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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 38/2010

IN CITTÀ CI SONO “TRE LOCANDE OSPITALI”


 

«La domenica poi a mezzodì suonavano anche le campanelle di Santa Maria e vi affluiva la gioventù. Separati i ragazzi dalle ragazze, vi si spiegava, prima la Dottrina in classe, poi dal pulpito; si cantava il vespero della Madonna e si impartiva la Benedizione eucaristica. A funzione finita, le ragazze tornavano subito a casa: i ragazzi si fermavano un poco a giuocare assistiti dal sacerdote, lì sul piazzale, che era cintato essendo l’antico cimitero. Così ha avuto inizio fin dal 1860 l’oratorio festivo. Ma a Cernusco pareva che si moltiplicassero i ragazzi! Non c’era più posto per loro neanche a Santa Maria!» (da: Santa Maria in Cernusco, di monsignor Luigi Ghezzi, 1934).


 

Così ci stiamo preparando a festeggiare, domenica 3 ottobre, un’istituzione educativa che a Cernusco - passando da Santa Maria a via Briantea e infine in Sacer - compie 150 anni!

Ed «è davvero consolante sapere» - nonostante questa bella età, ma forse sarebbe meglio dire, proprio in forza di questa storia secolare - «che la nostra Chiesa – come ha scritto l’arcivescovo, cardinale Dionigi Tettamanzi, nel messaggio per la festa di apertura del nuovo anno oratoriano - è tuttora capace di parlare alle nuove generazioni e continua con le sue migliori energie a prendersi cura di moltissimi bambini, ragazzi, adolescenti e giovani: li sente amici, li ascolta, dialoga con loro, li aiuta a plasmare la loro “umanità” secondo quella di Gesù, introducendoli ad una preghiera più vera e sostenendoli nella ricerca, forse difficile ma certamente appassionante, della loro vocazione e missione. Quello rivolto ai giovani è, tra i diversi ambiti della cura pastorale, certamente uno dei più urgenti, complessi e difficili. Eppure questa cura non perde il suo fascino in chi la vive e s’impone come un’opera altamente qualificata, capace di dire a tutti noi – più di tante altre realtà – la fede e la speranza di una Chiesa che sa farsi entusiasticamente missionaria trovando sempre nuove strade e nuovi linguaggi.»


 

Per esperienza personale, avendo frequentato l’oratorio negli anni giovanili, per averlo sentito raccontare dai nostri genitori, per averlo appreso da amici e da tante altre persone, possiamo dire che in oratorio abbiamo incontrato «esempi luminosi di santità» che non abbiamo più dimenticato. La loro «dedizione intelligente, appassionata e silenziosa, i loro gesti quotidiani di amore sono stati, per tanti fratelli, una testimonianza affascinante della vicinanza ad ogni persona della paternità amorosa di Dio … Di più, la stessa storia ci dice che l’Oratorio è stato di fatto per molti una “strada verso la santità”. Essa infatti non consiste nel fare grandi cose, ma nel fare piccole cose con grande amore. Se la santità, dunque, ci può apparire come qualcosa di impossibile o di troppo lontano, ricordiamoci che tanti percorrendo la nostra stessa strada hanno realizzato il grande “sogno” di Dio su di loro e ci invitano a fare altrettanto.»


 

Bellissimo l’augurio che il nostro vescovo rivolge, a conclusione del suo messaggio, ai circa 1200 oratori della nostra diocesi e ai 500.000 ragazzi che li frequentano, traendo spunto dall’icona del Buon samaritano, che con san Carlo Borromeo, come abbiamo scritto la scorsa settimana, ci accompagneranno per tutto questo anno pastorale. «I nostri Oratori - scrive Tettamanzi - sono chiamati a diventare delle vere “locande ospitali” alle quali Gesù, il vero e grande “buon samaritano”, affida la cura di molti fratelli. Proprio così immagino i nostri Oratori: locande di passaggio dove si incontrano le vicende umane di altri che camminano sulla stessa nostra strada, ma soprattutto dove si gusta l’amore di Dio che ci raggiunge attraverso l’esperienza concreta di una comunità che educa, accompagna, incoraggia e consola.»


