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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 28°/2009

Un’enciclica che guarda decisamente al futuro

 

La scorsa settimana ha posto al centro dell’attenzione del mondo due importanti avvenimenti: l’incontro del G8 a L’Aquila e la pubblicazione dell’enciclica sociale di Benedetto XVI. Stampa e televisione hanno dato ampio risalto a questi due eventi  che, solo apparentemente diversi e indipendenti tra di loro, hanno bisogno ancora di tempo e dei necessari approfondimenti per essere pienamente compresi.

 

«L’enciclica sociale “Caritas in veritate” di Benedetto XVI, presentata il 7 luglio scorso, trasforma la dottrina sociale della Chiesa nientemeno che nel rapporto tra la Chiesa e il mondo, dato che essa tratta dello “sviluppo umano integrale nella carità e nella verità”, dilatando all’estremo il tema dello sviluppo della “Populorum Progressio” di Paolo VI della quale ricorda il quarantesimo anniversario. È quindi una grande enciclica perfettamente inserita nel pontificato di Benedetto XVI, che non solo ha fatto dei due termini carità e verità il cuore del suo magistero – essendo essi, secondo il Papa, il cuore stesso del cristianesimo – ma ha anche posto nel modo più radicale il tema di “Dio nel mondo”, ossia se il cristianesimo sia solo utile o anche indispensabile alla costruzione di un vero sviluppo umano. Il Papa pensa che sia indispensabile e in questa enciclica dice perché.
È un’enciclica coraggiosa, quindi, in quanto elimina ogni possibile perplessità sul ruolo pubblico della fede cristiana e sul fatto che da essa derivi una coerente visione della vita, in concorrenza con altre visioni. Il mondo, secondo la “Caritas in veritate” non è solo da accompagnare nel dialogo e mediante una carità senza verità, ma è da salvare mediante la carità nella verità. Per ottenere questo risultato il Papa ha da un lato “riabilitato” Paolo VI e dall’altro ha indicato il punto di vista teologico dal quale la Chiesa deve considerare i fatti sociali. (A proposito di quest’ultimo), il Papa chiarisce che (questo punto) è la fede apostolica e non qualche problema sociologicamente inteso. Insomma la Chiesa non parte “dal mondo” ma dalla fede degli apostoli. Solo così essa può essere utile al mondo. Questa è la prospettiva centrale di tutta l’enciclica e spiega l’insieme delle valutazioni che vi sono contenute. Che lo sviluppo vero non possa tenere separati i temi della giustizia sociale da quelli del rispetto della vita e della famiglia; che non si possa lottare per la salvaguardia della natura dimenticando la superiorità della persona umana nel creato; che l’eugenetica è molto più preoccupante della diminuzione della biodiversità nell’ecosistema; che

l’aborto e l’eutanasia che l’aborto e l’eutanasia corrodono il senso della legge e impediscono all’origine l’accoglienza dei più deboli, rappresentando una ferita alla comunità umana dalle enormi conseguenze di degrado; che l’economia abbia bisogno di gratuità e che questa non si deve aggiungere alla fine o a latere dell’attività economica ma deve essere elemento di solidarietà dall’interno dei processi economici, dato che ormai, tra l’altro, l’attività redistributiva dello Stato è pressoché impossibile. Queste ed altre valutazioni l’enciclica le trae dal Vangelo e mentre con il Vangelo illumina queste realtà – società, economia, politica – le restituisce anche a se stesse, all’autonomia della loro dignità, riscontrando impensate convergenze tra la visione cristiana e i bisogni autentici della società umana.

In questa enciclica per la prima volta vengono trattati in modo sistematico i temi della globalizzazione, del rispetto dell’ambiente, della bioetica e della sua centralità sociale, che nelle che nelle precedenti encicliche erano stati solo sfiorati.

