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HOME > La Nota della Settimana > N° 4/2012

CI SONO PAROLE ANTICHE, PILASTRI E FONDAMENTI,
A CUI BISOGNA SEMPRE RITORNARE

 

Molto ricca, come sempre, di spunti di riflessione la prolusione che il cardinale Angelo Bagnasco ha tenuto, lo scorso 23 gennaio, in apertura del consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana, di cui è presidente. Quotidiani e telegiornali hanno però concentrato la loro attenzione quasi esclusivamente sull’apprezzamento per il lavoro che sta facendo il governo Monti, sulla condanna dell’evasione fiscale e sul richiamo alla questione ICI. Ma nell’intervento del cardinale Bagnasco c’è stato molto di più!

Una relazione di ampio respiro(testo completo su www.chiesacattolica.it; cliccare poi su Presidente e quindi su prolusione) che ha offerto importanti chiavi di lettura e autorevoli indicazioni su diversi temi, tra cui capitalismo, politica, evasione, giovani, lavoro e famiglia. Indicazioni che hanno però bisogno, per essere realizzate, di un deciso cambio di rotta dei partiti, chiamati a farsi carico del bene comune, prima che degli interessi elettorali. Oltre che di un diverso atteggiamento dei governanti europei, disponibili a superare l’egoismo nazionalistico, per trovare soluzioni condivise ai problemi che tutti insieme ci troviamo ad affrontare.

Ma c’è un chiaro punto di partenza nella prolusione, indicato in apertura e poi ripetutamente richiamato quasi a cucire in maniera esplicita tra loro i diversi argomenti di riflessione: la grande questione della fede, avvertita come crisi di fede, che diventa crisi di valori, della famiglia, del senso del bene comune e della giustizia.

 

Crisi di fede - «A ben vedere – ha sostenuto il cardinale Bagnasco - in ogni momento della storia la comunità cristiana è sospinta ad un “cristianesimo di conversione”, consapevole che nel cuore tutti dobbiamo pur sempre “ricominciare” se non vogliamo che la fede diventi realtà scontata e stanca, più confidente nelle forme dell’efficienza e nelle strutture piuttosto che nella continua conversione a Cristo Signore. In questa prospettiva, accogliamo anche noi le salutari parole che Benedetto XVI ha pronunciato in Germania:  “Ma – si è chiesto il Papa – dietro le strutture, vi si trova anche la relativa forza spirituale, la forza nella fede nel Dio vivente?” (Discorso al Comitato centrale dei Cattolici tedeschi, 24 settembre 2011). O per caso c’è “un’eccedenza delle strutture rispetto allo Spirito”? E aggiungeva: “La vera crisi della Chiesa nel mondo occidentale è una crisi di fede. Se non arriveremo ad un vero rinnovamento nella fede, tutta la riforma strutturale resterà inefficace”. In altre parole, si possono fare tante cose per la Chiesa, e si può impiegare in essa anche molto del proprio tempo o delle proprie risorse, ma “ci vuole di più”, ci vuole “il cuore aperto, che si lascia toccare dall’amore di Cristo”.»

Dopo aver ringraziato il Papa, per aver indetto, a partire dal prossimo ottobre, l’anno della fede, Bagnasco ha aggiunto che «la quaestio fidei è la sfida pastorale che riguarda anzitutto la Chiesa intera: come “far rinascere in se stessi e negli altri la nostalgia di Dio e la gioia di viverlo e testimoniarlo? A partire dalla domanda sempre molto personale: perché credo?” Rispetto ai tanti problemi che assillano le nostra pastorale, a partire dalle vocazioni, in molti si chiedono: “Che cosa, dunque, dobbiamo fare? Esistono infinite discussioni sul da farsi perché si abbia un’inversione di tendenza. E certamente occorre fare tante cose. Ma il fare da solo non risolve il problema. Il nocciolo della crisi della Chiesa in Europa è la crisi della fede. Se ad essa non troviamo risposta, se la fede non riprende vitalità, diventando una profonda convinzione ed una forza reale grazie all’incontro con Gesù Cristo, tutte le altre riforme rimarranno inefficaci” (Benedetto XVI, Discorso alla Curia romana, 22 dicembre 2011). Sembra esistere qua e là una strana reticenza a dire Gesù, una sorta di stanchezza, uno scetticismo talora contagioso. Al contrario, ed è il Papa stesso a ricordarcelo, c’è l’entusiasmo riscontrabile nei giovani e nei giovani Continenti, a partire dall’Africa.»

