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HOME > La Nota della Settimana > N° 42/2014

Il riscatto dipende da ognuno di noi

 

«Guardando alle vicende, personali e sociali dell’anno trascorso, potremmo avere più motivi di preoccupazione, quando non di vera e propria angoscia, che motivi di soddisfazione o di vera e propria gioia»: così ha scritto il nostro arcivescovo, cardinale Angelo Scola, lo scorso 27 dicembre,  su Il Sole 24 Ore. Poi ha aggiunto: «Il rapporto Censis, che puntualmen­te a dicembre fotografa lo stato di salu­te del nostro Paese, descrive l’Italia del 2014 come il Paese del “capitale inagi­to”. E non si riferisce solo alle risorse economiche, ma anche a quelle uma­ne. Nel bilancio della vita della nostra società prevale il segno meno: meno fi­gli, meno iscritti all’università, meno imprese, meno investimenti, meno consumi, meno cibo... Sembriamo a prima vista diventati un poco come l’uomo della parabola evangelica che, ritrovandosi un solo talento, rinuncia a trafficarlo. E, per l’angoscia di per­derlo, lo seppellisce.»

 

Dove trovare un senso? - Constatato che anche il quadro internazionale non è certo rassicurante, l’Arcivescovo si domanda: «Dove l’uomo del terzo millennio im­merso in un travaglio che lo infragilisce e lo smarrisce, posto di fronte alle stra­bilianti scoperte delle tecno-scienze o interrogato dalla necessità di pensare a un nuovo ordine mondiale, può ritrova­re libertà e senso del vivere? Dove può rigenerarsi sperimentando una libera­zione che sia veramente tale? E dove può trovare un senso, una buona ragio­ne, per ripartire tutte le mattine e un sentiero su cui incamminarsi?»

 

«La sapienza della Chiesa – è la certezza di Scola - maturata i lungo secoli, ci fa concludere ogni anno con il canto di lode a Dio: Te Deum laudamus. Per molti potrebbe suonare come una provocazione. Che razza di gra­titudine può esprimere chi per povertà estrema - come abbiamo visto in tante zone di quartieri periferici della nostra' Milano - è spinto a occupare le case, o gli homeless, ogni giorno più numerosi, o i disperati, cacciati sempre più ai margi­ni della società? Su che cosa possono fa­re leva per rendere grazie i nullatenenti, i giovani scoraggiati e ridotti all’inerzia dalla mancanza di lavoro, gli uomini e le donne di mezza età che si trovano espulsi dal circuito produttivo? Come possono rendere grazie i figli costretti a fare i conti con il fallimento del matri­monio del papà e della mamma, le tante famiglie ferite da prove pesanti e spesso affrontate in solitudine, le vittime che invocano giustizia? E le vittime, per fe­de, di orrendi e brutali uccisioni? Di co­sa devono rendere grazie i milioni di profughi, costretti a lasciare tutto?»

 

La «notizia per eccel­lenza» - Per l’Arcivescovo la risposta alle tante domande che ha raccolto e riproposto sta nell’invito a non sottacere la «notizia per eccel­lenza, eppure spesso ignorata: il Salva­tore è tra noi. Col Dio che si fa bambino l’eterno è entrato nel tempo e il tempo ha cambiato di segno. Non ci porta più verso il nulla ma ci ha già introdotto nel­la vita per sempre. La nostra esistenza quotidiana pren­de respiro: l’amore di Cristo ci urge al dono totale di noi stessi e la partecipa­zione a questo amore è sempre possibi­le a tutti.»

 

Amicizia civica, via d’uscita dalla crisi - Scola indica poi, come ha avuto occasione più volte di sottolineare, anche in suoi recenti interventi, nella «amicizia civica» - cioè in quella capacità, per esempio, di apertura, di solidarietà, di dialogo, di accoglienza, di costruzione comune, di disponibilità a farsi carico di chi è nel bisogno estremo - «la grande condizione per uscire dalla crisi» e, richiamando Papa Francesco, osserva che «il riscatto non può che avere co­me motore primario la libertà di ognu­no di noi». In un’ultima confortante annotazione, l’Arcivescovo rivela che «un segno riempie di speranza: si per­cepisce meno lamento e più impegno da parte di molti cittadini.»

 

Buttarsi e rischiare - Nel contesto sociale ed economico attuale “bisogna buttarsi e rischiare – ha scritto l’economista Leonardo Becchetti, su Avvenire di domenica 28 dicembre - dando e sperando di ricevere fiducia, cercando con gesti di piccola fraternità di far capire ai potenziali partner che l’equilibrio cooperativo è più intelligente e più fruttuoso per tutti. Se il gioco riesce, si produce superadditività e valore aggiunto: cinque più cinque fa venti perché mettendo insieme talenti e risorse si produce qualcosa che supera la somma di ciò che saremmo riusciti a fare da soli.» Anche qui ritorna la parabola evangelica dei talenti, in precedenza vi aveva accennato Scola. Auguriamoci dunque, per il nuovo anno, di ritrovare le ragioni profonde dello stare insieme e di ritornare a trafficare proficuamente i talenti che ciascuno possiede per uscire finalmente, tutti insieme, da questa lunga e dura crisi.

Buona settimana e tanti auguri per il nuovo anno!

 

Carlo & Ambrogio

 

Cernusco sul Naviglio, 29 dicembre 2014

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