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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 41°/2009

Contro il rifiuto del crocifisso, il tesoro del Vangelo

 

«Un giorno, mentre dipingevo all'esterno il muro di una casa a Skhodër, tracciai come al solito il piccolo segno di croce prima di cominciare a prendere il cibo su un mucchio di pietre. Una fanciulla di cinque anni che mi guardava lavorare si avvicinò e mi disse: “No, no! Non è così! Devi fare il segno di croce prima sulla fronte, poi sul petto a sinistra, a destra e per finire unire le due mani!”. Domandai a questa fanciulla: “Chi ti ha insegnato a fare il segno di croce?”. Ella mi guardò e rispose: “Mia madre".
L'incontro è raccontato da Leon Kabashi, un francescano condannato ai lavori forzati e sopravvissuto al massacro di vescovi, preti e laici, avvenuto in Albania dal 1944 al 1991 durante il regime di Hoxha…
Accanto a questo libro ho il testo della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo con la quale, il 3 novembre, viene chiesta la rimozione del crocifisso dai luoghi pubblici.
Una madre italiana chiede a una Corte di rimuovere il crocifisso perché teme per la libertà dei figli e una madre albanese insegna a fare bene il segno della croce perché vuole la libertà dei figli.
Si aprono domande e riflessioni. Popoli interi nella storia europea, e non solo, si sono rivolti al crocifisso nei momenti di disperazione, sofferenza, distruzione. Vi si sono aggrappati. Hanno avvertito una presenza silenziosa nell'attraversare la notte e il deserto.»

 

Siamo partiti da questa testimonianza per riprendere anche noi un argomento che è stato molto dibattuto in queste ultime settimane. Lo facciamo segnalando innanzitutto che in una delle prossime sedute del consiglio comunale della nostra città verrà discussa la mozione presentata dai gruppi consiliari del Popolo della Libertà, della Lega e delle liste civiche Il Naviglio e Lista Cassamagnaghi in relazione alla nota sentenza della Corte di Strasburgo, che ha stabilito che la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche costituisce una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni, una violazione, anche, della libertà di religione, una situazione anomala e incompatibile con la laicità dello Stato.

Il testo della mozione, letta in aula lo scorso 6 novembre dal consigliere del PdL, Fabrizio De Luigi, innanzitutto parte da alcune premesse: “il crocifisso è simbolo della tradizione cristiana che è presente nella vita di tutti i cittadini italiani, a prescindere dal loro credo religioso e dalla libertà di culto che la costituzione italiana garantisce; la religione cattolica, seppur con pari dignità con le altre, è l’unica citata nella nostra costituzione; la laicità dello Stato non si  misura con l’esposizione o meno del crocifisso.”

Seguono poi delle considerazioni: “che sia da evitare e rigettare qualsiasi interpretazione della laicità estremizzata e militante…; che la democrazia e il pluralismo siano maggiormente indeboliti e resi precari con una proposta senza riferimenti ideali …e da una neutralità che priva di radici le basi stesse della società democratica …”

La mozione prosegue sottolineando che “una neutralità imposta, che diventasse sistematica negazione di ogni identità, oltre a rilevarsi fattore di scarsa cultura e conoscenza, in altre parole causa di pericolosa ignoranza, diventerebbe esattamente il principale ostacolo all’integrazione delle diversità sociali, etniche e religiose, in contrasto quindi anche con quel multiculturalismo che tale logica e sentenza perseguirebbero; sia da ripensare a una nuova idea di laicità anche e soprattutto nella scuola a gestione statale, la quale anziché imporre astratte neutralità sappia valorizzare e spiegare le radici della nazione italiana, segnalandone idealità e identità, sappia certamente essere rispettosa della storia individuale e famigliare e sia al contempo capace e protesa a favorire il dialogo rispettoso.”

I presentatori della mozione, a conclusione delle loro premesse e considerazioni, chiedono che il consiglio comunale contesti “la decisone della Corte di Strasburgo ritenendola lesiva sia dei principi di tolleranza e pluralismo che pretenderebbe di affermare e all’amministrazione comunale di rifiutare ogni richiesta o azione tesa a rimuovere il crocifisso nelle aule scolastiche del Comune.” 

