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HOME > La Nota della Settimana > N° 33/2011

L’INGRESSO DEL NUOVO ARCIVESCOVO.
VERSO IL RINNOVO DEL CONSIGLIO PASTORALE.

In queste ultime due domeniche, durante le celebrazioni eucaristiche, ci è stato ricordato che il prossimo 16 ottobre, saremo chiamati ad eleggere il consiglio pastorale della nostra comunità pastorale.

È un momento molto importante nella vita della comunità cristiana, tuttavia sono anche evidenti i segni di affaticamento e in parte di delusione che accompagnano questo evento. Non ci può certo consolare il fatto che questi siano sentimenti diffusi, come richiamava un documento della Commissione presbiterale italiana del 2009: «è palpabile un senso di netta frustrazione rispetto alle esperienze condotte negli ultimi decenni. “I consigli pastorali ai vari livelli risultano spesso inconcludenti, confusi negli obiettivi, caratterizzati da una capacità di ascolto reciproco molto bassa: vissuti con la sensazione di parlare lingue diverse partendo da orizzonti diversi.” Ne deriva addirittura in molti casi “la conclusione dell’inutilità di questi organismi e in generale delle riunioni che si fanno nelle nostre comunità ecclesiali.”»

Quindi tutto inutile, tutto sbagliato, tutto da rifare? Certamente no! Lo stesso documento aggiunge, infatti, che «se gli organismi di partecipazione non funzionano, è stato rilevato che sono i canali di comunicazione a non funzionare, dal momento che esiste una stretta interdipendenza tra “comunione, partecipazione e comunicazione”», ma non solo, fondamentale è anche la preparazione di ciascun consigliere.        

 

Per capire l’importanza ed il ruolo del consiglio pastorale, ci rifacciamo a quanto affermato dal 47° Sinodo della diocesi milanese (1995):  «Un momento significativo della partecipazione all’azione pastorale della parrocchia si realizza anche mediante il consi­gliare nella Chiesa, in vista del comune discernimento per il servi­zio al Vangelo. Il consigliare nella Chiesa non è facoltativo, ma è necessario per il cammino da compiere e per le scelte pastorali da fare. Il consiglio pastorale parrocchiale e, nel suo settore e con la sua specificità, il consiglio parrocchiale per gli affari economici, so­no un ambito della collaborazione tra presbiteri, diaconi, consacra­ti e laici e uno strumento tipicamente ecclesiale, la cui natura è qulificata dal diritto-dovere di tutti i battezzati alla partecipazione cor­responsabile e dall'ecclesiologia di comunione.

Il consiglio pastorale, in una corretta visione ecclesiolo­gica, ha un duplice fondamentale significato: da una parte rappre­senta l'immagine della fraternità e della comunione dell'intera co­munità parrocchiale di cui è espressione in tutte le sue componen­ti, dall'altra costituisce lo strumento della decisione comune pasto­rale, dove il ministero della presidenza, proprio del parroco, e la corresponsabilità di tutti i fedeli devono trovare la loro sintesi. Il consiglio pastorale è quindi realmente soggetto unitario delle deli­berazioni per la vita della comunità, sia pure con la presenza di­versificata del parroco e degli altri fedeli. È quindi possibile defi­nirlo organo consultivo solo in termini analogici e solo se tale con­sultività viene interpretata non secondo il linguaggio comune, ma nel giusto senso ecclesiale. I fedeli, in ragione della loro incorpora­zione sono abilitati a partecipare realmente, anzi a costruire giorno dopo giorno la comunità; perciò il loro apporto è prezioso e necessario.»

Le sole norme regolamentari non possono bastare a far funzionare bene questo organismo di partecipazione, ed infatti il testo sinodale aggiunge che sono richieste «u­na coscienza ecclesiale da parte dei suoi membri, uno stile di co­municazione fraterna e la comune convergenza sul progetto pasto­rale …  La cura per il bene comune della Chiesa domanda a tutti l'attitudine al dialogo, l'argomentazione delle proposte, la fa­miliarità con il Vangelo e con la dottrina e la disciplina ecclesiasti­ca in genere. È inoltre richiesta la necessità di una formazione assi­dua per coltivare la sensibilità al lavoro pastorale comune.»

