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HOME > La Nota della Settimana > N° 26/2011

QUEL “NON ABBIAMO BISOGNO” DI PIO XI IMPRESSE UNA SVOLTA ANCHE AI GIOVANI CATTOLICI CERNUSCHESI


 

Ottant’anni fa lo scioglimento dei circoli giovanili cattolici da parte del fascismo provocava la durissima reazione di Pio XI, con una lettera enciclica che fu pubblicata il 5 luglio 1931. Una pagina di storia nazionale che ebbe anche importanti riflessi a livello locale, meritevoli di essere ricordati.

Un’enciclica - come ricorda l’Agenzia Sir - scritta insolitamente in italiano e dal tono quanto mai fermo e amaro. Un’appassionata difesa dell’Azione cattolica italiana e, insieme, un’energica e documentata protesta per le vessazioni messe in atto dal regime fascista contro quella che il Papa considerava la “pupilla dei suoi occhi”.
Non abbiamo bisogno di annunciare a voi, venerabili fratelli, gli avvenimenti che in questi ultimi tempi hanno avuto luogo in questa nostra Sede episcopale romana e in tutta Italia”, scriveva Pio XI in data 29 giugno 1931, e spiegava: “Si riassumono in poche e tristi parole: si è tentato di colpire a morte quanto vi era e sarà sempre di più caro al nostro cuore di Padre e Pastore”. E veramente, prendendo alla lettera l’incipit dell’enciclica, non c’era bisogno: perché ormai in Italia (grazie soprattutto alle denunce fatte dai vescovi nelle singole diocesi) e nel mondo si sapeva della campagna di repressione (culminata in violenze, intimidazioni, irriverenze anche blasfeme contro le persone, perquisizioni, sequestri, vandalismi contro le sedi) attuata per disposizione del regime ai danni dell’Azione cattolica italiana, al fine dichiarato di scioglierne le diverse associazioni, da quelle universitarie e giovanili a quelle infantili, con estensione perfino ad altre aggregazioni come gli oratori e le Figlie di Maria.
I rapporti tra regime e Santa Sede erano peggiorati nella primavera del 1931, a poco più di due anni dalla firma del Concordato. In aprile Mussolini, attraverso l’ambasciatore De Vecchi, aveva presentato al nunzio in Italia, mons. Borgongini Duca, una nota di protesta per la pretesa politicizzazione dell’Azione cattolica italiana e per l’orientamento della stampa cattolica non conforme alle direttive del Governo. Il nunzio, per ordine del Papa, aveva respinto la nota. La notte del 29 maggio arrivò alle questure di tutta Italia un telegramma del capo del Governo con l’ordine di chiudere tutti i circoli della gioventù cattolica e delle federazioni universitarie cattoliche. Il provvedimento trovò esecuzione in tutte le città, con contorno spesso di soprusi e incidenti provocati ad arte dalle squadre fasciste.
Nei giorni successivi il clima rimase teso; il Papa, attraverso “L’Osservatore Romano” – che intanto, unico giornale libero, ospitava le ferme dichiarazioni di condanna dei vescovi per quanto stava accadendo e i messaggi di solidarietà da tutto il mondo – ordinò di sospendere in tutte le città d’Italia le processioni, imminente allora (4 giugno) quella del Corpus Domini. Lo stesso Pio XI in discorsi pubblici e in una riunione di cardinali avvenuta il 18 giugno, denunciò la gravità dei fatti. Nuove note di protesta furono trasmesse dal nunzio apostolico in Italia al Governo, mentre la stampa fascista insisteva nell’accusa del complotto politico ordito negli ambienti dell’Azione cattolica italiana contro il regime. In tale atmosfera rovente arrivò il 4 luglio la notizia della pubblicazione dell’enciclica del Papa contro la dottrina totalitaria del fascismo.
Nel documento, ripreso dalla stampa di tutto il mondo, Pio XI ripercorre gli avvenimenti degli ultimi trenta giorni; ricorda la protesta già da lui espressa contro la “campagna di false e ingiuste accuse” precedente allo scioglimento delle associazioni cattoliche; denuncia i metodi brutali, prima ancora che polizieschi, adottati come se si procedesse contro una “pericolosa associazione a delinquere” anziché contro giovani e fanciulli “dei migliori tra i buoni”; controbatte puntualmente, punto per punto, le “falsità e le vere calunnie” raccolte in un messaggio sbandierato all’opinione pubblica dalla propaganda fascista, sia pure senza alcuna parvenza di ufficialità, messaggio che definisce “tanto tendenzioso” quanto “contrario a verità e giustizia”. Tutta l’amarezza del Papa emerge con evidenza nel passo dell’enciclica in cui si legge: “Un’altra riflessione inevitabilmente si impone. Non si è dunque tenuto nessun conto delle ripetute assicurazioni e proteste nostre, non si è tenuto conto alcuno delle proteste ed assicurazioni vostre, venerabili fratelli Vescovi d’Italia, sulla natura e sull’attività vera e reale dell’Azione cattolica e sui diritti sacrosanti ed inviolabili delle anime e della Chiesa in essa rappresentati e impersonati”.
Il Papa, e con lui la Chiesa, offrono la testimonianza della fermezza con cui vanno difesi i princìpi fondamentali della libertà. Pio XI, che pure in precedenza era stato in un certo qual modo conciliante con il fascismo e con Mussolini, ora non fa più distinzione tra le intenzioni del Capo e le violenze perpetrate in periferia dai seguaci più zelanti del partito. Denuncia il regime, lo Stato totalitario, ne denuncia l’ideologia, che “dichiaratamente si risolve in una vera e propria statolatria pagana”, dichiara illecito il giuramento di fedeltà al Duce e al partito.
Il regime accusò il colpo. Le risposte della stampa fascista furono violente ma controllate. Il più moderato risultò “Il Popolo d’Italia”, diretto allora da Arnaldo Mussolini. Si voleva evitare la rottura definitiva con la Chiesa, anche perché le reazioni internazionali di solidarietà a quanto denunciato dal Papa nell’enciclica non si fecero attendere. Il Direttorio fascista del 14 luglio confermava le accuse di politicizzazione dell’Azione cattolica italiana e parlava ancora di inaudita alleanza tra Vaticano e massoneria nella comune ostilità allo Stato fascista. Ma la situazione d’attrito era destinata ad attenuarsi in agosto, quando da parte delle questure cominciò la restituzione delle sedi e dei documenti in precedenza sequestrati ai circoli cattolici.

