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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 46/2010

DA 25 ANNI CERNUSCO È CITTÀ, MA CON QUALE ORIZZONTE FUTURO DI COMUNITÀ?

 

Due notizie, apparentemente diverse, ci possono aiutare a riflettere sulla città, intesa come comunità di persone.

La prima. In una lettera, pubblicata su un settimanale locale, a firma di un gruppo di “genitori scontenti”, a proposito della Scuola Suor Sorre (dopo la seduta del consiglio comunale aperto, tenutasi lo scorso 10 dicembre, di cui abbiamo già riferito nella nostra Nota precedente), si legge: “Ma la Sorre, per quest’Amministrazione, resta una risorsa per i cittadini. Vorremmo fare presente al sindaco che la città è cambiata, non ci sono più solo i cernuschesi doc. Ci sono nuove famiglie per le quali il valore storico della Sorre non ha forse tutta questa importanza e hanno il diritto di avere un posto per il figlio in una scuola pubblica laica.” La lettera poi prosegue chiedendo al Comune di ridurre drasticamente il contributo per gli anni 2012 e 2013 e poi, scaduta la convenzione in corso, di non erogarlo più.

La seconda. Si tratta di un anniversario passato sotto silenzio in questo mese: il 13 novembre 1985 un decreto del Presidente della Repubblica attribuiva a Cernusco il titolo di città. Venticinque anni fa, quindi, la nostra comunità civile idealmente faceva un salto, vedendosi attribuito un titolo essenzialmente onorifico, conferito ai comuni insigni per ricordi, monumenti storici e per l'attuale importanza.

Da una parte abbiamo chi sostiene che la città è cambiata, ma non aggiunge che probabilmente la scelta di venire ad abitare a Cernusco è maturata in forza di alcuni suoi tratti i distintivi rispetto agli altri comuni limitrofi. Dall’altra abbiamo un pubblico riconoscimento dell’importanza che il nostro Comune ha acquisito negli anni, almeno per coloro che abitano in Martesana.

Ogni Cernuschese potrebbe elencare alcuni specifici tratti distintivi della nostra città, che si sono andati consolidando nel tempo, anche grazie all’efficace azione svolta dalle istituzioni educative cittadine, a partire da quello che una volta era chiamato “asilo delle suore Marcelline”, a cui si accompagnava una fitta rete di relazioni umane che dal “Collegio” - come si era soliti dire, ma sarebbero meglio precisare dalle religiose - si allargava alle mamme e, più in generale, a tutte le donne del paese.


 

Enzo Bianchi, priore della comunità ecumenica di Bose, ha scritto che «la comunità – da quella più ristretta di una condivisione totale di vita, a quella famigliare, a quella a dimensione nazionale, fino alla grande comunità umana costituita dall’intera umanità – è l’insieme di persone unite non tanto da un possesso, da una proprietà, da un di più, ma da un di meno, da un debito che ciascuno vive verso gli altri. Ora, questo debito, che è anche sempre un dono, non è un debito di qualcosa innanzitutto, bensì un debito che comporta un dare se stessi. Se si vuole comprendere in profondità che cos’è e come si origina una comunità, occorre essere consapevoli che in primo luogo occorre dare la propria presenza agli altri, fino a dare loro la propria vita. Detto altrimenti: se una comunità non vuole incorrere in derive patologiche - alle quali è esposta, essendo un corpo vivente, come ogni corpo individuale - deve porre come suo principio fondamentale un movimento in cui ciascuno si dispone a donare all’altro la propria presenza. »

Per Bianchi, «uno dei punti cruciali per capire da dove può nascere la comunità», è il riconoscere che «nasce da questa responsabilità dell’altro.»

