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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 47°/2008

Per Eluana, speranza e preghiera

 

In questi giorni i temi dell’attualità cittadina (lettera sulla “Corruzione al Comune di Cernusco sul Naviglio”, insoddisfazione che comincia a circolare sulle lentezze della “macchina” comunale, disagi provocati dalle intense piogge, presentazione del libro “Angelo degli altri”, serata all’Agorà dell’associazione Arcoiris, avvio degli incontri sul Piano di Governo del Territorio …) cedono il passo, giustamente, alla vicenda di Eluana Englaro, dopo che, giovedì scorso, è stato reso noto il responso definitivo delle sezioni unite civili della Corte di Cassazione, che hanno dichiarato inammissibile per “difetto di legittimazione” il ricorso della Procura di Milano e autorizzato così la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione della giovane donna in stato vegetativo persistente da quasi 17 anni.
Una vicenda di cui ci siamo già occupati in precedenza (con la Nota del 12 luglio 2008) e che ora nuovamente affrontiamo perché il rispetto della vita umana, in ogni sua fase, è un tema che non può lasciarci indifferente. Lo facciamo consapevoli del rispetto che dobbiamo ai famigliari, alla loro sofferenza, e a quanti non la pensano come noi, ma anche con la convinzione che non possiamo tacere davanti ad una scelta che consideriamo profondamente ed intimamente sbagliata.

Tanti sono i commenti, su questo dramma umano, di vescovi, teologi, filosofi, giudici, costituzionalisti, medici e di molti altri autorevoli esponenti della Chiesa e della società civile. Raccogliamo alcune di questi interventi, offrendoli alla comune riflessione.

 

C’è, innanzitutto, una luminosa testimonianza che in questi giorni dovrebbe toccare il cuore di tutti noi, ed è quella delle suore che assistono Eluana. “L’amore e la dedizione per Eluana e per tutti coloro che si affidano alle nostre cure ci portano ad invocare il Signore Gesù affinché la speranza prevalga anche in questa ora difficile, in cui sperare sembra impossibile”. È quanto scrivono, in una nota diffusa venerdì scorso, le suore della clinica “Beato Luigi Talamoni” di Lecco dove Eluana Englaro è ricoverata in stato vegetativo. All’indomani della sentenza della Corte di Cassazione, le suore affermano: “La nostra speranza - e di tanti con noi - è che non si procuri la morte per fame e sete a Eluana e a chi è nelle sue condizioni”. Per questo, “ancora una volta, affermiamo la nostra disponibilità a continuare a servire, oggi e in futuro, Eluana. Se c’è chi la considera morta, lasci che Eluana rimanga con noi che la sentiamo viva. Non chiediamo nulla in cambio, se non il silenzio e la libertà di amare e donarci a chi è debole, piccolo e povero.”

Le suore sono state sinora le uniche persone che in così poche parole hanno detto tutto; molti altri - e noi stessi - abbiamo bisogno di lunghi discorsi e di infiniti ragionamenti per giustificare le nostre posizioni, quelle suore, invece, vivono ciò che dicono: per questo parlano poco e agiscono tanto.

 

Il nostro Arcivescovo, profondamente colpito dalla testimonianza di queste suore, ha loro indirizzato una lunga e commovente lettera.  “Ho pensato spesso a voi, ai vostri sentimenti, alla vostra trepidazione, al vostro servizio quotidiano e soprattutto alle vostre preghiere. Lo sanno tutti che per voi Eluana non è un ‘caso’, ma una persona, una giovane donna che, con la collaborazione del personale sanitario della vostra Clinica Beato Luigi Talamoni, accudite da anni senza clamori, con competenza e gratuito amore. Una donna ferita nel corpo e nella mente, una donna il cui stato di coscienza resta per noi un mistero, ma che è e rimane nella pienezza della sua inviolabile dignità di persona. Avete accolto Eluana nella vostra casa ed è entrata nella vostra vita, ricevendo e donando amore ...

