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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 44/2010

«GIUSTIZIA E LEGALITÀ
SCATURISCONO DALLA MORALITÀ»

 

AGLI UOMINI DI POTERE – Sul settimanale della Diocesi di Cremona - La Vita cattolica – abbiamo letto l’editoriale del numero in edicola in questi giorni, ispirato da brani tratti da alcuni libri della Bibbia. Lo pubblichiamo integralmente, senza necessità di aggiungere altre parole.

«Amate la giustizia voi che guidate le nazioni. Non sarete mai saggi se operate il male e se il vostro corpo è schiavo del peccato. Dio non lascia impunito chi bestemmia, perché conosce il suo cuore. Gli empi con le loro scelte e le loro parole attirano su di sé la morte perché se la meritano. Essi dicono: non lasciamoci sfuggire nessun divertimento, non perdiamo occasione per le nostre orge, perché questo è un nostro diritto. Opprimiamo pure i poveri, perché questo è in nostro potere. Chiudiamo la bocca a chi si oppone alle nostre azioni e ci rinfaccia le nostre trasgressioni.  Il Signore dice loro: se volete governare con saggezza, osservate i comandamenti. Non confidate nelle vostre ricchezze, non fidatevi di voi stessi e della vostra forza.  Non dite: nessuno può darmi ordini. Invece, convertitevi subito, senza tardare, perché anche per voi viene il giorno del giudizio; e in quel giorno le vostre ricchezze non serviranno a nulla. Non fate prepotenze contro le città e smettetela di dire menzogne. Non vendetevi per denaro e regali. Fate leggi che servano ai poveri e affrontate i problemi della salute. Il politico sregolato rovina il suo popolo. Non siate arroganti. Che voi siate principi, giudici, potenti, non serve: Dio non vi onora.  E non pensate che Dio non veda il male che compite: Egli tutto vede e tutto sa. Se non lo credete, siete insensati e pazzi.  Non andate dietro alle vostre smodate passioni; trattenetevi di fronte ai desideri immorali. Ogni volta che cedete a passioni e immoralità vi procurerete un sacco di nemici. Non fondate la vostra vita sui piaceri. Gli abusi e le donnacce fanno perdere il senno, specie poi se si tratta di donne di malaffare. Con tanti doni potrete corrompere gli uomini, ma Dio non lo potete corrompere. Egli spezzerà il potere di chi commette ingiustizia e renderà giustizia al popolo. A me non interessano i vostri regali e le vostre promesse: cambiate vita, fate il bene, cercate il diritto, soccorrete chi è in difficoltà, gli oppressi, gli orfani, le vedove. Giudicate con rettitudine e giustizia ogni giorno e liberate il derubato dalla mano di chi lo opprime. Non angariate e non opprimete gli immigrati. Non spargete sangue. Se non ascolterete queste parole, vi dichiaro che la vostra casa sarà distrutta. Sì! Così parla il Signore contro il potere dei potenti di questa terra.» (Dalla Bibbia, libera traduzione di Vincenzo Rini, direttore del settimanale “La Vita cattolica” della Diocesi di Cremona. I brani qui presentati sono tratti dai seguenti libri: Sapienza: 1,1.3.6.16; 2,7.9-11; Siracide: 1,23;5,1-2.5.7-8;7,7.12.18.32-33;10,3.7.25; 16,16.23;18,30-32;19.2;35,11.21.23 - Isaia: 1.15-17 - Geremia: 22,3.5-6)

 

PERCORSI DI LEGALITÀ, CONFERENZA DI UMBERTO AMBROSOLI - Nell’ambito dell’iniziativa “Percorsi di legalità” - promossa dal nostro Comune, sabato 6 novembre, alle ore 16,30 in sala consigliare, dopo l’inaugurazione della nuova via intitolata a Giorgio Ambrosoli (una traversa all’incrocio tra via Generale Dalla Chiesa e la via Falcone Borsellino) - Umberto Ambrosoli ha parlato della lotta alla corruzione e dell’impegno per la legalità nel nostro Paese.