 

Cercare nuove vie dell’evangelizzazione, sarà uno dei compiti più importanti del prossimo consiglio pastorale parrocchiale - “Viviamo – ha riconosciuto Benedetto XVI dinanzi al consiglio del Comitato centrale dei cattolici tedeschi, nel suo viaggio in Germania della scorsa settimana - in un tempo caratterizzato, in gran parte, da un relativismo subliminale che penetra tutti gli ambiti della vita”, esercitando “sempre di più un influsso sulle relazioni umane e sulla società”. “Ciò – ha precisato – trova espressione anche nell’incostanza e nella discontinuità di tante persone e in un eccessivo individualismo”. Ancora, “nel nostro mondo ricco occidentale c’è carenza: tante persone sono carenti dell’esperienza della bontà di Dio. Non trovano alcun punto di contatto con le Chiese istituzionali e le loro strutture tradizionali”. Il “perché” è “una domanda sulla quale dobbiamo riflettere molto seriamente” … “In Germania – ha poi aggiunto riferendosi alla situazione tedesca, ma non solo – la Chiesa è organizzata in modo ottimo. Ma, dietro le strutture, vi si trova anche la relativa forza spirituale, la forza della fede in un Dio vivente? Sinceramente dobbiamo però dire che c’è un’eccedenza delle strutture rispetto allo Spirito. Aggiungo: la vera crisi della Chiesa nel mondo occidentale è una crisi di fede. Se non arriveremo a un vero rinnovamento nella fede, tutta la riforma strutturale resterà inefficace”. Da qui l’invito “a cercare nuove vie dell’evangelizzazione”, partendo, ad esempio, da “piccole comunità, dove si vivono amicizie, che sono approfondite nella frequente adorazione comunitaria di Dio”.

 

Amicizia, capacità di relazione, accoglienza sono atteggiamenti che ci ha ricordato anche il nostro vicario episcopale, monsignor Carlo Faccendini, lo scorso 23 maggio, quando - nello svolgere un’ampia e bella riflessione sulle caratteristiche che deve avere il discepolo designato ed inviato ad annunciare il Vangelo, come deve sentirsi un consigliere pastorale parrocchiale - disse che “un elemento che caratterizza lo stile del discepolo è la sua capacità di relazione o, se volete, la cura delle relazioni. La pastorale è innanzitutto relazioni.” E poi, a rafforzare questa sua riflessione e profonda convinzione, ha aggiunto che “senza accoglienza e cura delle relazioni, ci sono le cose della Chiesa, ma non c’è la Chiesa. Rimaniamo solo noi.”

 

Dal primo consiglio pastorale parrocchiale, eletto nella Parrocchia Santa Maria Assunta nel 1972, molte cose sono cambiate: dalla nascita di altre due parrocchie al loro recente riunirsi in una comunità pastorale cittadina, dal progressivismo invecchiamento della popolazione alla difficoltà di dialogo con le nuove generazioni, dalla diminuzione del clero al venir meno di forze nuove disponibili a impegnarsi nelle molteplici iniziative, dalle presenze sempre più anziane alle nostre assemblee liturgiche al calo dei praticanti. Non c’è da essere pessimisti o disfattisti, anche perché nel frattempo dei risultati positivi sono stati raggiunti. C’è, invece, da prendere atto della situazione e dell’impegno serio richiesto a ogni credente.

L’invito del Direttivo della nostra Comunità pastorale a ciascun fedele è quello di “segnalare la propria disponibilità ad essere candidato o il nome di qualche altro fedele laico ritenuto adatto a svolgere un tale ruolo, rivolgendosi direttamente al prevosto , ai membri del Direttivo o ai componenti della Commissione elettorale, entro il prossimo 2 ottobre.    

 

L’ingresso del nuovo Arcivescovo, cardinale Angelo Scola. «Se non vi abbiamo compresi … se non siamo stati capaci di ascoltarvi come si doveva (oggi) vi invitiamo: venite ed ascoltate». Il cuore del primo discorso del neo arcivescovo di Milano Angelo Scola, domenica 25 settembre, sta soprattutto qui, in questa citazione di Giovan Battista Montini, che da arcivescovo di Milano nel 1956 volle indire una Missione cittadina, sulla scia di quanto già accadeva in Francia. Una decisione rivoluzionaria per la Chiesa di allora, che da Milano volle aprirsi per conoscere le sofferenze delle realtà sociali, in primo luogo il mondo del lavoro.
«Venite ed ascoltate» ha ripetuto Scola agli oltre ventimila fedeli che fuori e dentro il Duomo di Milano hanno ascoltato la prima omelia del neo arcivescovo che si colloca dunque chiaramente sulla scia di colui che, passato dalla cattedra di Ambrogio, una volta diventato Papa, raccolse l'eredità del Concilio indetto da Giovanni XXIII.
E' dunque chiaro il primo riferimento programmatico dell'arcivescovo Scola: se la fede non incarna la vita quotidiana non ha ragione di essere. E questo vuole dire fin da subito a Milano: «Nel giovane Montini – ha affermato Scola - era ben chiara una convinzione: un cristianesimo che non investa tutte le forme di vita quotidiana degli uomini, cioè che non diventi cultura, non è più in grado di comunicarsi. Da qui il processo che avrebbe portato inesorabilmente alla separazione tra la fede e la vita cui il magistero di Paolo VI fece spesso riferimento e avrebbe condotto al massiccio abbandono della pratica cristiana con grave detrimento per la vita personale e comunitaria della Chiesa e della società civile. Nei vent’anni del mio ministero episcopale - ha proseguito - ho avuto dolorosa e crescente conferma dell’attualità di questa diagnosi, soprattutto per gli uomini e le donne delle generazioni intermedie. Essi sembrano sopraffatti dal “mestiere di vivere”. Normalmente non sono contrari al senso cristiano dell’esistenza, ma non riescono a vederne la convenienza per la vita quotidiana loro e dei loro cari».
L'incontro mondiale delle famiglie è così la prima tappa del cammino del cardinale Scola con la sua Chiesa.  «Siamo nella condizione di non avere “quaggiù una città stabile” – ha detto ancora nell'omelia il neo arcivescovo - Questa posizione umana è vertiginosa. E tuttavia non fa del cristiano un alienato. Anche se non è di questo mondo, egli è pienamente nel mondo. Lo abita lasciandosi abbracciare da Gesù, “centro del cosmo e della storia”. Egli edifica in tal modo la propria casa sulla roccia, sull’amore oggettivo ed effettivo. Nel dono totale di sé, reso possibile dalla sequela di Gesù, la vita fiorisce. Il VII Incontro Mondiale delle Famiglie del maggio prossimo, in cui avremo il dono della presenza tra noi di Benedetto XVI, ci consentirà di riflettere sul significato dell’uomo-donna, del matrimonio, della famiglia e della vita. Aspetti che - con il lavoro ed il riposo (la festa), l’edificazione di una città giusta, la condivisione magnanima e perciò equilibrata delle fragilità, delle forme di emarginazione, del travaglio dell’immigrazione - descrivono l’esperienza comune di ogni uomo. Ho bisogno di voi, di tutti voi, per poter svolgere nella gioia e non nel lamento questo gravoso compito, di cui - ne sono ben consapevole.»

 

Il nostro augurio. Accogliamo il nuovo arcivescovo con l’augurio che il nostro Prevosto gli ha rivolto, nella sua qualità di segretario del Consiglio presbiterale diocesano, dalle pagine di Avvenire (domenica 25 settembre 2011): “Benvenuto vescovo Angelo, come hanno fatto Ambrogio, Carlo e tutti i santi vescovi di Milano, continui ad offrire alla fragile libertà umana la ricchezza della libertà evangelica.”

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 26 settembre 2011 

 

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