CernuscoInsieme

Condividi il contenuto di questa pagina con i tuoi amici:

Torna alla pagina precedente

comunità pastorale

voce amica agorà oasi cVillage

piazzetta

dalla città

CernuscoInsieme.it - Il Portale della tua Città

Stai navigando in
HOME > La Nota della Settimana > N° 34/2012

“ESSERE CRISTIANI NON È UN PRIVILEGIO,
MA UNA RESPONSABILITÀ”

 

L’11 ottobre 1962 la basilica vaticana spalancò le porte a tremila vescovi giunti da tutti gli angoli del pianeta per l’apertura del Concilio Vaticano II. “La dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele” – così si era espresso Giovanni XXIII in quel giorno – chiedeva di venire “approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi”.

Cinquant’anni dopo, l’esigenza è ancora molto viva, tanto da convincere Benedetto XVI a convocare il sinodo dei vescovi per studiare e promuovere una nuova evangelizzazione in un mondo profondamente cambiato.

Di quel grande evento non abbiamo ricordi personali – eravamo troppo piccoli allora – e neppure sfogliando le pagine di Voce Amica  di quegli anni, dal 1962 al 1965, abbiamo trovato articoli di presentazione approfondimento e aggiornamento, salvo dei brevissimi accenni, quasi che il Concilio fosse qualcosa di lontano ed estraneo alla vita della parrocchia. Solo più tardi - con la riforma liturgica (la Messa celebrata in italiano) e con una più diretta partecipazione dei laici alla vita della Chiesa, con l’istituzione dei consigli pastorali parrocchiali – si iniziò a comprenderne l’importanza e a coglierne i frutti, ma nel frattempo i cambiamenti sociali della fine degli anni ’60 avevano già inciso significativamente sulla vita della nostra comunità cristiana.  

Il grande tesoro che il Concilio ha lasciato alla Chiesa - A parere di monsignor Luigi Bettazzi - vescovo emerito di Ivrea, uno dei pochi padri conciliari ancora viventi – il grande tesoro del Concilio sono «senz’altro le quattro Costituzioni. Prima credevamo la Bibbia, ma non si leggeva, non si accoglieva: la Dei Verbum la definisce una parola che Dio rivolge a noi. La Sacrosantum Concilium ha portato una grande novità nella liturgia: prima si assisteva alla Messa dicendo il Rosario per poter pregare, ora la celebrazione eucaristica ci viene presentata come la preghiera del popolo di Dio che si unisce a Gesù Cristo. La Chiesa nella Lumen gentium non è più pensata soltanto come la gerarchia: è il popolo di Dio e la gerarchia è a suo servizio. La Gaudium et spes ci porta a superare l’idea che tutto quello che è cattolico va bene e il resto no: tutto il mondo è grazia, è pieno dello Spirito Santo, anche al di fuori dei confini della Chiesa, che non è l’esclusiva della salvezza ma il “sacramento”, cioè il “segno sensibile” e lo “strumento efficace” dell’unità con Dio e dell’unità degli uomini tra loro».

Il Concilio - ha aggiunto monsignor Bettazzi, intervistato da un settimanale cattolico - «ci mostra un modo di vedere non statico, ma molto dinamico, che intende coinvolgere le persone. Il compito della Chiesa è aiutare l’umanità ad essere migliore. Essere cristiani non è un privilegio, ma una responsabilità: tutti i cristiani, in particolare i giovani, sono chiamati a contribuire allo sviluppo della vita sociale e della vitalità della Chiesa».

A cinquant’anni di distanza, pensando a come la Chiesa e i cristiani hanno recepito il Concilio  si potrebbe dire - ha proseguito il vescovo emerito di Ivrea - «utilizzando un’espressione teologica, che siamo nel periodo del “già e non ancora”. Faccio alcuni esempi. La Bibbia si legge di più, ma non è ancora il fondamento ed è ridotta spesso a spunto per i propri progetti. Si partecipa meglio alla liturgia, ma non è veramente il momento più alto e la fonte della vita della Chiesa e del cristiano. L’anniversario del cinquantesimo può essere l’occasione per riprendere i grandi messaggi tratti dal Concilio e cercare di attuarli.».

Guardando, infine, ai passi che si sta facendo più fatica a fare e che rappresentano la sfida dei prossimi decenni, monsignor Bettazzi li ha indicati in «quelli legati alle due grandi “rivoluzioni copernicane” del Concilio: la valorizzazione del laicato e il guardare il mondo come l’azione dello Spirito Santo anche al di fuori della Chiesa. Per quanto riguarda il primo aspetto, spesso siamo ancora noi clero che facciamo, continuando così a dire le cose di una volta: bisogna dare più spazio e fiducia al laicato perché oggi c’è bisogno di informare con la parola della fede una società che è in evoluzione. Riguardo a chi è fuori della Chiesa, il Concilio – ma anche il magistero successivo – ci dice, per esempio, che si può andare in paradiso anche senza battesimo, perché è Cristo che salva tutti, purché si creda. Questo cambia tutto e allora compito primo della Chiesa e dei cristiani diventa quello di alimentare la fede».

Ecco indicato l’impegno per ogni credente, ricordandoci che è «la qualità della nostra fede e della testimonianza nei luoghi della vita la ricchezza più grande anche per le nostre comunità.»

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 15 ottobre 2012

 

Sito continuativamente attivo dal 1 gennaio '01    Best View:  800x600  IE 6