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HOME > La Nota della Settimana > N° 37/2013

CHE IDEA DI VITA TRASMETTIAMO AI NOSTRI RAGAZZI?

 

La vicenda delle cosiddette “baby-squillo” romane da una settimana si è impadronita delle reti televisive e, come sempre accade in questi casi, è stata sfruttata più pensando all’audience che alla drammaticità del problema. Questa vicenda è stata ampiamente raccontata e commentata anche dai quotidiani e molti settimanali cattolici - e non poteva essere altrimenti – vi hanno riservato i loro editoriali, considerata la costante attenzione e le tante energie che le comunità cristiane riservano al tema dell’educazione, soprattutto verso le nuove generazioni. Siamo, tra l’altro, nel decennio (2010-2020) che la Conferenza Episcopale Italiana ha dedicato all’educazione, “arte delicata e sublime”. C’è innanzitutto, nei diversi editoriali dei media cattolici, l’invito ad abbandonare una sorta di fastidiosa ipocrisia, a tralasciare la meraviglia per quanto accaduto, come se fosse una cosa inimmaginabile. Poi si richiama la necessità di offrire ad adolescenti e giovani esempi concreti di “vita buona” e si ricorda che l’educazione richiede un’alleanza tra diversi soggetti e tempi lunghissimi.

Inutile stracciarsi le vesti se non ci si interroga su cosa si è insegnato finora - «L’ipocrisia – ha scritto nel suo editoriale il settimanale diocesano di Vigevano - è sempre in agguato in questi casi, non solo per il falso pudore che ha accompagnato la vicenda, ma al contrario per la malcelata morbosità con cui è stata trattata, proprio per evitare di guardare in faccia il vero problema. Che, infatti, non è semplicemente quello delle baby-squillo, ma (lo sanno tutti anche se fanno di tutto per eluderlo …) è quello legato all’educazione e in particolare della educazione adolescenziale e ancora più in particolare quello della famiglia. Inutile stracciarsi le vesti o meravigliarsi se una ragazza quindicenne si prostituisce per una ricarica o un vestito, se non ci si interroga su cosa si è insegnato finora a quella quindicenne, in termini di valori e di progetto educativo. E cerchiamo anche di evitare l’ipocrisia di parlare di famiglie disagiate e con problematiche, per tranquillizzarci un po’ la coscienza. In realtà, lo dobbiamo ammettere è nelle famiglie “normali” di oggi che nascono queste problematiche, che non sono solo quelle legate al caso di prostituzione, ma quelle più vere di totale assenza di educazione. Le “famiglie normali” di oggi, infatti, sono sempre più quelle di coniugi separati, con marito e moglie in preda a crisi economiche ed esistenziali e che non hanno più tempo per educare i figli, ma “delegano” a scuole ed istituzioni, semplicemente cercando di assicurare il più possibile ai figli, soprattutto in termini di diritti.» Di questa e altre vicende simili, a parere del citato settimanale, occorrerebbe parlarne «con sincerità e verità. Forse ci costa, perché saremmo costretti ad ammettere tante mancanze e tante colpe, non solo da parte di poveri genitori, ma soprattutto dell’intera società e della cultura che per decenni abbiamo costruito.»

Saper offrire con esempi di vita concreta una rotta alternativa ai nostri giovani - «Se vogliamo davvero guardare in faccia il problema – ha scritto il settimanale diocesano di Padova - serve la consapevolezza che ciò che necessità è una profonda riflessione sui nostri modelli culturali e sociali ... Serve una diversa educazione sentimentale. E più ci guardiamo attorno, più capiamo che anche su questo siamo chiamati – come famiglie, educatori, religiosi, sacerdoti, in una parola come Chiesa – a saper dire una parola profetica e a saper offrire con esempi di vita concreta una rotta alternativa ai nostri giovani. Perché lo sentiamo “affar nostro” e anche perché, diciamolo, non ci sono molte porte a cui bussare in questa società. È un vuoto di riferimenti che pesa su un’intera generazione. E oggi, dopo averli caricati di un mare di debiti, dopo averli imprigionati in un sistema che sta trasformando anche un semplice lavoro in un miraggio, rischiamo di assistere inermi all’evaporare dai loro animi del più potente motore della vita, che è il desiderio di amare e di essere amati. Ma amare davvero: col cuore, e col corpo.»

L’educazione esige tempi lunghissimi - «L’educazione non si risolve in alcune belle prediche familiari – commenta il settimanale diocesano di Cesena - né in comunicazioni su argomenti delicati falsamente intesi come dialogo. Sì, perché il confronto si realizza non tanto con le parole che diciamo, ma con l’atteggiamento che teniamo. L’educazione esige “tempi lunghi, lunghissimi” e richiede che tutti gli attori in campo remino nella stessa direzione. Per questo, sul territorio, occorre un’alleanza tra famiglia, scuola, parrocchia e ogni altro soggetto coinvolto ... Occorre andare alla radice della questione: perché ci interpellano i giovani? Quale messaggio diamo loro? Che idea di vita trasmettiamo? In cosa consiste la felicità? E quale tipo di felicità? Si tratta di quesiti ai quali occorre fornire una risposta. Non esiste una zona di mezzo, di indifferenza. O diciamo che i giovani ci interessano e realizziamo comportamenti conseguenti, oppure il nostro messaggio sarà altro rispetto alle buone intenzioni. I valori, e soprattutto ciò che vale nella vita, si testimoniano e basta. Il resto fa parte del bla bla quotidiano, porzione di quel frastuono che ci sovrasta e ci omologa proprio quando pensiamo di essere più liberi di scegliere.»

Un facile errore potrebbe essere quello di pensare che i ragazzi e le ragazze che popolano la nostra città, che frequentano i nostri oratori, siano schermati dalle tentazioni del mondo. Per evitare di cadere in questo errore dobbiamo essere ben consapevoli della realtà in cui viviamo. Soprattutto lo deve essere chi ha compiti educativi. Non possiamo più far finta di cadere dalle nuvole quando si parla di vicende simili a questa delle “bay-squillo”.

Buona settimana!

   Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 18 novembre 2013

 

 

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