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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 44°/2009

Dal “discorso di sant’Ambrogio”,
domande anche per la nostra città

La solennità di sant’Ambrogio, patrono di Milano, è l’occasione, per l’Arcivescovo della nostra diocesi, per rivolgere un discorso alla città, sempre molto atteso, perché presenta una lettera puntuale della realtà sociale e offre spunti interessanti di riflessione. Sebbene indirizzato ai milanesi e ai rappresentanti delle pubbliche istituzioni cittadine, il discorso (testo integrale su www.chiesadimilano.it) è un’occasione di approfondimento anche per tutti coloro che sono impegnati nella vita civile e sociale delle altre città e paesi.

Quest’anno il cardinale Dionigi Tettamanzi ha esortato Milano a tornare grande, con la sobrietà e la solidarietà. Ci sono alcune domande che l’arcivescovo ha posto ai milanesi, ma che tornano utili anche a noi cernuschesi.

Dopo aver espresso il suo amore e la sua gratitudine, accompagnata da un senso di responsabilità, per la città e i milanesi, si è chiesto: «sapremo anche noi arricchire l’eredità morale e spirituale da trasmettere a quanti verranno dopo di noi? Ma quale potrà essere il nostro modo, per conservare, anzi per arricchire la storia di questa città? Nessuno di noi pensa che per perpetuare nel futuro la grandezza di Milano sia sufficiente edificare qualche monumento, questa o quell’altra infrastruttura, abbellirla con qualche opera d’arte. Si tratta di interventi utili ma - sappiamo - da sempre sono gli abitanti la ricchezza più grande di una città. Mi chiedo ancora: noi stiamo portando il nostro contributo per rendere grande Milano?»

Tettamanzi non ha dubbi nel riconoscere che «È la pratica straordinaria della solidarietà che ha reso grande nei secoli Milano. Ed è sulla solidarietà che dobbiamo misurare ancora oggi l’autenticità della grandezza della nostra città. Spesso la solidarietà riceve un’interpretazione semplicistica: emotivo-sentimentale nell’ambito personale, benefico-assistenziale in quello sociale. Ma la solidarietà esige di essere riscattata da queste visioni parziali, affermandone il ruolo tipicamente sociale e politico. Essa, infatti, persegue il bene non solo individuale ma anche e specificamente comune, è del tutto inscindibile dalla giustizia e include, pertanto, la presenza attiva e responsabile delle stesse istituzioni ben oltre il pur indispensabile servizio del volontariato. La solidarietà è inseparabile dalla giustizia e per questo ha una destinazione propriamente sociale. Alla sua radice ci sono sempre gli altri.»

L’Arcivescovo si è quindi domandato: «La nostra città oggi è una città solidale, all’altezza della sua tradizione?» e subito dopo aggiunge che «si fa inevitabile (un’altra) domanda, la nostra città è veramente solidale con tutti i suoi abitanti?».

Il cardinale ritiene che vada «promossa con decisione una “nuova solidarietà” che assuma la forma di una vera e propria “alleanza” intesa come incontro, dialogo, scambio d’informazioni, condivisione di interventi, collaborazione corresponsabile tra le istituzioni pubbliche e le forze vive della società civile, ovviamente nel rispetto delle diverse competenze e nel segno di una reciproca fiducia: si pensi, in particolare, all’urgenza di una simile alleanza nei fondamentali ambiti della scuola, del lavoro, della salute, della lotta alle varie forme di povertà e di emarginazione sociale.»

E subito aggiunge che «la nostra Milano, come tutte le città e forse ancor più delle altre, ha bisogno di sobrietà ... Siamo in un mondo dove c’è chi ha troppo e chi troppo poco, e anche nella nostra Città c’è chi sta molto bene, mentre sempre più aumenta il numero di chi fa più fatica. La sobrietà ci aiuta a costruire la giustizia, perché decide, sceglie e agisce secondo la giusta misura, e dunque sempre con l’attenzione vigilante ai diritti e doveri che si hanno nei riguardi sia di se stessi che degli altri, superando sempre eccessi e sprechi. In particolare la “giusta misura” nell’uso dei beni rende la sobrietà, da un lato nemica dell’avarizia, dall’altro amica della liberalità, ossia di una pronta disponibilità alla condivisione dei beni.»

Domande, abbiamo scritto, che interpellano anche ciascuno di noi e che sono espressione di uno stile pastorale fatto di “prossimità concreta e realista, nutrita di misericordia”, che non si stanca e non ha paura di  “stare alle cose di sempre, le cose che la Chiesa ripete da duemila anni: accogli lo straniero, visita il malato e il prigioniero, soccorri il povero.”

Siamo contenti di poter presto incontrare e ascoltare, qui in mezzo a noi, domenica 13 dicembre (come potete leggere su questo stesso sito), il nostro Arcivescovo. Sarà anche l’occasione per dirgli il nostro grazie per il suo prezioso e instancabile magistero di pastore della nostra Chiesa ambrosiana.

