“IL FUTURO
DELL’UMANITÀ È SOPRATTUTTO NELLE MANI DEI POPOLI”
“Una
nuova mini-enciclica sociale”: così qualcuno ha già definito il
discorso che Papa Bergoglio ha tenuto in occasione del “II
Incontro mondiale dei Movimenti popolari” in Bolivia, tappa del
suo viaggio in America Latina. Uno scritto articolato e denso,
caratterizzato da tre «grandi compiti» affidati dal Successore
di Pietro certo non solo alla platea colorata e festante
dell’Expo Fiera di Santa Cruz de la Sierra: mettere
l’economia al servizio dei popoli; unire i nostri
popoli nel cammino della pace e della giustizia;
difendere la Madre Terra, la casa comune («forse il compito
più importante che dobbiamo assumere oggi»).
Papa Francesco ha ripetuto che «l’equa distribuzione dei frutti
della terra e del lavoro umano
non è semplice filantropia» e «la destinazione universale
dei beni non è un ornamento discorsivo della dottrina sociale
della Chiesa. È una realtà antecedente alla proprietà privata».
Poi ha delineato le facce diverse del «nuovo colonialismo», tra
le quali ha elencato anche «alcuni trattati chiamati “di libero
commercio”, e l’imposizione di mezzi di “austerità” che
aggiustano sempre la cintura dei lavoratori e dei poveri». «Il
colonialismo, vecchio e nuovo» ha detto Francesco «riduce i
paesi poveri a semplici fornitori di materie prime e manodopera
a basso costo, genera violenza, povertà, migrazioni forzate e
tutti i mali che abbiamo sotto gli occhi». Esso produce iniquità
«e l’inequità genera violenza che nessuna polizia,
militari o servizi segreti sono in grado di fermare».
Davanti a questo scenario, Papa Bergoglio ha condannato «un
certo eccesso diagnostico che a volte ci porta a un pessimismo
parolaio o a crogiolarci nel negativo»; e mandato in archivio le
ricette care al «conservatorismo compassionevole», che pretende
di coprire con la filantropia gli effetti devastanti
dell’«ingiustizia sociale». «Non basta lasciare cadere alcune
gocce quando i poveri agitano questo bicchiere che mai si versa
da solo», ha detto Francesco, ricordando che «i piani di
assistenza che servono a certe emergenze dovrebbero essere
pensati solo come risposte transitorie. Non potranno mai
sostituire la vera inclusione: quella che dà il lavoro
dignitoso».
Per
Papa Bergoglio, il sistema di sviluppo che avvolge l’umanità e
il mondo non è sostenibile:
«Noi vogliamo un cambiamento, un vero cambiamento, un
cambiamento delle strutture». «Insisto», scandisce il Papa,
«questo sistema non regge più, non lo sopportano i contadini, i
lavoratori, le comunità, i villaggi ... E non lo sopporta più la
Terra, la sorella Madre Terra, come diceva san Francesco». Il
futuro dell’umanità non è solo faccenda per pochi privilegiati,
ma di chi, «uomini e donne, bambini e anziani», sparge «semi di
speranza» e vive ogni giorno «nell’intrico della tempesta
umana». Per Francesco: «Questo riconoscersi nel volto
dell’altro, questa vicinanza del giorno per giorno, con le sue
miserie e i suoi eroismi quotidiani, è ciò che permette di
esercitare il mandato dell’amore non partendo da idee o
concetti, bensì partendo dal genuino incontro tra persone,
perché non si amano né i concetti né le idee; si amano le
persone».
Il
«cambiamento» chiesto da Papa Francesco «non è una ideologia»,
ma la lettura della realtà in cui viviamo per mezzo di
un’interpretazione perfettamente coerente di insegnamenti
ancorati alla scelta preferenziale di Cristo per i poveri e gli
emarginati. Ecco il perché Francesco ripete che «questa economia
uccide» e riconosce l’urgenza di «mettere l’economia al servizio
dei popoli», perché gli esseri umani e la natura non devono
essere al servizio del denaro. E l’economia «non dovrebbe essere
un meccanismo di accumulazione, ma la buona amministrazione
della casa comune». Una “nuova economia” – insiste Bergoglio -
«è non solo auspicabile e necessaria, ma anche possibile. Non è
un’utopia o una fantasia. È una prospettiva estremamente
realistica». Citando Paolo VI, ripete che le risorse disponibili
nel mondo sono più che sufficienti per lo sviluppo integrale «di
ogni uomo e di tutto l’uomo». E per una vita dignitosa occorre
garantire a tutti l’accesso alle «tre T»: techo, trabajo,
tierra (casa, lavoro, terra). Per Francesco, obiettivo
raggiungibile. Da perseguire con la pazienza del contadino che
si affida ai tempi lunghi e ha «passione per il seminare, per
l’irrigare con calma ciò che gli altri vedranno fiorire». (Antonio
Martino, per
www.azionecattolica.it).
Per leggere il testo integrale
del discorso
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Buona
settimana!
Cernusco sul
Naviglio, 13 luglio 2015 |