Se non si sa riconoscere l’importanza «del donare la propria presenza ... nascono le patologie di ogni forma di vita comunitaria, a partire da quella famigliare: dove viene meno la disponibilità a dare la propria presenza, la dinamica comunitaria è incapace di fecondità, resta sterile e debole.
Per il priore di Bose, «nell’attuale contesto culturale, in cui si è perso il senso fisico della prossimità, a maggior ragione va smarrendosi anche la prossimità intesa come responsabilità, come responsabilità fino all’estremo, come “responsabilità della responsabilità altrui”. Oggi all’interno della cultura dominante si assiste invece al culto dell’io autarchico, vige una vera e propria egolatria, in cui tutti i desideri individuali diventano bisogni da soddisfare immediatamente, a ogni costo. In questa situazione si finisce per negare ogni convergenza sociale, si è incapaci di elaborare un progetto politico finalizzato al bene comune: vige la legge dell’ognuno i propri interessi. Dopo la fine di quelle ideologie che portavano con sé un carico di morte e di negazione di libertà, per la quale abbiamo giustamente esultato, che cosa abbiamo costruito? Non tanto e non solo la “società liquida”, ma una società segnata da concorrenza, da disgregazione, da opposizione, nella quale non siamo nemmeno più capaci di parlarci senza ricorrere ai toni della barbarie … »

A conclusione della sua riflessione, Bianchi sottolinea che «l’orizzonte della communitas è sempre aperto al futuro: ogni essere umano prima o poi se ne va, ma dopo di lui restano i figli, resta quella comunità costituita dalle nuove generazioni. Ecco perché pensare e costruire la comunità significa lavorare per la qualità della vita di chi verrà dopo di noi. E un giovane che comprende il suo essere debitore verso chi lo ha preceduto, sente a sua volta di avere una responsabilità nei confronti degli altri e del futuro collettivo della società e dell’umanità intera. Questa è una via attraverso cui è possibile scoprire e assumere l’etica, che è sempre un costruire insieme la communitas, in modo da vivere con gli altri nel rispetto, nella giustizia, nella collaborazione, nella solidarietà; in modo da godere insieme della pace e della vita piena, fino a poter sperare insieme.»

A questo orizzonte di comunità, ben descritto da Enzo Bianchi, siamo stati educati, a partire dai nostri genitori, in questa nostra città. Questo è il patrimonio di valori e di idee più importante che possiamo e dobbiamo trasmettere alle future generazioni.


 

Interrogazioni consiliari con polemica finale - Le interrogazioni dei consiglieri comunali al Sindaco sono state la parte più vivace e interessante della seduta del consiglio comunale dello scorso 15 novembre. Una seduta breve che ha ratificato alcune variazioni di bilancio e ha nominato un rappresentante della maggioranza nella commissione per il conferimento delle onorificenze civiche.

Diversi i temi affrontati dai consiglieri nelle loro interrogazioni. Le dimissioni di un dipendete dell’Ufficio Tecnico, secondo Ciro Angrisano (Lista Cassamagnaghi), sono state il segnale di un malcontento che serpeggerebbe ai piani alti di Villa Greppi, a cui si aggiungerebbe anche quello dei cittadini per le lungaggini nell’esaminare e definire le pratiche edilizie. Per il Sindaco, invece, le dimissioni sono la conseguenza della decisone del dipendente, a seguito di concorso, di ottenere una qualifica superiore in altro Comune. Sempre in tema di Ufficio Tecnico, Daniele Cassamagnaghi (Il Naviglio), ha giudicato “scandalosa la riduzione degli orari di ricevimento del pubblico e dei professionisti”, probabilmente dovuta alla fatto che “il dirigente di quest’area non tiene nel dovuto conto l’importanza del contatto con i cittadini”. Comincini ha giustificato le restrizioni d’orario con il lavoro che gli uffici hanno dovuto sostenere in questi mesi per la preparazione del PGT e ha assicurato che dopo la pubblicazione della sua delibera di approvazione, che dovrebbe avvenire forse entro fine anno, si tornerà ai vecchi orari.

