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HOME > La Nota della Settimana > N° 38/2012

RICORDO DI MONSIGNOR ARCANGELO ROSSIGNOLI
“UN PUNTO DI RIFERIMENTO DELLA CITTÀ IN TEMPI DI PROFONDA TRASFORMAZIONE”

Centro Cardinal Colombo – 10 novembre 2012

 

Monsignor Arcangelo Rossignoli è stato prevosto della nostra città in anni non facili: dal 1962 al 1989 la sua guida si è intrecciata agli anni di più intensi cambiamenti civili ed ecclesiali del XX secolo: la società ha vissuto trasformazioni impressionati, passando dal boom economico al Sessantotto, dalla crisi petrolifera agli anni di piombo, dallo stile “Milano da bere” alla caduta del muro di Berlino; la Chiesa, da parte sua, ha vissuto la sua più straordinaria primavera attraverso il Consiglio Vaticano II e gli anni del post-Concilio, con mutamenti di non poco conto.

Mons. Rossignoli ha condotto saldamente una barca mentre il mare era davvero in forte tempesta: ed ha saputo governare il timone e le vele perché non solo nessuno che fosse a bordo si rovesciasse, ma anche consentendo ad altri di aggrapparsi allo stabile mezzo diretto.

Ho conosciuto mons. Rossignoli quand’ero ragazzo: ricordo il suo stile, la sua pacatezza, la sua dolcezza, la sua dignitosa povertà; ricordo la persona riservata e al tempo stesso cordiale. Lo ricordo come “il signor prevosto”, così si usava dire allora.

Ho viva memoria di quando si dimise dalla guida della parrocchia per raggiunti limiti di età e di come da lì in poi si volle mettere a disposizione di tutti solo attraverso la preghiera, senza voler inserirsi in questioni che riguardassero la Chiesa locale o la città.

Ricordo bene i giorni della sua morte e dei funerali.

Ma per l’età che ho non posso che attingere a testi dello stesso Rossignoli e agli scritti di altri, che hanno concretamente operato con lui, per tracciarne non tanto un ricordo, quanto un reale apprezzamento di ciò che ha rappresentato per la nostra città e per quanti in essa vi sono impegnati nei diversi settori.

Per capire come era la Cernusco di allora, ci aiuta il testo del discorso di benvenuto che il Sindaco in carica nel 1962, il prof. Carlo Trabattoni, fece al nuovo prevosto il giorno del suo ingresso in città: Ogni istituzione, e quindi anche la parrocchia, si rinverdisce ad ogni cambio di guardia, imposto dalla natura e dal volere di Dio, ma soprattutto perché, nel caso nostro particolare, il nuovo pastore arriva a noi circondato di chiara fama per le virtù sue, umane e sacerdotali, e per l'esperienza di cinque lustri di intensa vita pastorale. Due doti queste che pascono la speranza, anzi consolidano la certezza di un adeguamento collettivo, del pastore e del gregge, alle necessità imposte dal dinamismo che caratterizza il momento attuale. La comunità cernuschese infatti si sta evolvendo in modo impressionante nella sua struttura, negli uomini e nelle cose: l'antiquato ed il brutto cede il posto, visibilmente, al nuovo, al bello, al moderno; un ingente gruppo di fratelli immigrati approda qui, infondendo nuova linfa alla comunità civica e parrocchiale, pieni di fiducia nell'avvenire, desiderosi di ricevere un conforto umano e spirituale”.

Ecco: mons. Rossignoli veniva in una città che stava profondamente cambiando, non solo nell’urbanistica, negli edifici e nelle infrastrutture, ma anche e soprattutto nella sua composizione sociale.

Il contributo che mons. Rossignoli e la parrocchia da lui guidata hanno dato alla crescita della città è stato rilevante: voglio ricordare il Centro sportivo Don Gnocchi, lo scambio d’aree con il Comune che ha consentito la realizzazione del parco oggi intitolato a don Paolo Comi, accanto al Santuario di Santa Maria, e l’edificazione delle due nuove chiese parrocchiali di San Giuseppe Lavoratore e della Madonna del Divin Pianto (oltre che le premesse per la realizzazione dell’Oasi di Santa Maria, progetto a lui caro da tempo), l’acquisto della pensione di Bolbeno, l’avvio del completamento dell’oratorio con il “Progetto Sacer 2000” (con la nuova libreria e la sala per il cinema-teatro), oltre alla realizzazione del Centro Cardinal Colombo, certamente senza poter dimenticare o celare le polemiche seguite all’abbattimento della vecchia chiesa parrocchiale di piazza Matteotti (ma su questo tema è giusto ricordare che a quei tempi la sensibilità – ad ogni livello – circa la salvaguardia degli edifici storici, era poco sviluppata).