La composizione del dissidio avverrà il 2 settembre con un accordo articolato in tre punti, che ebbero poi applicazione nei nuovi statuti dell’Azione cattolica italiana, approvati dalla Santa Sede il 30 dicembre successivo.


 

Nel 1931, a Cernusco - La dura presa di posizione di Pio XI e ciò che ne seguì segnò anche il cammino dei giovani cattolici cernuschesi - costituitisi nel 1905 in “Circolo San Giuseppe” per poi assumere nel 1933 la denominazione di “Associazione giovanile di Azione cattolica Constantes” - come ben emerge dalle testimonianze di alcuni sacerdoti e esponenti di primo piano del gruppo, che aveva la sua sede nel vecchio Oratorio di via Briantea.

Il Prevosto, don Claudio Guidali, che guidò la nostra parrocchia dal 1930 al 1962, così descrisse, una ventina d’anni dopo, quel triste periodo: “Venne il fascismo e mentre aveva riconosciuta l’Azione Cattolica nel Concordato, appena due anni dopo tentò di distruggerla. Ma si trovò di fronte un Papa coraggioso ed una massa compatta e dovette venire a patti: si assunse per sé l’azione politica e sociale lasciando libero il campo dell’apostolato all’Azione Cattolica.” (da:“Constantes, gioventù cattolica 1909 1955, 50° di vita, pagina 10).


 

Molto importante la testimonianza di Alessandro Zucchetti, presidente del Circolo giovani cattolici cernuschesi nel 1928, per capire il clima e le difficoltà di quegli anni.

«In quel periodo (1925 – 1930) l'Azione cattolica aveva le mani legate, era tollerata ap­pena appena. Ed erano tempi difficili. Anche nella nostra Plaga Martesana, chiamata la “gloriosa” in Federazione,

vi erano ancora dei paesi dove non era ancora costituita un'Associazione e l’attività di qualcuno di noi era dedicata alla propaganda e a infondere coraggio a quei bravi giovani.

