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HOME > La Nota della Settimana > N° 38/2014

IL PAPA IN TURCHIA: “I GIOVANI CI SOLLECITANO

VERSO LA PIENA COMUNIONE” 

 

La visita di Papa Francesco in Turchia può essere raccontata da due immagini simboliche. La prima: il Papa dentro la Moschea Blu di Istanbul in silenzio, senza scarpe, con il capo chino e le mani giunte, accanto al Gran Muftì che prega recitando parole in lingua araba, con le palme delle mani rivolte verso il cielo. La seconda: il Papa che fa un profondo inchino davanti al Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo e chiede la sua benedizione. Il Patriarca, a sua volta, gli bacia il capo.


Nella Moschea Blu, quando il Gran Muftì e Bergoglio sono arrivati davanti al «mirhab», la scalinata con la nicchia che indica la direzione della Mecca, il dignitario islamico prima ha spiegato il significato del luogo, quindi ha invitato il Pontefice a un momento di raccoglimento. E sotto le volte della moschea, Francesco ha detto: «Non solo dobbiamo glorificare e lodare Dio, ma dobbiamo anche adorarlo. Ecco la prima cosa».


Nella sede del patriarcato ecumenico, alla vigilia della festa di sant’Andrea, il Papa ha varcato la soglia del Fanar, accolto da Bartolomeo con amicizia, e nel suo saluto ha chiesto «l’intercessione dei Padri della Chiesa» perché si possa ritrovare l’unità «come nel primo millennio». Francesco ha parlato della gioia di ritrovarsi insieme confessando la fede in Cristo. E prima di uscire dalla chiesa si è piegato in religioso silenzio davanti al Patriarca, chinando il capo per chiedere una benedizione, dicendo: "Santità benedica me e la Chiesa di Roma". Bartolomeo è rimasto fermo e in silenzio e il Papa allora ha ripetuto la sua richiesta. Quindi il patriarca si è avvicinato e quel capo chino lo ha baciato, con commozione. Poi l'abbraccio fraterno e un ultimo gesto, con Bartolomeo che ha baciato la mano del Papa, mentre questi tentava di ritirarla.

 

Nei due discorsi conclusivi e nella dichiarazione congiunta firmata da Papa Francesco e dal patriarca Bartolomeo c'è la sintesi del viaggio in Turchia. Più volte il Papa e il Patriarca sono tornati sull'importanza di un autentico dialogo. Un dialogo fatto di amicizia e di gesti fraterni, ma anche di studio. Papa Francesco ha parlato espressamente del «dialogo teologico», come «dimensione essenziale», insieme con quella «dell'abbraccio di pace, del pregare l'uno per l'altro».

I capi delle due Chiese hanno anche ripetuto all’unisono che l’ecumenismo non è fine a se stesso: l’unità dei cristiani d’Oriente e d’Occidente va ristabilita per permettere alla Chiesa di compiere meglio la sua missione a vantaggio degli uomini e delle donne di oggi. Le urgenze, le tragedie e le miserie del tempo presente fanno percepire come ancora più scandalosa e intollerabile la divisione tra quelli che portano il nome di Cristo. «Per tutto il tempo che noi siamo impegnati nelle nostre dispute» ha detto Bartolomeo «il mondo vive la paura per la sopravvivenza e l’ansia del domani». Papa Francesco gli ha fatto eco, indicando i poveri, le vittime dei conflitti e i giovani tra coloro che con più forza «domandano alle nostre Chiese di vivere fino in fondo l’essere discepoli del Signore Gesù Cristo».

 

«Le nuove generazioni», ha spiegato Francesco, «non potranno mai acquisire la vera saggezza e mantenere viva la speranza se noi non saremo capaci di valorizzare e trasmettere l’autentico umanesimo, che sgorga dal Vangelo e dall’esperienza millenaria della Chiesa. Sono proprio i giovanipenso ad esempio alle moltitudini di giovani ortodossi, cattolici e protestanti che si incontrano nei raduni internazionali organizzati dalla comunità di Taizé – che oggi ci sollecitano a fare passi in avanti verso la piena comunione. E ciò non perché essi ignorino il significato delle differenze che ancora ci separano, ma perché sanno vedere oltre, sono capaci di cogliere l’essenziale che già ci unisce». Un orizzonte che dovrebbe essere comune anche a ciascuno di noi.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 1 dicembre 2014

 

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