Mons. Rossignoli, a dispetto di una figura che appariva mite e ascetica, è stato quindi un grande “uomo del fare”. Ma questo dinamismo non l’ha però certo distolto dalla cura e passione per le anime a lui affidate, compito che ha svolto in modo esemplare e bello. Come ha ricordato mons. Giuseppe Locatelli nell’omelia della messa di suffragio celebrata il 27 giugno del 1997, dopo la morte di don Arcangelo, “egli è stato la sentinella vigile del suo popolo, il pastore che ha difeso il suo gregge dai pericoli, dai falsi miraggi che stavano deviandoci dal giusto sentiero e dal progressivo cammino della Chiesa”. In quegli anni di profonde e complesse trasformazioni mons. Rossignoli ha saputo accompagnare la comunità e ciascuno in modo saggio e prudente.

Voglio ora soffermarmi su di un aspetto importante e rilevante per chi come il sottoscritto svolge un impegno civico, e sente di farlo consapevole di essere un cristiano: quale idea aveva mons. Rossignoli della città e dell’impegno per essa? Voglio farlo attraverso alcune parole che mons. Rossignoli stesso ha indirizzato ai laici cristiani impegnati nella società.

In ben due scritti mons. Arcangelo Rossignoli utilizza le medesime parole per spronare i fedeli ad un impegno attivo e consapevole: “Superando stanchezze e difficoltà il cristiano si deve rendere presente nel quartiere, nella scuola, nel mondo del lavoro, in quello dell’assistenza, nelle strutture politiche, in quelle della pubblica amministrazione, nel voto, consapevole di avere un contributo originale ed importante da offrire alla comunità.

Queste parole sono contenute in un messaggio apparso su Voce Amica in vista delle elezioni politiche ed europee del 3 e 10 giugno 1979 e sono ripetute in quell’unicum rappresentato dalla risposta del parroco ad un manifesto del Partito Comunista Cernuschese affisso in città nel 1980 e relativo alle vicende della costruzione del Centro Card. Colombo, realizzato sulle ceneri dell’abbattuta vecchia chiesa prepositurale.

In quelle parole, ripetute fedelmente, si trova il senso che mons. Rossignoli ha dato all’impegno del cristiano nella vita, quasi un’attualizzazione della lettera a Diogneto, un essere nel mondo, ma non del mondo.

Il riferimento alla stanchezza e alle difficoltà da superare sono la consapevolezza di quanto impegnativa e dura sia la vita di un uomo semplice, di un laico, inserito nella società e votato alla conduzione della propria famiglia: basterebbe questo impegno per rendere stanchi … Ma l’obiettivo è essere cristiani nel mondo e quindi alla vocazione principale occorre aggiungere l’impegno per gli altri, per la comunità, nei diversi settori nei quali si svolge la vita degli uomini: una presenza attiva e vibrante, un “rendersi presente”, che deve essere testimonianza nei diversi ambiti di impegno (e mons. Rossignoli ne cita sette, un numero anche simbolico, che indica la completezza).

Per mons. Rossignoli è forte la consapevolezza che il cristiano sia portatore di una proposta che è del tutto originale rispetto alle altre, certo importante – come possono essere e lo sono altre proposte – ma davvero unica perché parte dalla valorizzazione ed assolutizzazione del servizio, non del dominio, non del potere, non della coercizione. Infatti mons. Rossignoli chiude quel suo pensiero, riproposto identico in due diverse occasioni, affermando che questo “contributo originale ed importante” dei cristiani alla società viene ad essa “offerto”, non imposto. In queste parole traspare in tutta evidenza la sua attenzione e cura – che è poi la stessa del Vangelo – per la libertà dell’uomo.

E a tale riguardo, in un altro suo scritto del 1979 fa proprio un attento ragionamento sul valore della libertà, distinguendo tra “libertà interna” e “libertà esterna”. La prima, ritiene mons. Rossignoli, non potrà mai esserci tolta: “non può riuscirvi il potere dell’uomo, nemmeno il più feroce e tiranno. Nessuno al mondo può violentarla. Anche Dio la rispetta, dopo avercela donata”. Per mons. Rossignoli la libertà esterna, invece, può essere a rischio di essere persa e “va continuamente conquistata”. L’importanza che dà al valore della libertà per l’uomo viene condensata in un pensiero forte: “l’uomo senza libertà, anche in mezzo alla più grande abbondanza, vive una vita da schiavo”. Quindi il suo invito a vigilare e ad impegnarsi perché la libertà “non ci venga limitata o peggio ancora tolta o data col contagocce” poiché “la libertà è il più grande dono che Dio abbia fatto all’uomo: deve tenerla cara, come l’onore, come la vita”.

Libertà, onore, vita: tre valori sui quali certamente mons. Rossignoli ha fondato la propria esistenza, riuscendo a trasmettere a quanti gli sono stati vicino e a quanti hanno voluto ascoltarlo, la sua umile passione per l’avventura dell’uomo, un’avventura che per lui non poteva prescindere dall’amore di Dio e della sua venerata Madre.

Questo suo stile e questi suoi convincimenti ne hanno fatto un punto di riferimento della città in tempi di profonda trasformazione.

 

 

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