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HOME > La Nota della Settimana > N° 28/2014

SITUAZIONE DRAMMATICA PER I CRISTIANI IN IRAQ

“Una ‘N’, lettera iniziale della parola araba Nazarat (cristiano), per indicare le case dei cristiani di Mosul. Quelle vuote sono tutte requisite. Per quelle ancora abitate, ai loro occupanti viene intimato di abbandonarle, oppure di diventare musulmani o di pagare la tassa di protezione, la jizia, prevista dal dhimma (patto di protezione). Anche il vescovado caldeo è stato occupato e sopra ora sventola la loro bandiera” È quanto sta accadendo a Mosul e in alcune zone irachene controllate dai miliziani jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isil), nell’area del neo costituito Califfato Islamico. Un giro di vite contro i cristiani e gli sciiti della zona confermato al Sir (agenzia giornalistica promossa dai settimanali cattolici) da monsignor Shlemon Warduni, vicario patriarcale caldeo di Baghdad. “Sono notizie che arrivano da Mosul e purtroppo – ha detto - non sono le uniche. Ci risulta anche che i rappresentanti del Califfato islamico hanno ordinato ai funzionari pubblici di sospendere ogni aiuto in cibo e gas ai pochi cristiani rimasti in città, agli sciiti e ai curdi. Ogni infrazione al divieto sarà punito in base alla Sharia”. Notizia quest’ultima rilanciata dal sito Ankawa.com. “Stiamo tornando indietro, la situazione peggiora giorno dopo giorno. Nei villaggi cristiani che hanno accolto gli sfollati in fuga da Mosul e dall’Isil è in atto un’emergenza umanitaria – ha ricordato mons. Warduni al sito Baghdadhope - come Caritas Iraq stiamo cercando di fare il possibile ma siamo a corto di mezzi. Anche i pozzi che abbiamo costruito, in collaborazione con l’Unicef, si stanno rivelando insufficienti. Servono aiuti urgentemente, la stagione è calda e serve acqua e cibo ed ogni aiuto che possa alleviare le sofferenze di tutta la popolazione”. 

Grave situazione umanitaria - Il nunzio apostolico in Iraq e Giordania, monsignor Giorgio Lingua, ha confermato al Sir «la gravità della situazione umanitaria nei villaggi, molti dei quali abitati da cristiani, che hanno accolto le persone fuggite da Mosul. Stiamo seguendo l’emergenza e in questo momento i problemi principali sono quelli dell’acqua e dell’elettricità. I pozzi che si stanno scavando non sempre danno acqua potabile rendendo la vita sempre più precaria. Questo spinge la gente a uscire dall’Iraq per trovare migliori condizioni di vita. Tra loro ci sono anche cristiani. Il Paese rischia così di perdere tutta la sua componente cristiana.»

Le notizie che, di giorno in giorno,  arrivano dall’Iraq descrivono una situazione sempre più drammatica per i cristiani, ma non solo. Il palazzo episcopale dei siro-cattolici di Mosul è stato bruciato dagli estremisti islamici dell’Isil. Lo ha denunciato il patriarca della Chiesa cattolica sira, Ignace Joseph III Younan. A Mosul non ci sono più cristiani dopo quasi duemila anni. "Le ultime notizie sono disastrose. Noi con rammarico ripetiamo ciò che abbiamo sempre detto: non si deve mischiare la religione con la politica. Se ci sono inimicizie tra sciiti, sunniti e non so chi altro, questo non deve essere assolutamente una ragione per attaccare innocenti cristiani e altre minoranze a Mosul e altrove. Non è nemmeno una ragione per distruggere luoghi di culto, chiese, vescovadi, parrocchie- dice il patriarca Younan intervistato da Radio Vaticana -. Noi con rammarico diciamo che il nostro arcivescovado a Mosul è stato bruciato totalmente: manoscritti, biblioteca… E hanno già minacciato che, se non si convertiranno all’islam, tutti i cristiani saranno ammazzati. E’ terribile! Questa è una vergogna per la comunità internazionale".

Le responsabilità della politica mondiale - Il patriarca caldeo di Baghdad, Louis Raphael I Sako, non ha nascosto i suoi timori per la situazione dell’Iraq. A Mosul, dopo le “n” di “nasara” (cristiani) scritte sulle facciate delle case, venerdì scorso è stata distribuita una lettera in cui si afferma che i cristiani «possono convertirsi all’islam o pagare la tassa», Jizya. Oppure andarsene. «Vi diamo un giorno di tempo: poi tra noi e voi sarà la spada», minacciava il comunicato dell’Isis.

«Quasi tutti quelli che potevano hanno già lasciato la città», ha spiegato il patriarca in una intervista al Gr1. Sako, dopo aver espresso la sua «paura (per) una guerra civile» in Iraq, il cui esito potrebbe essere una “tripartizione” del Paese, con milioni di profughi che si andrebbero ad aggiungere ai 6 milioni di siriani in fuga – ha evidenziato, con forza, le responsabilità della politica mondiale: «In questo Medio Oriente che sembra un vulcano la comunità internazionale appare un po’ timida. Nessuno vuole un suo intervento militare, ma c’è la possibilità di una soluzione politica e diplomatica. In questo momento c’è una responsabilità della comunità internazionale a cui è chiesto prima di tutto di salvare la vita di centinaia di migliaia di civili».

La situazione drammatica che i cristiani, ma non solo, stanno vivendo in Iraq interpella ciascuno di noi. Anche in questo periodo dell’anno dedicato alle vacanze. Non possiamo volgere lo sguardo altrove e dimenticarci di questi nostri fratelli nella fede duramente provati. Troppe volte siamo stati timidi nel denunciare le persecuzioni contro i cristiani o addirittura abbiamo taciuto. Alla preghiera, a cui ci invita continuamente Papa Francesco, e alla denuncia delle violenze possiamo aggiungere anche un gesto concreto di aiuto, aderendo all’appello lanciato dalla Caritas Italiana (visita caritasitaliana.it per conoscere l’iniziativa) 

Buona settimana!

Carlo e Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 21 luglio 2014

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