 

Accennavamo già la scorsa settimana al convegno - “La cooperazione in tempo di crisi” - che si è tenuto all’Agorà, nella mattinata di sabato 28 novembre, organizzato dalla BCC della nostra città.

In apertura dei lavori, il presidente del credito cooperativo cernuschese,  Giuseppe Milan, ha invitato i soci, in questo tempo di crisi, ad avere coraggio, alla compattezza, alla fiducia nella capacità della banca e nel nostro territorio, alla sobrietà e più in generale all’etica che deve guidare i comportanti in campo economico e finanziario.

Passando poi ad esaminare l’andamento della banca in questi undici mesi, ha riassunto alcuni dati: patrimonio proprio oltre 44 milioni di euro, soci 5685 e 125 dipendenti; impieghi vivi cresciuti di 21 milioni, a dimostrazione del sostegno crescente della BCC all’economica del territorio; erogati in beneficienza 150.000 euro.

Milan ha poi preannunciato che anche per l’esercizio 2009, “se non grandina in dicembre” vale a dire se non si manifesteranno sofferenze sui crediti concessi,  alla prossima assemblea verrà proposto il dividendo ed il ristorno per i soci.

Il Presidente ha quindi individuato i punti di forza della banca nei soci e nel loro senso di appartenenza, nella liquidità, nel ricupero della reputazione e nella qualità del personale.

Il punto di debolezza, invece,  lo ha evidenziato nella carenza del patrimonio proprio, che pone limiti allo sviluppo dell’attività della banca.

Per soddisfare le tante richieste dei soci e clienti, insoddisfatti della scarsa remunerazione dei conti correnti, il presidente ha anche informato che il consiglio d’amministrazione ha deciso di emettere nei prossimi mesi dei prestiti obbligazionari.

È toccato poi a due docenti universitari - professor Giacomo Bonomi, economista e docente presso la facoltà di Economia e Commercio della Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e professor Stefano Bartolini,  economista e docente di economia politica presso l'Università degli Studi di Siena – sviluppare il tema del convegno.

Bartolini ha fatto un’analisi delle ragioni che sono alla base della crisi economico-finanziaria che ha investito il mondo. In sintesi, per il professore senese, dagli anni '80 lo sviluppo economico e l’orario di lavoro - parallelamente all'infelicità - sono aumentati in maniera esponenziale negli Usa e in Gran Bretagna e diminuiti nel vecchio continente. E' nel corso di questi ultimi decenni che si è venuto a creare un circolo vizioso che è la radice più profonda della crisi: all'aumento del reddito è corrisposto un aumento dell'orario di lavoro, un degrado dei beni relazionali (qualità delle relazioni umane: aumento della solitudine, difficoltà comunicative, minore solidarietà, scarsa partecipazione e senso civico, …) e ambientali e, di conseguenza, la necessità di trovare compensazioni nei beni materiali, dunque una necessità di accrescere il proprio reddito, aumentando così l'orario di lavoro. L’esasperato consumismo americano è all'origine, sempre a parere del professor Bartolini, di quel gigantesco indebitamento delle famiglie statunitensi, che è stato il primo passo verso la crisi attuale.

Il professor Bonomi ha posto, invece, la sua attenzione sul ruolo del socio. In particolare, lui stesso socio di una BCC, si è chiesto perché si entra a far parte della compagine sociale di una banca di credito cooperativo? Perché si intuisce che ci possono essere dei vantaggi, tra i quali quelli di esser parte di un movimento che distribuisce socialità? Se non ci fossero vantaggi si rimarrebbe? C’è un qualcosa in più che tiene insieme il socio agli altri soci?  Questo qualcosa in più cos’è?

A giudizio di Bonomi, i valori in cui si crede e che si cerca di applicare assumono diversa rilevanza in rapporto al modo in cui, con i gesti e le azioni, li si mettono in pratica. Perché, se è vero, come ha osservato, che tutte le banche stanno creando relazioni con il territorio, si constata pure che cooperare con il territorio è cosa diversa dal coesistere con esso.

L’economista della Cattolica ha, quindi, invitato il socio a diventare un punto di forza della BCC per diffondere la cooperazione, in quanto non basta più l’impegno dei soli dipendenti. Socio che in futuro dovrà avvertire sempre di più la necessità di partecipare alla progettazione del territorio in cui vive e lavora: un ambito certamente importante e impegnativo. 

Il convegno ha senza dubbio offerto spunti interessanti di analisi e riflessione ai soci presenti, anche se ci è parso che il tema della “cooperazione in tempo di crisi” sia rimasto un po’ sullo sfondo. Insistere su queste iniziative è senza dubbio utile. A nostro parere, si deve cercare però di offrire anche una lettura più attenta del nostro territorio, facendo emergere le specificità e le eccellenze che indubbiamente ci sono in campo economico e sociale e che hanno bisogno di essere fatte conoscere. Puntare su relatori di prestigio può dare lustro al convegno, ma potrebbe suscitare minore interesse nei soci: quest’anno si è già osservata una sensibile diminuzione di presenze rispetto al convegno dello scorso anno.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 7 dicembre 2009   

 

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