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HOME > La Nota della Settimana > N° 2/2014

«IL MIGRANTE È UN FRATELLO
DA ACCOGLIERE, RISPETTARE E AMARE»

«Non sono tanto i criteri di efficienza, di produttività, di ceto sociale, di appartenenza etnica o religiosa quelli che fondano la dignità della persona, ma l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio e, ancora di più, l’essere figli di Dio; ogni essere umano è figlio di Dio! In lui è impressa l’immagine di Cristo! Si tratta, allora, di vedere noi (cristiani) per primi e di aiutare gli altri a vedere nel migrante e nel rifugiato non solo un problema da affrontare, ma un fratello e una sorella da accogliere, rispettare e amare, un’occasione che la Provvidenza ci offre per contribuire alla costruzione di una società più giusta, una democrazia più compiuta, un Paese più solidale, un mondo più fraterno e una comunità cristiana più aperta, secondo il Vangelo.» Questo è l’invito che Papa Francesco ha rivolto a tutti i cattolici, ma non solo,  in occasione della 100^ Giornata Mondiale del Migrante e del rifugiato, tenutasi la scorsa domenica 19 gennaio. Una giornata accompagnata da un messaggio dal significativo titolo "Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore".  

Un appello è arrivato anche dal presidente della Fondazione Migrantes e arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro: «Noi cristiani dobbiamo cavalcare la profezia e avere il coraggio di andare controcorrente. Dobbiamo ricordarci che i migranti sono uomini e anche per loro Cristo è morto. La profezia è sempre scomoda. Dobbiamo renderci conto che il Vangelo ci chiede di schierarci sempre dalla parte degli ultimi».

“Il mondo può migliorare soltanto se l’attenzione primaria è rivolta alla persona” – Il "mondo migliore" è, per Papa Francesco, quello orientato alla «ricerca di uno sviluppo autentico e integrale, a operare perché vi siano condizioni di vita dignitose per tutti, perché trovino giuste risposte le esigenze delle persone e delle famiglie, perché sia rispettata, custodita e coltivata la creazione che Dio ci ha donato.» Ma «il mondo può migliorare soltanto se l’attenzione primaria è rivolta alla persona, se la promozione della persona è integrale, in tutte le sue dimensioni, inclusa quella spirituale; se non viene trascurato nessuno, compresi i poveri, i malati, i carcerati, i bisognosi, i forestieri;  se si è capaci di passare da una cultura dello scarto ad una cultura dell’incontro e dell’accoglienza.»

Cooperazione internazionale e uno spirito di profonda solidarietà e compassione - Dal Vescovo di Roma viene l’invito ad affrontare e gestire «la realtà delle migrazioni in modo nuovo, equo ed efficace, che esige anzitutto una cooperazione internazionale e uno spirito di profonda solidarietà e compassione. E’ importante la collaborazione ai vari livelli, con l’adozione corale degli strumenti normativi che tutelino e promuovano la persona umana.» Questa collaborazione per il Papa deve iniziare «già con lo sforzo che ogni Paese dovrebbe fare per creare migliori condizioni economiche e sociali in patria, di modo che l’emigrazione non sia l’unica opzione per chi cerca pace, giustizia, sicurezza e pieno rispetto della dignità umana. Creare opportunità di lavoro nelle economie locali, eviterà inoltre la separazione delle famiglie e garantirà condizioni di stabilità e di serenità ai singoli e alle collettività.»

Superamento di pregiudizi - Il Papa chiede anche «il superamento di pregiudizi e precomprensioni nel considerare le migrazioni. Non di rado, infatti, l’arrivo di migranti, profughi, richiedenti asilo e rifugiati suscita nelle popolazioni locali sospetti e ostilità. Nasce la paura che si producano sconvolgimenti nella sicurezza sociale, che si corra il rischio di perdere identità e cultura, che si alimenti la concorrenza sul mercato del lavoro o, addirittura, che si introducano nuovi fattori di criminalità.»

Il Papa invita a «un cambio di atteggiamento verso i migranti e rifugiati da parte di tutti; il passaggio da un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione – che, alla fine, corrisponde proprio alla "cultura dello scarto" – ad un atteggiamento che abbia alla base la "cultura dell’incontro", l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno, un mondo migliore.» Quest’ultimo impegno chiama direttamente in causa ciascuno di noi, perché una “cultura dell’incontro” la si costruisce a partire dai piccoli atteggiamenti quotidiani: per esempio, nel non alimentare situazioni di lavoro nero e sfruttamento che a noi possono fare comodo perché ne traiamo profitto, oppure più semplicemente da come salutiamo o ignoriamo la persona extracomunitaria che incontriamo al parcheggio o che incrociamo in centro città e ci vuole vendere insistentemente una pubblicazione o, quando piove, un ombrello, oppure quando preferiamo stare in piedi piuttosto che sederci vicino a una persona di colore. E quanti altri comportamenti si  potrebbero richiamare. Non abbiamo alternative: sappiamo riconoscere in ogni migrante «un fratello e una sorella da accogliere, rispettare e amare, un’occasione che la Provvidenza ci offre per contribuire alla costruzione di una società più giusta»? A questa domanda di Papa Francesco come rispondiamo? 

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 20 gennaio 2014

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