Il Presidente della Cei ha invitato a saper cogliere anche i segnali incoraggiati che giungono da diverse parti. Per esempio, «se si imparerà a stimare quanto conviene lo scambio culturale tra gli immigrati e gli autoctoni, come tra gli studenti internazionali e i coetanei che incontrano nei Paesi e nelle università in cui transitano, quasi a formare “laboratori di umanità” in grado di fronteggiare ideologie prepotenti o anche surrettiziamente deboli; se si vorranno potenziare le testimonianze e i testimoni che, fin dalle origini, la comunità cristiana ha avuto grazie a persone che, toccate dalla grazia, sono diventate dei campioni di fede vissuta; se tutto questo verrà tentato, ad integrazione organica e supporto intelligente per la pastorale ordinaria, allora davvero si apriranno sentieri nuovi per il Vangelo.»

La crisi economica – Bagnasco ha quindi affrontato il tema della “crisi economica” in corso da quattro anni e che, a suo avviso, è da collegare “ad altri fenomeni contestuali come la mondializzazione dei processi, le migrazioni, le mutazioni demografiche nei Paesi ricchi, l’offuscamento delle identità nazionali, il nomadismo affettivo e sessuale”. Ha così parlato di “capitalismo sfrenato” che invece di risolverli “crea i problemi”; di realtà che ha definito “coaguli sovrannazionali”, “talmente potenti e senza scrupoli, tali da rendere la politica sempre più debole e sottomessa”.
Evadere le tasse è peccato. Con riguardo alla crisi nel nostro Paese, il cardinale ha sottolineato che “l’Italia appare particolarmente in angustia a motivo di sanzioni e bocciature che possono apparire un declassamento, agli occhi del mondo”. “E tuttavia – ha proseguito – un esame di coscienza, rigoroso e spassionato, s’impone, per scongiurare il rischio di un autolesionismo spesso in agguato”. Tra i motivi di queste difficoltà, Bagnasco ha citato “anzitutto l’incapacità provata di pervenire nei tempi normali a riforme effettive, spesso solo annunciate; e quindi l’incapacità, con questo sistema politico, di pervenire in modo sollecito a decisioni difficili allorché queste si impongono”. Il presule ha poi affermato che occorre “cooperare attivamente con il governo a riequilibrare l’assetto della spesa in termini di equità reale, e metter mano al comparto delle entrate attraverso un’azione di contrasto seria, efficace, inesorabile alle zone di evasione impunita, e ai cumuli di cariche e di prebende”. Per quanto riguarda la Chiesa, ha poi detto che “non può e non deve coprire auto-esenzioni improprie. Evadere le tasse è peccato. Per un soggetto religioso questo è addirittura motivo di scandalo”.
La ricchezza del “sociale” e la questione Ici. Nella seconda parte della prolusione, il cardinale ha poi toccato vari temi tra cui le riforme messe in campo dal governo per “salvare l’Italia”, la malavita organizzata che dal Sud “si sta spingendo verso le città del Nord”, la “tendenza eutanasica che ammorba la civiltà europea”, la diffusione del gioco d’azzardo e ha richiamato la vasta platea di operatori attivi nel “sociale” (420 mila in oltre 14 mila servizi d’ispirazione cristiana).

Sul tema dell’Ici ha detto che “la Chiesa non chiede trattamenti particolari, ma semplicemente di aver applicate a sé, per gli immobili utilizzati per servizi, le norme che regolano il no profit”. Sull’impegno politico dei cattolici ha richiamato il ruolo di “Retinopera”, del “Progetto culturale”, mentre sulla famiglia ha parlato dell’imminente Incontro mondiale previsto a Milano in maggio. Ha poi concluso ricordando “i gravi soprusi patiti da tanti fratelli di fede” in Nigeria, i missionari e catechisti uccisi in vari Paesi del mondo.