Sino all’ultimo momento ho sperato e pregato che fosse rispettata la vita e la dignità personale di questa giovane donna. Anche ora che la drammatica vicenda della sua esistenza terrena sembra irrimediabilmente consegnata ad una conclusione irragionevole e violenta, rivolgo – sperando contro ogni speranza - la mia supplica a Dio, Signore della vita. A lui chiedo che, secondo i disegni della sua misericordia onnipotente, non lasci mancare un’estrema opportunità di ripensamento a quanti si stanno assumendo la gravissima responsabilità di procurarle la morte, privando dell’acqua e del nutrimento questa Sua amata creatura.

La vita umana rimane sempre, in qualunque condizione fisica e morale – ammonisce l’arcivescovo di Milano - il bene fondamentale, prezioso e indisponibile che Dio consegna a ciascuno di noi e del quale noi tutti siamo custodi e servitori responsabili, non padroni”.

Tettamanzi addita le religiose come “esempio di dedizione e di amore” che “resta - al di là delle facili e continue dichiarazioni di principio - un segno preciso e chiaro nel nostro contesto sociale e culturale, così spesso confuso e condizionato da orientamenti non rispettosi, anzi ostili, alla vita umana”.

In conclusione, l’augurio che l’impegno delle suore Misericordine “sia sostenuto e consolato da una speranza certa: il Signore da sempre abbraccia e immerge nella sua luce di verità e di salvezza la vita di Eluana e delle tante persone che si trovano in condizioni simili. Una luce che le tenebre dell’ingiustizia e della presunzione umana non possono oscurare né sopraffare. Una luce che continua a splendere e ad offrirsi a tutti, anche a coloro che ancora non la accolgono”.

 

La presidenza della Conferenza Episcopale Italiana ha espresso la sua partecipazione “con delicato rispetto e profonda compassione alla dolorosa vicenda” di Eluana e ha richiamato “alla loro responsabilità morale quanti si stanno adoperando per porre termine alla sua esistenza.” Ma, al contempo, ha detto che è “urgente riflettere sulla convenienza di una legge sulla fine della vita, dai contenuti inequivocabili nella salvaguardia della vita stessa, da elaborare con il più ampio consenso possibile da parte di tutti gli uomini di buona volontà.”

 

In una nota, il SIR (agenzia dei settimanali cattolici, promossa dalla CEI), ha affermato che «Quando, in materia di vita, si ricorre al legislatore, significa che è venuto meno il consenso morale su alcuni punti, proprio come quello del rispetto incondizionato alla persona. Significa che, purtroppo, si è offuscato il valore fondamentale che la vita va ragionevolmente sostenuta, al di là delle condizioni, nelle quali verte.
“Ragionevolmente sostenuta” significa cercare con fatica l’equilibrio tra due eccessi opposti: il vitalismo, cioè il tenere in vita a tutti i costi, e l’eutanasia, il porre fine ad un’esistenza. Significa accettare – di questo pochi ne parlano – che gli enormi progressi nella medicina permettono di assistere per anni persone, che in passato sarebbero diversamente morte o che non si sarebbe potuto assisterle senza sofferenze. Naturalmente l’assistenza non è l’accanimento terapeutico: è prendersi in carico i pazienti con i mezzi oggi a disposizione: idratazione, alimentazione, ventilazione, fisioterapia, cura del corpo, attività di comunicazione.
Ora, se la scienza ha tanto progredito, non altrettanto ha fatto la coscienza morale; così l’uomo è estremamente tecnico e poco filosofo: molto incline a fare e poco a contemplare.
Eppure, davanti a un paziente in rianimazione non deve venire meno lo sguardo che vede in lui un fratello e una sorella da onorare con i mezzi oggi a disposizione, anche se colpiscono per la loro apparente invadenza. Ma anche quegli strumenti sono una testimonianza di onore per la persona: essa viene assistita con il meglio a disposizione. Sempre superabile, ma il meglio a disposizione.
Se viene meno lo sguardo contemplativo, la persona perde il suo significato di valore in sé e, quindi, di indisponibilità e si finisce per affermare che ha valore per qualcosa d’altro. Un uomo e una donna nel pieno della loro attività sarebbero, allora, un valore per le attività che svolgono e, anche, per la famiglia; ma una volta invecchiati o resi improvvisamente invalidi, per chi avrebbero ancora valore? Se viene meno lo sguardo contemplativo, non si comprende più la finalità stessa dell’esistenza, non si capisce più il valore spirituale e trascendente della vita. Si abbassa la meta: si vivrebbe per fare esperienze: relazioni, attività, viaggi, piacere, realizzazioni. Se una persona non può provare queste cose, che cosa vive a fare?
Questa mentalità, che non è di un giorno, ha piegato la verità delle cose e ha fatto a dire a molti autentiche menzogne: l’alimentazione, l’idratazione, la ventilazione sarebbero terapie o cure. Considerate così, non svolgerebbero il loro compito perché il paziente non guarisce; e, allora, se non funzionano è giusto che siano sospese. Come nel caso del fallimento di una qualsiasi medicina.
No! Sono atti dovuti non solo ai malati, ma a tutti i cittadini, secondo una solidarietà umana globale, che non distingue le persone né per razza, né per condizione di salute. Per questo motivo, la loro sospensione ha solo un nome: eutanasia.
La decisione dei giudici su Eluana è come la conferma di una deriva morale ma, purtroppo, ora è anche la sanzione della sua cittadinanza nel nostro Paese. Si vedono facilmente gli orrori delle sue future applicazioni.
La via d’uscita è, forse, quella di riappropriarsi dello “scandalo” del soffrire e della malattia; sì, in una società dove il benessere esercita un potere così forte da distinguere tra quale vita merita di essere vissuta e quale no, occorre impegnarsi per una svolta culturale, che, per esempio, apprezzando i progressi della tecnica, applicata in campo medico, li consideri come utili strumenti al servizio dell’uomo nella sua dimensione fisica e spirituale.
Ci vorrà tempo. Allora, è urgente che il Parlamento giunga ad una legge che, salvaguardando la vita delle persone in situazioni delicate, escluda che chiunque possa morire per fame o per sete.»

