cominceranno i lavori di manutenzione del ponte di via IV Novembre.

Rispondendo alle critiche mosse ai criteri di assegnazione delle case comunali – presenza nelle graduatorie di inquilini morosi con precedenza nell’assegnazione degli alloggi, rispetto alle altre persone – l’assessore Zecchini ha precisato che per iscriversi nelle graduatorie è necessario non superare una fascia economica calcolata secondo le regole fissate dalla Regione, essere residenti o svolgere attività lavorativa da almeno 5 anni in Regione Lombardia e non essere proprietari di un altro alloggio adatto alle esigenze del nucleo familiare sul territorio nazionale. I requisiti di accesso sono controllati all’atto della presentazione della domanda, all’atto dell’assegnazione e almeno ogni 2 anni.

Inoltre, il punteggio assegnato alle situazioni di sfratto per morosità è attribuito «solo se il canone che la famiglia o la persona richiedente dovrebbe pagare supera il limite del cosiddetto “canone sopportabile”, limite definito in base al reddito da parametri fissati dalla Regione.»

L’AVIS cittadina, domenica 30 gennaio, ha tenuto la sua assemblea ordinaria, nel corso della quale ha presentato il bilancio 2010 e ricordato il 55° di attività.


 

Festa della famiglia, domenica 30 gennaio – Quest’anno sono i piccoli a stare al centro delle tradizionali giornate previste tra gennaio e febbraio - Festa della famiglia, Giornata della vita, Giornata mondiale del malato e Giornata della solidarietà - riunite insieme dalla parola evangelica: “Lasciate che i piccoli vengano a me”.
Nella nostra comunità pastorale la Festa è stata innanzitutto celebrata attorno alla mensa eucaristica. Ogni omelia delle messe domenicali ha avuto al centro una riflessione su questa tema. Ai genitori è stato rivolto l’invito a parlare e a confrontarsi con i propri figli, che spesso la frenesia della vita porta a trascurare o a dedicare loro solo scampoli di tempo insieme.

Poi non sono mancati i momenti di convivialità proposti in ciascun oratorio cittadino e l’immancabile appuntamento con “la grande tombolata”.


 

Profondo cordoglio per la morte di Pinuccia Melzi - Grande partecipazione nella Comunità pastorale al lutto che ha colpito Carlo Velati e i suoi famigliari per la morte della moglie Pinuccia Melzi. Venerdì scorso la prepositurale era gremita per il suo funerale. Ha presieduto la liturgia funebre il prevosto, don Ettore Colombo, e con lui hanno concelebrato otto sacerdoti.

All’omelia, don Luigi Caldera - che nei quattordici anni di permanenza a Cernusco ha avuto in Pinuccia e Carlo due preziosi e carissimi collaboratori - ha innanzitutto ricordato ai presenti che si stava celebrando “non il passaggio dalla vita alla morte, ma dalla morte alla risurrezione di Pinuccia” e che, quindi, come ci hanno insegnato i cristiani dei primissimi secoli, anche “noi siamo qui oggi a celebrare la sua nascita al Cielo”

Raccogliendo l’invito della prima lettura - “Facciamo ora l’elogio di uomini illustri” – don Luigi ha parlato di Pinuccia come di una “persona illustre nella sua normalità: preghiera, cura della famiglia, impegno nella comunità cristiana, anche con incarichi gravosi.” A questo proposito, ha ricordato che “alla domenica sera si univa quasi sempre al marito per raccogliere le sedie e per chiudere la chiesa e i tanti anni trascorsi a Bolbeno a gestire la residenza parrocchiale, con un’attenzione per tutti, ma in particolare per i bambini e gli anziani.”

Per don Caldera, Pinuccia è stata “un sigillo di fedeltà” e ha saputo “costruire la casa”, tanto è vero che “oggi siamo qui in moltissimi perché ognuno di noi ha un motivo speciale per ringraziarla”.

“Addio Pinuccia – è stato il saluto finale di don Luigi - cioè ti affidiamo a Dio, certi che adesso parteciperai al suo banchetto celeste senza dover più preparare e servire nulla.”

Don Ettore ha invece ricordato che, nei suo ultimi incontri con lei, Pinuccia ripeteva: “Sono nella mani del Signore”. Per lei e per noi, ha quindi aggiunto il prevosto, risuonano le parole di Gesù, appena lette nel Vangelo: “Non temere, solo abbi fede!” Da Pinuccia, una bella lezione di fede e di vita per tutti noi.


 

Verso la giornata nazionale per la vita – Domenica 6 febbraio si celebra la 33^ Giornata nazionale per la vita sul tema “Educare alla pienezza della vita”. Segnaliamo che sul numero di gennaio di “NOI Genitori & figli” (supplemento ad Avvenire del 30/01/2011) un ampio servizio racconta “Una giornata con le operatrici del Centro di Aiuto alla Vita di Cernusco sul Naviglio: siamo testimoni delle più grandi ingiustizie della società, ma ogni bimbo che nasce è una vittoria.”

 

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 31 gennaio 2011

 

Sito continuativamente attivo dal 1 gennaio '01  -  Best View:  800x600 - IE 6