 

Come è stato autorevolmente sottolineato, la sentenza in esame, anche per il dibattito e le critiche che ha suscitato, a dimostrazione del distacco dal sentire comune, è un’occasione per approfondire le riflessioni sulla libertà religiosa e ricostruire e proporre una idea di laicità non antagonista della dimensione religiosa.
Innanzitutto è forse opportuno ricordare che la presenza del crocifisso «nelle aule scolastiche non richiede un’adesione di fede, non sollecita il compimento di atti di devozione o di culto, che muovono nella sfera della libertà religiosa individuale, da preservare e garantire. È un simbolo che parla della dimensione divina solo in dialogo con chi gli riconosce la rappresentazione di questo valore.» (Cesare Mirabelli,  Avvenire  12/11/2009). L’ex presidente della Corte costituzionale si è poi chiesto: «È proprio vero che la presenza di questo simbolo può turbare la coscienza del non credente, fatta valere da chi ha ricorso alla Corte di Strasburgo, o invece la pretesa di rimuoverlo non manifesta intolleranza verso la dimensione religiosa che il crocifisso esprime? La rimozione imposta apre al dialogo e alla reciproca comprensione, o invece li esclude? Il pluralismo rifiuta segni che manifestino una identità religiosa, cui pure non si aderisce, o non presuppone la coesistenza di diversità non occultate, che non si ignorano, ma si riconoscono e cooperano alla ricerca di valori comuni?»

«La laicità - ha scritto Francesco D’Agostino (Avvenire, 4 novembre 2009) - non si garan­tisce moltiplicando gli interdetti o margina­lizzando le esigenze di visibilità delle religio­ni, ma impegnandosi per garantire la loro com­patibilità nelle complesse società multietni­che tipiche del tempo in cui viviamo. La laicità non prospera nella freddezza delle istituzioni, nella neutralizzazione degli spazi pubblici, nel­l’abolizione di ogni riferimento, diretto o in­diretto, a Dio. Quando è così che la laicità vie­ne pensata, propagandata e promossa si ot­tiene come effetto non una promozione di quello specifico bene umano che è la convi­venza, ma una sua atrofizzazione. La sensibi­lità religiosa, ci ha spiegato Habermas ( un grande spirito laico) non è un residuo di epo­che arcaiche, che la sensibilità moderna sa­rebbe chiamata a superare e a dissolvere, ma appartiene piuttosto e pienamente alla mo­dernità, come una delle sue forze costitutive: tra sensibilità religiosa e sensibilità laica non deve mai istaurarsi una conflittualità, ma una dinamica di “apprendimento complementa­re”, alla quale non può che ripugnare ogni lo­gica di esclusione.»

Non si può dimenticare, inoltre, che «gli uomini - Carlo Cardia (Avvenire, 5/11/2009) - hanno radici e identità, senza le quali non possono parlare con altri, non possono accogliere con amore altre persone. Un Paese che voglia essere soltanto neutrale sarebbe un guscio vuoto, una parentesi fredda nel fluire della storia. Anche un’Europa che giunga al punto di negare, nascondere, o abbattere, la propria tradizione e identità cristiana diven­terebbe una terra di nessuno, derisa dagli al­tri, incapace di trasmettere i suoi valori più profondi, di confrontarsi con altri popoli e con­tinenti proprio in un’epoca di globalizzazione che chiede incontro e dialogo.»

 

Ci sono infine almeno due cose che noi cristiani dobbiamo ricordarci. «Per essere credibili nella difesa del crocifisso, dovremmo rispettarne con coerenza il messaggio. Nella sua interezza. Anche quando è scomodo, controcorrente. Su quella croce, ancora oggi, sono inchiodati tanti “poveri Cristi”, ai margini della società. Abbiamo tolto loro diritti e dignità, respingendoli o sfrattandoli dalle nostre terre e case. Non c’è nulla di più ipocrita, tanto meno cristiano, che strumentalizzare la croce per affermare un’identità in opposizione ad altre. O brandire il crocifisso come clava contro gli “infedeli”. » (Famiglia cristiana, editoriale del 15/11/2009).

E poi: «La Chiesa, come risposta a questa opposizione, non è innanzitutto chiamata a ribadire le proprie ragioni e i propri diritti inasprendosi per il rifiuto o la demolizione mediatica dei suoi valori, ma dovrà elaborare sempre nuovi strumenti per far conoscere il volto del Padre attraverso quello di Cristo. Non è certamente con lo studio di nuove vie diplomatiche che si opera la diffusione della fede, ma reinvestendo sul fascino di ciò che di più prezioso si possiede: il tesoro del Vangelo di Gesù. Ogni singolo cristiano dovrà rivestire di bellezza e di coerenza il proprio credere affinché possa esserci una nuova fioritura di fede a cominciare proprio dal cuore di coloro che le fanno guerra.» (Salvatore Giuliano, Avvenire, 13/11/2009).

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 16 novembre 2009

 

 

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