Ricordiamo che Giorgio Ambrosoli fu nominato liquidatore della Banca Privata di Michele Sindona e fu assassinato nella notte tra il 10 e l’11 luglio 1979.

L’esempio del commissario liquidatore - raccontato dal figlio Umberto in un libro di recente pubblicazione (“Qualunque cosa succeda”, edizione Sironi) e nelle conferenze che sta tenendo in tutta Italia - ci può aiutare a ritrovare il meglio di noi stessi come individui non arresi all’indifferenza e come cittadini di uno Stato fondato sul “bene comune”.

Umberto Ambrosoli - dopo aver raccontato dell’impegno di suo padre, di quanto è successo dagli anni Ottanta in poi e della corruzione ancora esistente in Italia - ha detto che se la situazione in questi trent’anni non è sostanzialmente cambiata non ce la dobbiamo prendere soltanto con i parlamentari, perché anche gli elettori hanno le loro responsabilità se non fanno emergere che ciò che può determinare il loro voto sono le scelte dei candidati in tema di lotta alla corruzione e di tutela della legalità. Legalità, intesa per Ambrosoli, non solo come rispetto formale delle leggi ma anche del loro senso e del loro significato.

Ambrosoli ha invitato a non cedere al facile pessimismo perché “ci sono le possibilità per cambiare. Ora mi rendo conto che su queste tematiche c’è molta più attenzione e sensibilità di qualche anno fa e lo constato incontrando ogni settimana centinaia di persone nelle scuole, nelle parrocchie, in iniziative pubbliche.”

L’invito finale è stato ad avere fiducia, perché “la sensazione che nulla possa cambiare è sbagliata. Me lo insegnano ancora oggi mio padre con il suo impegno, con il suo senso di responsabilità, mia madre che ha condiviso tutte le sue scelte, le persone che hanno lavorato con lui e che hanno portato a termine quello che stava facendo come commissario liquidatore. Ricordiamoci che i momenti più belli della nostra vita sono quelli che dedichiamo agli altri per costruire un Paese di cui andare orgogliosi e da lasciare migliore ai nostri figli.”

Ripensando al tema dell’incontro con Umberto Ambrosoli, ci torna alla mente un documento della Commissione ecclesiale Giustizia e Pace dell’ottobre 1991, “Educare alla legalità”, che conserva tutta la sua attualità. «Il rispetto della legalità è chiamato ad essere non un semplice atto formale, ma un gesto personale che trova nell’ordine morale la sua anima e la sua giustificazione. Ciò spiega come la caduta del senso della legalità può avere radici diverse, che vanno dal modo di gestire il potere e di formulare le leggi al senso della solidarietà tra gli uomini e alla loro moralità. Così la responsabilità di eventuali cadute del senso di legalità è da attribuirsi non solo a coloro che ricoprono posti e funzioni nelle istituzioni pubbliche, ma anche a tutti i cittadini, sia pure con rilevanza diversa a seconda dei ruoli sociali che rivestono. La promozione e la difesa della giustizia è un compito di ogni cittadino, che, radicandosi nella coscienza e nella responsabilità personali, non può essere delegato ad alcuni soggetti istituzionalmente preposti a specifiche funzioni dello Stato … La legalità, intesa come rispetto e osservanza delle leggi, è una forma particolare della giustizia. E questa, a sua volta, nasce e fiorisce sul riconoscimento della dignità personale di ogni uomo, e quindi dei suoi diritti e dei suoi doveri, e sul riconoscimento dell’essenziale dimensione sociale della persona. Per questo la giustizia e la legalità, colte nelle loro radici profonde, scaturiscono dalla moralità e si configurano come amore - e per i credenti come carità o amore evangelico - verso ciascuna persona e verso la comunità.»