È un’enciclica che guarda decisamente al futuro con il coraggio del realismo della sapienza cristiana. Lo schema Nord-Sud è superato, dice Benedetto XVI, la responsabilità del sottosviluppo non è solo di alcuni ma di tanti, compresi i Paesi emergenti e le élites di quelli poveri, talvolta anche le organizzazioni umanitarie e gli organismi internazionali sembrano più interessati al proprio benessere e a quello delle proprie burocrazie che non allo sviluppo dei poveri, il turismo sessuale è sostenuto non solo dai Paesi da dove partono i “clienti”, ma anche da quelli che lo ospitano, la corruzione la si ritrova in tutta la filiera degli aiuti umanitari, se i Paesi occidentali sbagliano a proteggere eccessivamente la proprietà intellettuale specialmente per i farmaci nelle culture dei paesi arretrati ci sono superstizioni e visioni ancestrali che bloccano lo sviluppo, e così via.

È un’enciclica che condanna le ideologie del passato ed anche quelle nuove: dall’ecologismo al terzomondismo. Essa affronta però soprattutto una ideologia, l’ideologia della tecnica, alla quale è dedicato l’intero capitolo sesto. Dopo il crollo delle ideologie politiche si è consolidata l’ideologia della tecnica, tanto più pericolosa in quanto si alimenta di una cultura relativista, alimentandola a sua volta.» (Stefano Fontana, Agenzia Sir)

 

Queste settimane estive sono cariche di preoccupazione per le badanti - numerose anche nella nostra città - dopo l’approvazione del “pacchetto sicurezza” e in attesa di conoscere tempi e modalità per la loro regolarizzazione.

Sul fenomeno delle migrazioni sono autorevolmente intervenuti negli scorsi giorni i vescovi lombardi con un comunicato già integralmente pubblicato su questo sito.

“La Chiesa - ha detto don Roberto Davanzo, delegato della Caritas Regione Lombardia e direttore della Caritas Ambrosiana - ha il diritto-dovere di intervenire in materia di politica dell’immigrazione per almeno due motivi. Il primo è che da sempre la Chiesa – non per suo merito, ma per il dono del Vangelo – si pone in mezzo agli uomini come maestra di umanità … (Il secondo perché) la Chiesa può parlare di politiche migratorie almeno a motivo delle energie che da sempre mette in gioco” a favore dei migranti.    

 

Il violento nubifragio dello scorso martedì  (ulteriori notizie nel comunicato stampa del Comune ripreso anche da questo sito) ha creato non pochi disagi a parecchi cittadini. I lavori pubblici non sono solo le grandi opere che di volta in volta le amministrazioni comunali in carica approvano e realizzano ma riguardano anche la cura e l’adeguamento dell’ordinario, che non deve avvenire solo a fronte di situazioni di emergenza. La nostra città che ambisce, e giustamente, ad un livello elevato di qualità urbana, non può andare in crisi e restare bloccata per ore, in alcune zone, a causa di piogge abbondanti o di  intense nevicate. Le grandi opere pubbliche si giustificano quando la loro attuazione non avviene a scapito di tutto il resto e nascono non in sostituzione ma accanto alle piccole, le quali altro non sono che la manutenzione dell’esistente, che non deve andare a pezzi.
Confidiamo che il Sindaco, che ha indetto in questi giorni una riunione per esaminare la situazione che si è verificata, sappia programmare e fissare le priorità per gli interventi che si renderanno necessari.    

 

Le famiglie da tempo domandano politiche sociali, fiscali, del lavoro, della previdenza esplicitamente mirate alla loro promozione e tutela. Chiedono che la concertazione tra tempi della famiglia e del lavoro sia affrontata in modo serio e moderno. Cosa ovvia, in una normale democrazia che consideri la famiglia il suo primo e fondamentale “capitale sociale”. La mancanza di finanziamenti statali per l’avvio, in città, di una nuova sezione dell’asilo nido (il comunicato stampa del Comune è pubblicato sulla “piazzetta” di questo sito) non va sicuramente nella direzione a cui abbiamo accennato. Ci auguriamo vivamente che tutte le forze politiche presenti in consiglio comunale prendano una posizione unitaria questa sorprendente e incredibile vicenda.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

 

Cernusco sul Naviglio, 13 luglio 2009

 

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