 

Nell’ambito della nostra Comunità “Famiglia di Nazaret”, il progetto pastorale individua gli oratori come luoghi centrali nell’educazione dei ragazzi, punto di riferimento per le famiglie, ma anche aperti ai lontani e alla realtà del territorio.

In Sacer, in questi mesi, è stato pensata una nuova struttura per dotare l’oratorio di “un ambiente semplice, accogliente, resistente e con grandi spazi … imprescindibile per lo svolgimento delle numerose attività pastorali.”

“La ristrutturazione dell’oratorio – ha scritto il Prevosto, don Ettore Colombo, su Voce Amica di aprile 2010 - richiede, ovviamente, anche un ripensamento della sua gestione pastorale.” Per quel che può contare la nostra esperienza personale, ci permettiamo di sottolineare che questo passaggio ci appare prioritario rispetto a tutto il resto, perché altrimenti si potrebbe correre il rischio di formulare proposte sulla base delle contingenze e delle sensibilità del momento.


 

Un’indagine della scorso marzo (commissionata dalla Diocesi di Novara all’Istituto Iard) ha evidenziato che un giovane italiano su due, tra i 18 e i 29 anni, si definisce cattolico. Solo sei anni fa, a dichiararsi tale fu il 66,9%. I sociologi rilevano come in un generale contesto di società liquida, che determina un indebolimento delle appartenenze pure nel mondo giovanile, anche il rapporto con la Chiesa è segnato da una situazione di crisi. Ciò nonostante, quasi otto giovani su dieci mostrano una certa attenzione verso la dimensione religiosa, la quale tuttavia sempre più raramente assume i connotati di un’appartenenza specifica, caratterizzandosi invece per un individualismo fai-da-te, che oltrepassa gli ambiti tradizionali e si nutre di esperienze fortemente suggestive, ad alto impatto emotivo, ma saltuarie.

Dalla stessa ricerca emerge che la maggior parte degli intervistati si definisce credenti sia pure senza identificarsi in una chiesa, mentre i praticanti sono solo il 15,4%. Certamente ci si trova oggi ad avere in parrocchia giovani più motivati e consapevoli, che partecipano alle celebrazioni per scelta e non per tradizione, disponibili anche ad impegnarsi in prima persona a servizio della comunità come catechisti o animatori di gruppi, ma anche qui i dati risultano quanto mai significativi e piuttosto allarmanti quando la ricerca affronta i temi sensibili della bioetica e della morale.


 

Il nostro arcivescovo emerito, cardinale Carlo Maria Martini, lo scorso 19 settembre ha scritto sul Corriere della sera che, nell’attuale contesto sociale, “il vero problema non è la mancanza di riferimenti, ma l’incapacità ad orientarsi verso i valori autentici.” Ha quindi aggiunto che “dobbiamo accettare di vivere in questa nebbia, ma sapendo che il Signore non ci abbandona e che ci sono tanti santi e testimoni anche nel nostro tempo. È ciò che ci si attende dagli educatori: aiutare a scoprire l’energia dello Spirito che ancora oggi è presente e ci vuole portare con efficacia a contemplare tutte le cose da un punto di vista superiore. In questo processo sono responsabili soprattutto gli educatori, la cui opera deve aiutare gli uomini a scoprire i giusti valori.”

Un’azione educativa che ci deve vedere tutti coinvolti, comunità civile e religiosa. Perché anche la città soffre per i disagi e le difficoltà in cui si trovano a vivere le nuove generazioni. In particolare, i credenti sono chiamati a una profonda conversione per far sì che il cristianesimo non resti un amarcord fatto di riti e gesti, che non incidono nella persona e nella società, ma offra solide ragioni per vivere da cristiani testimoniando la speranza che è in loro.

Ai nostri oratori in festa, “locande ospitali”, tutta la nostra fiducia e attenzione.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 27 settembre 2010

 

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