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HOME > La Nota della Settimana > N° 25/2013

CATTOLICI, COSTRUTTORI DI PONTI DI DIALOGO

«Come potranno contribuire i cattolici italiani alla rinascita del Paese? La domanda – che si è posto monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, noto e apprezzato teologo - risulta legittima alla luce della nostra storia, in particolare ricordando la ricostruzione fisica e morale della nazione dopo la tragedia della seconda guerra mondiale. L'apporto che i credenti seppero dare al nuovo inizio del Paese fu straordinario, tanto in termini di protagonisti (si pensi solo a un Alcide De Gasperi), quanto sul piano dell'operosità e delle idee (il personalismo cristiano del Codice di Camaldoli fu, ad esempio, fonte ispirativa determinante della Costituzione repubblicana).»

 

La gravita della situazione odierna, una sfida per tutti - Pensando alla “gravità della situazione” odierna, «segnata dalla crisi economica mondiale e più in profondità dalle responsabilità etiche che ne sono alla base», monsignor Forte prosegue nella sua analisi osservando innanzitutto che «è (una) sfida per tutti a un impegno, per il quale non bastano certamente disfattismi, capaci solo di dire dei no». Aggiunge poi che «in questo contesto, il protagonismo dei cattolici dovrebbe esprimersi in tutte le sue potenzialità, mentre sembra che stenti a proporsi e a volte perfino a definirsi. