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HOME > La Nota della Settimana > N° 30/2011

In tempi di crisi, rilanciare la speranza e far rifiorire la fiducia

Stiamo attraversando un periodo segnato da una profonda crisi economica e finanziaria di cui probabilmente non abbiamo ancora compreso tutta la gravità. Una crisi – come è stato sottolineato da autorevoli commentatori – caratterizzata da tante incertezze, ma anche da “un punto certo: l’attuale crisi italiana, così come anche la crisi internazionale, sono innanzitutto crisi di valori. Degrado morale e crisi economica sono strettamente collegati: non vi può essere buon governo, sviluppo economico né benessere del popolo se alla radice non vi è un solido fondamento etico che accompagna e sostiene le scelte di chi deve governare. È questa è la ragione di fondo per cui l’apporto dei cattolici risulterà indispensabile per superare la crisi.” (Pier Paolo Saleri, Avvenire 10 agosto).

Non solo perché, come ha scritto Aldo Cazzullo, “i tempi difficili richiedono riferimenti forti, ma perché la dottrina sociale del cattolicesimo – rifinita da Wojtyla nella Laborem exercens e da Ratzinger nella Caritas in veritate – ha anticipato la tendenza che, dopo gli anni della finanza selvaggia, riemerge ora in tutto il mondo, fondata sul primato delle persone sulle cose e del lavoro sul capitale.” (Corriere della sera, 22 agosto 2011).


 

Non intendiamo entrare specificatamente nel merito delle questioni economiche e finanziare che tanto stanno facendo discutere in queste settimane, quanto, piuttosto, soffermarci su alcune significative sottolineature fatte da alcuni affermati opinionisti. «In questa crisi – ha scritto l’economista Luigino Bruni - è in gioco la nuova economia di mercato nell’era della globalizzazione, che dovrà essere diversa da quella che abbiamo creato fin qui. Ciò che ad oggi è certo è che la vecchia politica basata sui governi nazionali, sugli equilibri partitici e sulla sovranità non funziona più. Che cosa uscirà da questo fallimento non lo sappiamo: possiamo solo prevedere alcuni anni di fragilità, di rischio sistemico, di incertezza, con sacrificio per tutti, speriamo con un po’ d’equità. E dobbiamo soprattutto rilanciare la speranza, che è la grande virtù in tutti i tempi di crisi, è il terreno fertile dal quale può rifiorire anche la fiducia.” (Luigino Bruni, Avvenire, 12 agosto 2011).


 

Come affrontare allora questa crisi? Per lo scrittore e poeta Davide Rondoni, «dentro la crisi si può stare in due modi: con una giovinezza del cuore o con una vecchiezza. La giovinezza del cuore è data dalla presenza di una continua ripresa di ideale, da un desiderio di bene che nessun cinismo oscura. La giovinezza del cuore è il segreto di chi non ha abbandonato il desiderio di bene. Chi ha questa giovinezza del cuore chiama intorno a sé le risorse migliori. I giovani più desiderosi del bene sono quelli che fanno crescere la speranza, la lena contro ogni malora. La vecchiezza invece assale - non importa a che età - coloro che con un velo di mestizia negli occhi si concentrano sul limite, sulla debolezza propria e altrui. Sono quelli che fanno crescere l'amarezza. Quelli sempre pronti a criticare. A non credere più a niente, a ridurre tutto a un triste e poco interessante gioco di opinioni. Diciamolo, sono quelli che pensano che tanto tutto è relativo. Nel senso che non c'è niente che ha un valore assoluto. Niente per cui vale la pena vivere e morire. Nessuna certezza, nessuna verità. Solo stanca perplessità. Che ferma i cuori, ferma il mondo. Lo invecchia. Il relativismo invecchia, la certezza muove speranze e alimenta il futuro.» Avvenire, 28 agosto 2011)


 

L’accelerazione che la crisi ha avuto nelle scorse settimane si è incrociata con il raduno di oltre due milioni di giovani, a Madrid, per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù. Colpito e ammirato dai giovani giunti nella capitale spagnola, Marcello Veneziani ha proposto di ripartire da loro per superre la crisi. Perché quei giovani, a parere del giornalista, hanno dimostrato che «vogliono connettersi, incontrarsi, darsi un progetto, cercano figure simboliche, percorsi di santità e tradizioni. Scrutano il futuro e non lo lasciamo agli indici di Borsa … Quei ragazzi sono un punto per ripartire. In che senso? Bisogna ricostruire in Europa il legame sociale. È importante, è indispensabile … Da una parte una politica in grado di guidare i processi e rispondere in modo adeguato alla crisi. E dall’altra un ritrovata coesione sociale dei popoli europei intorno a un tessuto condiviso di valori, esperienze, memorie e tradizioni.» Che il commentatore ha ritenuto già presente nei giovani della GMG. (Il Giornale, 23 agosto 2011).


 

L’importanza di ripartire dai giovani è stata richiamata, con un significativo parallelismo, anche dall’economista Luigino Bruni. «Era impressionante notare il contrasto stridente tra quanto avveniva a Madrid alla GMG e le turbolenze, le incertezze e le paure dei mercati e della politica. Il palcoscenico era sempre lo stesso: l'Europa e il mondo, ma quanto diversi i sentimenti, l'entusiasmo, lo scenario, i colori, la gioia. Da una parte si celebrava la debolezza e l'inadeguatezza della politica, lo strapotere dei poteri forti della finanza, la mancanza di crescita e di sviluppo, il grande indebitamento frutto anche della mancanza di speranza e di fiducia; dall'altra si celebrava e festeggiava la vita, la speranza-fede-fiducia (fìdes), l'entusiasmo, la gioia di vivere. In realtà, quei giovani e questa Chiesa non vivono in un altro pianeta, non sono meno preoccupati e coinvolti dalle vicende economico-finanziarie di questi tempi difficili: ciò che è profondamente diverso è lo "sguardo" e il punto di vista da cui osserviamo la realtà. I giovani, infatti, non sono soltanto, come spesso si usa ripetere (un po’ paternalisticamente) il futuro della nostra società: essi sono anche e soprattutto un modo diverso di vivere e interpretare il presente, l’oggi, la storia. I giovani sono una prospettiva sul mondo, occhi capaci di vedere cose diverse da chi giovane non lo è più o non lo è ancora. I giovani sono stati a capo dei più grandi movimenti di cambiamento epocali … Esiste oggi una grande “questione giovanile" mondiale, che è anche una delle cause della crisi, etica oltre che economica che stiamo vivendo. Non solo i giovani restano sempre più fuori dal mondo del lavoro (sempre più spesso si trova lavoro ormai quando non si è più giovani), ma sono fuori dei luoghi che contano, dai luoghi dell'economia e della politica e delle istituzioni. » Teniamo, invece, presente che «i giovani portano entusiasmo, gratuità, profezia, coraggio che sono gli alimenti essenziali per ogni buona società e che quando mancano tutto si rabbuia e incupisce» e che «senza il protagonismo dei giovani né l'economia, né la società funzionano». (Avvenire, 23 agosto 2011)
 

Rilanciare la speranza, far rifiorire la fiducia, ricostruire il legame sociale, puntare sui giovani e su solidi fondamenti etici: c’è tanto su cui riflettere, alla ripresa delle attività, dopo la consueta pausa estiva.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 5 settembre 2011


 

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