 

GIORNATA DIOCESANA CARITAS E MANDATO AGLI OPERATORI PASTORALI DELLA CARITAS CITTADINA – Alla vigilia della Giornata diocesana Caritas di domenica 7 novembre, si è tenuto a Milano un incontro sul tema “Volontariato e lotta alla povertà”. Nel 2010 la Caritas ambrosiana ha aderito alla campagna Zero Poverty lanciata dal network delle Caritas europee per sollecitare le istituzioni comunitarie a tradurre nei fatti la proclamazione del 2010 anno europeo di lotta alla povertà. Il 2011 sarà invece dedicato dalla Ue al volontariato. Un tema al centro dell’incontro è stato il rapporto tra il volontariato cattolico e la società civile. «In Italia abbiamo 6 milioni di volontari - ha sottolineato don Roberto Davanzo, direttore della Caritas Ambrosiana - di cui una grande parte di ispirazione cristiana, ma il nostro impatto sullo stile di vita dei cristiani e forse sulla stessa Chiesa è marginale, mentre la possibilità di influire sul sentire civile e sociale sembra accusare addirittura una battuta d’arresto. La paura per la sicurezza personale e sociale, soprattutto nella città, sembra vincere su tutti i buoni sentimenti di attenzione, compassione, condivisione e solidarietà. Dobbiamo reagire con un surplus di formazione e passione».
Un volontariato che si rapporta anche con le istituzioni politiche, ma che non può diventare un alibi. «Nel preparaci a questo anno dedicato al volontariato – ha detto don Davanzo - è bene sgomberare il campo subito da un equivoco. A volte abbiamo avuto l’impressione che le istituzioni scaricassero sul Terzo settore responsabilità e compiti che sono loro propri. È bene ricordare che il nostro spirito di collaborazione non può diventare il pretesto per un disimpegno da parte della politica su alcune questioni sociali, che proprio perché sono problemi di tutti, è nello spazio pubblico - rappresentato appunto dalla politica e dalla sua espressione, le istituzioni - che devono trovare una soluzione».

Nella nostra Comunità pastorale, domenica 7 novembre, durante la Messa delle ore 17,30 in chiesa prepositurale, è stato conferito il mandato a una quindicina di operatori della carità. Dario Gellera, diacono permanente della nostra Comunità pastorale e responsabile della Caritas cittadina, all’omelia, prendendo spunto dal brano di vangelo proposto per l’ultima domenica dell’anno liturgico, ha proposto, in modo semplice e diretto alcuni spunti di riflessione sulla carità. Senza nascondere o addolcire nulla, è andato diritto al cuore della proposta cristiana: ha ricordato, innanzitutto, che i cristiani non saranno giudicati in base alla loro partecipazione alla Messa ma sull’apertura delle loro porte e dei loro cuori, nella quotidianità, all’umanità ferita, indipendentemente dal suo credo politico o religioso; il loro giudizio attuale sulle situazioni di bisogno che incontrano sarà lo stesso che Dio userà nei loro confronti. Ha poi aggiunto che si possono anche fare tante cose buone (catechisti, coristi … ) ma non si può pensare che questi impegni siano alternativi all’accoglienza dei fratelli nel bisogno.

Per fugare i dubbi che a volte si hanno sui compiti della Caritas, Gellera ha precisato che non si tratta di un gruppo che ha la delega della carità. La carità è compito di ogni cristiano e nessuno la può delegare ad altri. Ha però aggiunto che ciò non toglie che ci si possa organizzare per avere le giuste competenze, per rispondere meglio alle richieste, per dare risposte immediate a chi ha bisogno di sostegno, ma tutto questo non può e non deve essere per gli altri una scusa per non interessarsene.

La Caritas, insomma, è un gruppo di persone che sprona tutta la comunità cristiana a prendersi cura di chi si trova in una situazione di difficoltà e ciascuno, nella propria condizione di vita, deve sentirsi interpellato da questo invito.

“Preghiamo – è stato l’invito finale di Gellera – perché la Chiesa nel suo amore all’ultimo esprima l’amore al suo Gesù, consapevoli che non è la Chiesa a salvare il povero, ma il povero a salvare la Chiesa.”

 

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 8 novembre 2010

 

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