Qui, a Cernusco, avevamo una Sezio­ne Aspiranti (dai 10 ai 15 anni) con una media di 30 iscritti, ed una Sezione Effettivi (dai 16 ai 30 anni) con una qua­rantina di soci. Di questi giovani, per quanto tutti bravi e volonterosi e ri­spondenti nella quasi totalità al dovere di partecipare all'assemblea, alla Santa Comu­nione e all’Ora di adorazione mensile, solo una quindicina si potevano chiamare attivisti, cioè partecipanti quasi tutte le sere al ritrovo serale ed alla lezione di catechismo dell'Assistente e pronti a qualunque impegno necessario.

La sede? ... Era l'attuale saletta dell'Oratorio vecchio (in via Briantea), corredata di un ta­volo e qualche sedia ... e basta. E allo­ra per noi, mancanti di qualunque altro svago, il divertimento era quello di preparare recite. Quante! ... E che successi! ... E che bravi artisti avevamo! ... La popolazione. di Cernusco lo può attestare.

Ho detto che erano tempi difficili: anche perché la Santa Sede non aveva ancora firmato il .Patto Lateranense, che appianò tante cose. Per darvi un'idea, vi voglio raccontare un fatto fra tanti, e forse uno dei più pacifici.

Una sera fummo invitati, il dotto Penati ed io, in casa di un gerarca qui a Cernusco, il quale coi pugni chiu­si sulla nostra faccia ci accusò di aver fatto propaganda contro l'Opera Balilla (che in realtà non era troppo fiorente non per colpa nostra, ma perché poco ben vista dalle mamme di Cernusco). Quando noi tentammo di discolparci e dire che tutto ciò non era affatto vero, egli ci chiuse la bocca con la ben nota frase: “e state attenti come fate altri­menti passerete dei grossi guaì!” e ci congedò promettendo fulmini e grandi­nate.

E così la nostra attività, anche in seguito per disposizione dell’autorità ecclesiastica, si svolse tutta nel campo religioso.

Avevamo tentato di formare una squadra ginnica tra gli Aspiranti, ma presto fu sciolta. Però non rinunciammo mai alle serate per i coscritti sia del paese che della plaga, alla partecipazione alle giornate di studio e ai convegni religiosi. Ed era sempre presente anche la nostra bandiera.

La maggior parte del programma ve­niva svolto nelle chiese perché dava fastidio a qualcuno che così tanti gio­vani sfilassero per le vie sia pur solo pregando; e Gorgonzola, Melzo, Pessano videro nei nostri congressi e convegni la fede dei giovani educati dai preti.

Anche il nostro indimenticabile cardinale Tosi ci aprì la sua Villa arcivescovile di Groppello, e il motivo lo spiegò lui: “così sarete in casa mia e potrete fare quello che vorrete”.

Questo periodo fu il periodo d’oro per noi come ci disse anche in seguito il venerato cardinale Schuster: “Giovani! Accettate questo dalla Divina Provvidenza, così, non distratti da altre cose, potrete prepararvi per tempi migliori e affronterete con la forza della fede tutto il male che si parerà davanti a voi”.

E così cogliemmo veramente dei frutti. Dalla Sezione Aspiranti di allora abbiamo avuto don Paolo Arnaboldi e don Giuseppe Sangalli, e ancora tutti gli altri aspiranti oggi uomini, veramente bravi padri di famiglia e ottimi cittadini …

Sempre ubbidienti alle autorità ec­clesiastiche, vedevamo nei nostri supe­riori il Signore. Chi non ricorda … i nostri assistenti Don Carlo Gnocchi, Don Fortunato Crotta e Don Luciano Brambilla così dinamici e saggi?

Termino o giovani con questo augurio: noi con costanza abbiamo percorso una via, e senza badare a spine e a fal­se rose siamo arrivati a una meta; abbiamo imparato ad essere buoni cristiani e bravi padri di famiglia: e così sia per voi.” (da: “Constantes, gioventù cattolica 1909 1955, 50° di vita, pagina 31 e 32).


 

Un riferimento preciso alla chiusura dell’Oratorio, all’interno del quale c’era anche la sede del Circolo dei giovani cattolici, l’attingiamo dai ricordi di don Luciano Brambilla.

«Non mi sembra che gli anni in cui fui io Assistente (dal 1929 al 1937) siano stati di somma lode né di grande infamia. S’è cercato di vivere bene la vita dell’Oratorio e dell’Associazione, fedeli il più possibile agli orari e alle iniziative programmatiche delle due istituzioni, facendo prevalere sull’organizzazione esterna la formazione dei singoli e l’incontro particolare coi soci per il perfezionamento della vita morale e religiosa dell’anima.

