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HOME > La Nota della Settimana > N° 42/2013

UN NATALE DI SPERANZA,
DI GIUSTIZIA E DI FRATERNITÀ

 

Domenica scorsa, concludendo la preghiera dell’Angelus dalla finestra di piazza San Pietro, papa Francesco, con il suo parlare immediato e spontaneo, ha detto: “Auguro a tutti una buona domenica e un Natale di speranza, di giustizia e di fraternità. Buon pranzo e arrivederci!”.

Sono queste tre parole – speranza, giustizia e fraternità – che vorrei riprendere, per rivolgere a tutti coloro che ci leggono, in particolare ai Cernuschesi, un sentito augurio per il prossimo Natale.

Speranza - Ogni volta che ci prepariamo a festeggiare il Natale e poi a viverlo concretamente, siamo spinti a incontrarci di nuovo con la persona di Gesù. Anzi, è lui che ci viene incontro per illuminare le nostre tenebre, per rincuorarci dalle nostre paure, per vincere il nostro smarrimento e la nostra solitudine di fronte a un mondo che, spesso, ci sembra incomprensibile.

In molte occasioni, fin dall’inizio del suo pontificato, papa Francesco ha rivolto a tutti gli uomini e le donne del nostro tempo, specialmente ai cristiani, questo incessante invito: «Non lasciatevi rubare la speranza!». Lo ha fatto anche nell’esortazione apostolica  La gioia del Vangelo: «I mali del nostro mondo – e quelli della Chiesa – non dovrebbero essere scuse per ridurre il nostro impegno e il nostro fervore … Una delle tentazioni più serie che soffocano il fervore e l’audacia è il senso della sconfitta, che ci trasforma in pessimisti scontenti e disincantati dalla faccia scura. Nessuno può intraprendere una battaglia se in anticipo non confida pienamente nel trionfo» (nn. 84 e 85). Per questo non dobbiamo lasciarci rubare la speranza.

In mezzo alle prove e alle sofferenze che toccano la vita di ciascuno di noi, delle nostre famiglie e dell’intera società, se siamo uomini di speranza – e come cristiani dovremmo esserlo – non possiamo darci per sconfitti. Quando confidiamo nella grazia di Dio e siamo capaci di reagire, allora diventiamo spettatori e testimoni di autentiche vittorie. Ne è prova la fede e il coraggio con cui uomini e donne, provati dalla vita (per una difficoltà economica, per la perdita del lavoro, per un lutto improvviso e per tanti altri problemi), sanno reagire e diventano segni di autentica speranza anche nelle nostre comunità.

Giustizia - Non si può, però, sperare solo per sé. La speranza genera il desiderio di giustizia, perché a tutti sia data la possibilità di una vita più umana e più vera. Anche a questo ci ha abituato papa Francesco, nella sua capacità di andare incontro e di chinarsi su chi è piccolo e povero, su quanti la società di oggi mette ai margini e considera come “scarti” o come “peso”.

Quando parliamo di giustizia, immediatamente pensiamo alle relazioni sociali che intercorrono tra le persone, ed è normale che sia così. In un tempo di crisi e di emergenza come il nostro, poi, risulta sempre più facile appellarsi al conflitto – se non alla violenza – per far valere i propri diritti. Da cristiani, però, non dovremmo ragionare così. Ogni comunità cristiana è chiamata continuamente a distinguere tra l’essenziale e l’accessorio. L’essenziale è il Vangelo, è proclamare Gesù risorto e la sua vicinanza ad ogni uomo, è insegnare a vivere come ha vissuto Gesù. Tutto il resto è in funzione di questo. Da qui l’insistenza del papa sull’annuncio del Vangelo e sull’ascolto della parola di Dio, oltre a qualche consiglio pratico per vivere le situazioni di conflitto ed esercitare la giustizia. Sempre nella sua esortazione apostolica scrive: «Il conflitto non può essere ignorato o dissimulato. Dev’essere accettato. Ma se rimaniamo intrappolati in esso, perdiamo la prospettiva, gli orizzonti si limitano e la realtà stessa resta frammentata. Quando ci fermiamo nella congiuntura conflittuale, perdiamo il senso dell’unità profonda della realtà» (n. 226). Ecco perché bisogna sempre affermare che l’unità prevale sul conflitto. Il modo più adeguato di porsi, in questa situazione, scrive il papa, è quello di «sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo», secondo l’istanza evangelica: “Beati gli operatori di pace” (Mt 5,9).

Fraternità - Nella vita della Chiesa, come in quella della società civile, non mancano occasioni di conflitto. Ricercare la giustizia e operare a favore di essa favorisce i legami di vera fraternità. E proprio alla fraternità, come fondamento e via della pace, papa Francesco ha dedicato il suo primo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace. «La fraternità – afferma il papa – è una dimensione essenziale dell’uomo, il quale è un essere relazionale. La viva consapevolezza di questa relazionalità ci porta a vedere e trattare ogni persona come una vera sorella e un vero fratello; senza di essa diventa impossibile la costruzione di una società giusta, di una pace solida e duratura. E occorre subito ricordare che la fraternità si comincia ad imparare solitamente in seno alla famiglia, soprattutto grazie ai ruoli responsabili e complementari di tutti i suoi membri, in particolare del padre e della madre. La famiglia è la sorgente di ogni fraternità, e perciò è anche il fondamento e la via primaria della pace, poiché, per vocazione, dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore» (n. 1).

La vocazione alla fraternità tocca la vita di ciascuno di noi, e nel mistero della nascita di Gesù, primogenito tra molti fratelli, siamo spinti a reinterrogarci con quella prima domanda con cui Dio si fa incontro all’uomo di ogni tempo: “Dov’è tuo fratello?” (Gen 4,9). Non possiamo guardare all’anno che è trascorso e a quello che ci sta davanti, legati insieme dalla memoria del Natale di Cristo, se non assumendo fino in fondo questa domanda e facendo nostro questo interrogativo che proprio papa Francesco ha rivolto a tutti nella sua prima visita “pastorale” fatta a Lampedusa, nel contesto drammatico dell’immigrazione e dell’accoglienza.

Dall’anno della fede alla gioia del Vangelo - Abbiamo trascorso insieme un anno iniziato all’insegna della fede, grazie all’iniziativa di papa Benedetto XVI e continuato nella gioia del Vangelo, con la testimonianza di papa Francesco.

Tra tutti gli eventi capitati nel corso di questo anno, ciò che maggiormente ha segnato la nostra vita – come quella dell’intera società, non solo cristiana – è stato di certo l’avvicendamento di queste due grandi figure. La rivoluzione operata da Benedetto e da Francesco ha suscitato grandi attese e continua ancora oggi ad operare quella novità evangelica che sola è capace di rinnovare la Chiesa e il cuore degli uomini.

In modo quasi profetico, il card. Martini aveva detto subito dopo l’elezione di papa Benedetto, nel 2005: “Questo pontefice ci stupirà”. E così è stato: papa Benedetto ci ha stupito con la profondità del suo insegnamento e l’umiltà della sua rinuncia. E ora papa Francesco continua a stupirci: ha ricevuto il testimone della fede e della gioia da Benedetto e lo trasmette a noi, alla Chiesa, ad ogni singolo fedele, suscitando l’interesse di tutti gli uomini e le donne di buona volontà.

Per questo, riprendendo le sue parole, domandiamo un Natale di speranza, di giustizia e di fraternità. Anzi, noi stessi ci sentiamo chiamati a diventarne artefici in prima persona. Ed è questo l’augurio che ci scambiamo. Buon Natale!

Don Ettore Colombo

 

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