 

Partire dalle parole antiche, pilastri e i fondamenti su cui bisogna sempre ritornare - «La questione di fondo (trattata nella relazione di Bagnasco) – ha commentato l’Agenzia Sir - è espressa con un auspicio: “Desidereremmo chiedere alla classe intellettuale del nostro Paese di voler accettare un libero confronto su simili istanze”, cioè le questioni di sostanza, a proposito del “vero bene umano”. È arduo, è difficile, perché ovviamente nella crisi il primo riflesso è irrigidirsi, e anche scommettere di lucrare sul conflitto. Tuttavia, c’è bisogno proprio di puntare all’essenziale. Ecco, allora, le parole antiche, che sono poi i pilastri e i fondamenti, da cui bisogna partire e su cui bisogna sempre ritornare: vita e famiglia, lavoro e partecipazione, libertà e relazione, politica e rappresentanza. Ecco l’invito a riprendere il filo di un ragionamento condiviso e comune su questi grandi temi, senza preclusioni, senza pregiudizi polemici e inutili, senza contrapposizioni che portano solo ad esasperare il clima. Ci sono dei rischi sistemici gravi. Per questo, invita a ragionare sulle reti della globalizzazione, le tecnostrutture, i poteri globali che tendono “a ridurre l’uomo in solitudine perché sia meglio manipolabile”, una “tecnocrazia transnazionale anonima che rischia di prevalere sulle forme della democrazia fino a qui conosciute”. Insomma, siamo sul crinale. E la Chiesa vuole fare il suo mestiere: la Chiesa e i cattolici sono disponibili, al di là delle fuorvianti questioni sul partito. Comincerà l’anno della fede, voluto dal Papa, poi ci sono le iniziative – da Todi, al Progetto culturale, a Retinopera – per portare “un pensiero forte e originale, cioè non conformista” nel dibattito pubblico. Perché uno dei maggiori contributi in questa stagione di crisi, da un lato, è la fiducia, dall’altro, sono i fondamenti, la capacità di orientarsi, che comincia dall’interno della persona. La crisi dell’Europa, ripete il Papa, è prima di tutto una crisi della fede. E questo ateismo pratico produce stallo. Siamo sul crinale, certo, ma lavorando, lavorando molto e bene, ci sono le risorse per raddrizzare, recuperare, migliorare, aggiustare, rinnovare, risanare e così crescere davvero.»

 

Maggiore attenzione alla famiglia e al suo ruolo - «Prolusione importante – ha commentato Fabio Zavattaro sul sito dell’Azione Cattolica Italiana - che mette in primo piano la sfida cui non può sottrarsi la politica e, dall’altro, il Paese stesso, che deve rispondere cercando di scorgere “tutto il positivo che potenzialmente può annidarsi anche all’interno di una situazione ingrata”. C’è da recuperare una maggiore attenzione alla famiglia e al suo ruolo di “stabilizzatore e moltiplicatore di politiche legate alla vita delle comunità”. C’è bisogno di un rinnovato impegno per ridare fiducia, mettendo in circolo le “enormi ricchezze umane inespresse”. Per il presidente Bagnasco siamo entrati “in una fase inedita della vicenda umana” e il capitalismo sfrenato “sembra ormai dare il meglio di sé non nel risolvere i problemi, ma nel crearli, dissolvendo il proprio storico legame con il lavoro, il lavoro stabile, e preferendo ad esso il lavoro-campeggio”. Ecco perché, al di là di ogni ventata antipolitica, la politica deve ritrovare il suo ruolo: essa è “assolutamente necessaria, e deve mettersi in grado di regolare la finanza perché sia a servizio del bene generale e non della speculazione”. Oggi c’è da salvare l’Italia e una compagine governativa esterna alla politica è chiamata a sbrogliare una “matassa nel frattempo diventata troppo ingarbugliata”. Il nuovo governo è un “esecutivo di buona volontà, autonomo non dalla politica ma dalle complicazioni ed esasperazioni di essa, e con l’impegno primario e caratterizzante di affrontare i nodi più allarmanti di una delicata, complessa contingenza”. Ma i partiti devono fare la loro parte “in ordine a riforme rinviate per troppo tempo, tanto da trovarsi ora in una condizione di emergenza. Non devono fare gli spettatori, ma devono attivarsi con l’obiettivo anche di riscattarsi, preoccupati veramente solo del bene comune”.»

 

Sui temi affrontati dal cardinale Bagnasco nella sua prolusione sarebbe quanto mai necessaria una seria riflessione da parte di ciascuno.  

 

 

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

 

Cernusco sul Naviglio, 30 gennaio 2012

 

 

 

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