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HOME > La Nota della Settimana > N° 34/2014

OSPEDALE UBOLDO E TAGLI ALLA SANITÀ

Tantissimi cernuschesi stanno seguendo con attenzione lo svolgersi della vicenda legata alla chiusura, dal prossimo 1 gennaio, del punto nascite dell’ospedale cittadino, come stabilito in una recente delibera della giunta regionale. In molti sono scesi anche in piazza per dimostrare la loro solidarietà al personale ospedaliero e per protestare contro una decisione ritenuta affrettata e ingiustificata. È senz’altro un fatto positivo che sia stata innanzitutto la società civile a muoversi per prima, con le mamme che hanno partorito all’Uboldo e con le gestanti che l’hanno scelto per il lieto evento: segno che, quando ci sono ragioni serie ed esempi positivi, le persone desiderano esserci e far sentire la propria voce.  Sull’argomento si è espresso all’unanimità anche il consiglio comunale, con l’approvazione di una mozione, di cui riferiamo più diffusamente in un altro articolo. Quello che merita di essere sottolineato, a seguito degli ultimi sviluppi annunciati dal nostro Sindaco, è la prospettiva che ora si è aperta: sospesa la delibera regionale si potrebbe arrivare anche alla sua revoca in presenza di un piano ospedaliero condiviso, da primi cittadini e dai vertici sanitari e ospedalieri, per il territorio della Martesana, che punti sulla sicurezza e sulla qualità. In questo percorso, come è stato sottolineato da più voci, si deve rifuggire dalla tentazione di difendere il proprio campanile, vale a dire la strenua salvaguardia dell’ospedale sottocasa,  per volgere lo sguardo più lontano. D’altra parte alcuni dati, diffusi propri negli scorsi giorni, lasciano poco spazio a visioni ristrette.       

 

Su 521 ospedali 133 effettuano meno di 500 parti l’anno. Sotto, dunque, il parametro minimo fissato dagli standard ospedalieri ministeriali. Il dato emerge dal Rapporto Esiti (Pne) 2014, elaborato dall’Agenzia per i servizi sanitari (Agensea) per il Ministero della Salute. Le regioni con più ospedali sotto questa la soglia di sicurezza sono Campania, Sicilia e Lazio. Forti differenze tra regioni anche in tema di parti cesarei, comunque diminuiti dal 29% del 2008 al 26% del 2013. Nel Nord i valori sono attorno al 20%, al Sud sfiorano il 40%, con il record della Campania dove si raggiunge il 50%. Anche qui gli standard qualitativi e quantitativi fissati dal Ministero sono violati se è vero che la quota massima di cesarei primari per i nosocomi con più di 1.000 parti non può oltrepassare il 25%, mentre per quelli con meno di 1.000 parti è fissata al 15%. Pur se i dati e i volumi sono parziali, la soglia sicurezza è spesso lontana. Il Rapporto, che evidenzia comunque un generale miglioramento della qualità delle cure, suggerisce che dove si fanno più interventi si muore meno. Di contro, le strutture che non rispettano gli standard di sicurezza, intesi come il minimo di prestazioni, sono anche quelle che presentano i maggiori rischi per i pazienti.

La qualità del Servizio sanitario nazionale - Un altro rapporto, reso noto sempre la scorsa settimana, mette in evidenza come oggi, nella rivoluzione che sembra stia colpendo inesorabilmente tutti i settori della società, anche la sanità è messa in discussione e appare a rischio di poter continuare a mantenere un servizio universale. Lo spiega il Censis (Centro studi investimenti sociali) nel rapporto presentato lo scorso 27 ottobre a Roma col titolo “Informati ed insoddisfatti: verso una sanità minimale?”. Anzitutto, il 49%  degli italiani giudica inadeguati i servizi sanitari della propria Regione, con una percentuale che sale al 72% al Sud. Qual è la “colpa” più grave del sistema sanitario? Le liste d’attesa, che stroncano le speranze dei più, costretti a ricorrere, in casi davvero seri, alle visite e cure private. Per questo aspetto ben il 64% si dice gravemente insoddisfatto. Per non parlare del ticket, variamente presente e modulato nelle Regioni: per il 45% degli italiani, si tratta di una tassa iniqua e per il 35% i farmaci garantiti dal Ssn sono insufficienti. Il dato più eclatante è che le persone riscontrano un peggioramento del Servizio sanitario nazionale. Senza dimenticare i “tagli” variamente imposti alla sanità nel corso degli ultimi anni: molto negativo è il giudizio sulla chiusura dei piccoli ospedali: il 67% dei cittadini si dichiara contrario, perché li ritiene un presidio importante.

Un’occasione da non sprecare - L’assessore alla sanità della nostra Regione ha momentaneamente sospeso l’efficacia della delibera di chiusura del nostro punto nascite in attesa di ricevere, come già accennato, entro un mese, un piano di razionalizzazione e sviluppo per gli ospedali del nostro territorio. Un’occasione da non sprecare, soprattutto in tempi di risorse scarse, che devono essere utilizzate al meglio per conservare il ruolo primario e insostituibile della sanità pubblica nell’ambito della tutela della salute dei cittadini. Naturalmente le implicazioni sociali di un riordino ospedaliero sarebbero più accettabili se non continuassimo ad assistere a episodi di corruzione e a sprechi incomprensibili, come quelli di reparti ristrutturati e mai aperti o aperti per pochi mesi e poi trasferiti o di quelli malfunzionanti, casi di cui le cronache di malasanità danno conto periodicamente.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 3 novembre 2014

 

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