Non mancarono ore dolorose come quando venne chiuso l’Oratorio con decreto del prefetto Fornaciari, con una disposizione poliziesca che era il risultato dei tormentosi anni di lotta del fascismo contro le organizzazioni cattoliche. C’era allora l’ottimo maresciallo Gessa che ha sempre impedito che le cose si arroventassero: e a Cernusco questo poteva avvenire. Venne anche una denuncia contro il Presidente dell’Associazione (siamo nel 1931), Farina Angelo, per manifestazione sediziosa, con processo alla Pretura di Milano e la relativa assoluzione.» (da: “Constantes, gioventù cattolica 1909 1955, 50° di vita, pagina 34).


 

Giovanni Penati - presidente dell’Associazione nel 1927 e 1932; poi assunse un ruolo di rilievo nella vita amministrativa e sociale della nostra città: primo Sindaco dopo la Liberazione e in seguito presidente dell’Ospedale Uboldo - ci offre un ritratto significativo dell’impegno dei giovani cattolici cernuschesi in quel periodo. La sua testimonianza ci appare ancor più importante perché fu pubblicata nel 1935, quindi nel bel mezzo del ventennio fascista.

«A quella gioventù abituata a correre ed agire si dice: prima la preghiera ed il sacrificio, poi l'azione: prima studiare e com­prendere e poi lanciarsi nella lotta se le circostanze lo richiederanno. Non tutti comprendono il comando nuovo che viene da Roma e dai Vescovi, alcuni si sbandano perché non comprendono la bellezza del nuovo apostolato e non sono soddisfatti del­la nuova vita, ma la maggioranza prosegue compatta il suo cammino verso il proprio perfezionamento religioso, sociale, morale.

Forse nel fervore della lotta e dell’azione poco si era studiato ed il piccolo cate­chismo era stato troppo spesso lasciato da parte anche da coloro stessi che gridavano “Noi vogliam Dio ...” senza conoscerne le sue leggi di amore e di carità.

E certo, il rinchiudersi alla ricerca ed allo studio dei problemi dello spirito, mentre il fisico desiderava movimento e azione fu un sacrificio grande, ma da questo sacrificio ne vennero benefici a tutto quanto il movimento giovanile.

Era necessario ricominciare da capo, e si presero i piccoli, i più piccoli per indirizzarli ai nuovi metodi di vita ed abituarli allo studio, alle gare di catechismo, ad una maggior vita di pietà e di umiltà. … E la nostra Associazione seppe comprendere interamente le nuove direttive, non si fermò a discutere ma si mise al lavoro con alacrità e costanza.” (da: “Trentennio di fondazione 1905 – 1935 Associazione Giovanile di Azione Cattolica Constantes, pagina 19).


 

Rileggendo queste pagine di storia locale ci ha particolarmente colpito la profonda partecipazione dei giovani di allora alla vita della Chiesa e dell’Italia. Giovani radicati in una forte dimensione spirituale e consapevoli della necessità di un’adeguata formazione religiosa e sociale. Non spaventati certamente dalle difficoltà che si trovavano a dover affrontare, ma attrezzati per capirle e superarle. Giovani accompagnati da figure illustri di educatori, preti e laici, pronti a condividere tutto con loro.

Questo periodo – caratterizzato dal “perfezionamento religioso, sociale, morale” – fu quello che poi consegnò alla nostra Cernusco una classe dirigente ben preparata (ricordiamo tra gli altri: Mario e Agostino Pirola, Giovanni Penati, Angelo Cordini, Moraschini Luigi … ) e una folta schiera “bravi padri di famiglia e ottimi cittadini.”

Ricordare tutto questo ci aiuta a comprendere anche meglio il contributo dei cattolici allo sviluppo della nostra nazione, in questo anno celebrativo del 150° dell’unità d’Italia. A proposito della quale, vi invitiamo a leggere il “primo piano” di “Voce Amica” di luglio-agosto.


 

Come ben noto, il cardinale Angelo Scola sarà il nuovo arcivescovo di Milano, dal prossimo settembre. Lo accompagniamo sin d’ora con il nostro affetto e la nostra preghiera, che assicuriamo anche al cardinale Tettamanzi, in segno di profonda riconoscenza per il suo episcopato milanese.

 

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 4 luglio 2011


 

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