La vice presidenza della Cernusco Verde, ricoperta dal segretario politico di Vivere Cernusco, è stata oggetto di un’interrogazione di Claudio Gargantini (indipendente), per altro già anticipata qualche settimana fa sulla stampa locale. Per l’ex consigliere di maggioranza, che non ha inteso entrare nel merito delle competenze e delle qualità della persona designata, la presenza di un esponente politico in un consiglio d’amministrazione di una società, seppure a partecipazione comunale, segnala “un’inopportuna invasione di campo dei partiti politici.” Il Primo cittadino, premesso che si tratta di una nomina di tre anni fa, non ha ravvisato motivi di incompatibilità nella decisone allora assunta.

Garagantini ha posto anche l’attenzione sul direttore generale della medesima società. Carica affidata ad un ex dirigente ora in pensione e non, come lui auspicherebbe, a un lavoratore dipendente in età lavorativa. L’assessore Vendramini ha risposto che la scelta è stata fatta dal socio unico sulla base di un bando e che comunque non utilizzerebbe l’età come criterio per la nomina.

La situazione del commercio locale è stata, invece, al centro dell’interrogazione di Gianluigi Frigerio (PDL), con la richiesta di notizie sulle iniziative che l’amministrazione comunale intende programmare per sostenere l’attività dei negozi in centro città e nelle zone periferiche. Il consigliere ha anche segnalato carenze nella segnaletica stradale, che rendono difficoltoso raggiungere i negozi del centro storico, e nelle norme che disciplinano l’uso dei parcheggi, con tempi di sosta troppo limitati. Il Sindaco ha riconosciuto che il commercio locale non è esente dalla crisi, stante la situazione economica generale, ma si mantiene vivo, come si può osservare in modo particolare al sabato girando per la città. Il potenziamento dei negozi locali, per Comincini, passerà attraverso la partecipazione a un bando regionale, che avrà però bisogno dell’apporto dei commercianti, perché “non può essere solo il Comune a metterci i soldi se poi i commercianti non sono disponibili a fare la loro parte.” Per l’assessore Zacchetti, nel commercio locale è importante “creare sistema, abbandonando la logica del singolo negozio”. È già operativo, su questo obiettivo, un apposito gruppo di lavoro e prossimamente dovrebbe essere implementata la sezione commercio del sito web comunale.

A chiusura delle interrogazioni c’è stato un risentito scambio di accuse tra il capogruppo del PDL, Giorgio Monti, e il presidente del consiglio comunale, Giorgio Perego. Il primo è intervenuto per “porre un’istanza al fine di dare soluzione al problema delle interrogazioni e dei tempi, perché anche stasera ci sono stati tempi molti ristretti per i singoli consiglieri, mentre per le risposte si sono succeduti più assessori oltre al Sindaco, con tempi quindi tripli o quadrupli a loro disposizione.”

Il presidente ha interrotto il capogruppo del PDL facendo presente che la questione posta doveva essere esaminata nell’ambito della conferenza dei capigruppo e “se permette i tempi li controllo io”.

“Certo - ha ribattuto Monti - i tempi li controlla lei ma io non posso non stigmatizzare … Lei non usa il buon senso, come nella seduta aperta del consiglio comunale in cui ha tolto la parola a un mio consigliere costringendo i miei consiglieri a uscire dall’aula perché non potevano esprimere le loro idee.”

“Non ho tolto la parola a nessuno – è stata la replica di Perego – ho solo fatto rispettare i tempi.”

In conclusione dello scambio polemico, Monti ha chiesto “di convocare la conferenza dei capigruppo per far venir meno questo ingiustizia continua” che si manifesta in “tempi non bilanciati”, che non consentono “all’opposizione di esprimere il suo parere.”

Il presidente, dopo aver ricordato di aver concesso in più occasioni sforamenti nei tempi, rispetto a quelli previsti dal regolamento del consiglio comunale, ha seccamente concluso: “Finché io sono presidente del consiglio comunale lo gestisco io, cercando di essere il più possibile aderente al regolamento.”

Ci si può solo augurare che in tutti ci sia la consapevolezza, in questi tempi in modo particolare, di impegnarsi per rafforzare le istituzioni e non per delegittimarle.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 22 novembre 2010

 

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