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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 39°/2008

Da Milano all’India: la violenza
 non può lasciarci indifferenti

 I Cernuschesi sono rimasti profondamente turbati dalla tragica morte di Abdul - giovane di origine africana, con cittadinanza italiana e residente nella nostra città - avvenuta lo scorso 14 settembre a Milano.
Abbiamo già proposto, su questo drammatico fatto di cronaca, alla comune riflessione un primo commento ripreso dal sito della nostri diocesi; allo stesso indirizzo web (www.chiesadimilano.it – cliccare sulla sezione: incrocinews; poi su: l’omicidio di Abdul, occorrono rispetto e dialogo) vi invitiamo a vedere il video del dibattito andato in onda su Telenova (sabato 20 e domenica 21 settembre), a cui ha partecipato anche il nostro Sindaco, Eugenio Comincini.

Non possiamo che essere d’accordo con lui nel sostenere che questa vicenda pone in primo piano un’emergenza educativa verso le nuove generazioni, con la necessità di stringere “patti” fra le diverse agenzie educative che operano sul territorio. Due aspetti che avevamo già avuto modo di richiamare nella nota della scorsa settimana.
Senza dimenticare, aggiunge Comincini, che si pone pure il problema di “rieducare” gli adulti. Infatti, in questa drammatica vicenda, ad accendere la furia omicida sembra essere stato il furto di biscotti, che sono così diventati il simbolo della pochezza sufficiente per scatenare quello che di peggiore c’è in noi.

“La vicenda (della morte di Abdul) - abbiamo letto in un commento de Il Sole 24 Ore del 16 settembre scorso - ha subito innescato uno scontro politico (non privo di amare strumentalizzazioni) non solo sul tema della sicurezza, ma anche su quel­lo del razzismo, per le origini africane del giovane e per le ingiurie xenofobe che gli sarebbero state ri­volte nel corso della lite. È comunque fuori discus­sione l'abissale sproporzione fra cause ed effetti, azioni e reazioni, responsabilità e irrazionalità.

Si assiste con preoccupante progressione a esplosio­ni di violenza del tutto gratuite, o scatenate da quel­li che un tempo si definivano futili motivi. Una rab­bia sorda e cieca, intrisa di fastidio per le regole e desiderosa solo di esplodere, si manifesta sempre più spesso> nei centri storici come nelle periferie, dalle autostrade agli stadi. Per contrastare questo malessere aggressivo serve soprattutto un paziente e consapevole impegno culturale per recuperare il valore della persona e della civile convivenza.”

Bisogna essere convinti, come sottolineato da don Giancarlo Quadri, responsabile diocesano della pastorale dei migranti - che le cose non si possono sistemare da sole, ma c’è un lungo ed impegnativo lavoro educativo da fare. A fronte del quale, purtroppo, mancano molto spesso gli strumenti e le risorse adeguate.

E ancora, dobbiamo essere consapevoli che nell’educazione delle nuove generazioni è l’antidoto più forte e duraturo contro il razzismo. Ma la formazione dei giovani non può limitarsi ad insegnargli che il razzismo è male e poi lasciarli senza altri valori, chiusi in una visione miope ed egoistica della vita. Se la solidarietà non è proposta come valore verso i più deboli, gli indifesi, in ogni momento della vita, la condanna del razzismo può diventare una voce che grida nel deserto.

La comunità cristiana locale, soprattutto quella giovanile, ha inteso esprimere la sua partecipazione al lutto che ha colpito la famiglia di Abdul e l’intera città, innanzitutto con un momento di preghiera nella cappellina dell’Oratorio Paolo VI, lasciando poi la possibilità, a chi lo desiderava, di partecipare alla parte conclusiva della fiaccolata promossa da associazioni e enti cittadini, che partita da piazza Unità d’Italia ha raggiunto la casa dei genitori del giovane ucciso, al quartiere Aler di via Don Sturzo.

Una scelta, quella della Comunità pastorale, che non a tutti è sembrata immediatamente comprensibile, perché la preghiera, nella società odierna, appare come inutile perdita di tempo da relegare, al massimo, al momento del bisogno più disperato.

Ma ai credenti è Gesù stesso che lo insegna: nei momenti cruciali della sua missione dedica spazio e tempo alla silenziosa preghiera. Con la preghiera, i credenti più che chiedere i frutti della bontà di Dio, si rendono disponibili a lasciarsi guidare da lui, a fermarsi e ad ascoltare il loro cuore per udire la sua voce.
Tutti portiamo iscritti nel cuore i tratti di Dio, fossero anche nascosti nei recessi più bui e profondi. E oggi c’è soprattutto bisogno della conversione dei cuori: per liberarci almeno dai pregiudizi e per cercare di creare un’atmosfera di civiltà, se non proprio di simpatia, verso coloro che arrivano da altri Paesi.    
Nell’ambito delle iniziative proposte per la “Festa agli oratori 2008”, assume una particolare rilevanza la fiaccolata – in programma martedì 23 settembre, con partenza alle ore 20.45 dalla Sacer e arrivo al Santuario di Santa Maria – a sostegno dei cristiani perseguitati.

Secondo Asianews, agenzia di stampa missionaria, allo scorso 15 settembre, le violenze dei fondamentalisti indù, nel solo stato indiano dell’Orissa, hanno fatto 45 morti, 5 scomparsi e 18.000 feriti. Sono state distrutte 56 chiese, 11 scuole, 4 sedi di organizzazioni non governative. Sono stati attaccati 300 villaggi, incendiate o distrutte oltre 4.000 case, che hanno spinto alla fuga più di 50.000 persone.
Ma le persecuzioni non si limitano solo all’India, interessano anche Iraq, Pakistan, Egitto, solo per citare alcuni Paesi.

“Sembra che per noi - ha scritto Angelo Panebianco sul Corriere della sera del 7 settembre scorso - e per l’Europa, il fatto che in tante parti del mondo persone di fede cristiana vengano perseguitate e, con frequenza, uccise, non sia un problema sul quale occorra sensibilizzare l’opinione pubblica . Eppure i fatti sono chiari. In un’epoca di risveglio religioso generalizzato sono ricominciate le guerre di religione ma con una particolarità: in queste guerre i cristiani sono solo vittime, mai carnefici. Da dove deriva tanto disinteresse per la loro sorte?”
 

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, lunedì 22 settembre 2008

 

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