 

Vale la pena sottolineare che anche la sentenza della Corte di Cassazione è problematica, dal momento che, appellandosi alla volontà espressa da Eluana prima dell’incidente, si basa non su prove più che accertate, ma semplicemente su supposizioni. Su Avvenire del 14 novembre scorso Francesco D'Agostino scriveva: "Continueremo a sentirci ripetere che con questa sentenza si è reso omaggio alla volontà di Eluana". Ma chi può realmente conoscere l'attuale volontà di Eluana davanti alla sua condizione? E sempre D'Agostino aggiungeva: "A parte il fatto che la Cassazione ha ritenuto accettabili, per fornire la prova di tale volontà, testimonianze e indicazioni sullo stile di vita della povera ragazza che sarebbero ritenute risibili ove si dovesse accertare una volontà testimoniaria di tipo patrimoniale (ma la vita non conta più del denaro?), si deve instancabilmente ribadire che l'autodeterminazione non può avere rilievo quando si concretizza per una scelta irreversibile come quella della morte. E' la vita, infatti, e non la morte l'orizzonte entro il quale si colloca il diritto.»

 

La vicenda di Eluana invita tutti a riflettere sul significato della sofferenza, sul dovere, per i credenti, della testimonianza per promuovere e tutelare la vita umana, in ogni sua fase – principio condivisibile anche da chi cattolico non è – sull’impegno a confrontarsi sulle nuove questioni che il progresso scientifico crea. Senza però dimenticare che prima di tutto i credenti sono invitati alla preghiera.

“Perché - come ha ricordato il presidente nazionale dell’Azione Cattolica - per noi è il modo più importante di ribadire il valore della vita. Ed è anche un modo per evitare chiacchere vane e per andare all’essenziale. (Cioè ricordarci che) la vita ci è stata donata: allora prima di tutto noi la rimettiamo nelle mani di Dio.”

 

A questo sito, in più di un’occasione e anche recentemente, sono stati inviati interventi sul senso della vita che non condividiamo, ma la redazione ha deciso di pubblicarli ugualmente, quando non sono offensivi nei riguardi degli altri.

Una scelta che ci trova d’accordo perché riteniamo importante mantenere vivo il dialogo sereno, franco e sincero anche con chi non la pensa come noi: potrebbe essere fecondo più di quanto noi non osiamo pensare e sperare … e potrebbe invitare a una firma per la vita di Eluana, non per la sua morte.

Buona settimana!   

Carlo & Amborgio

 

 

Cernusco sul Naviglio, 17 novembre 2008

 

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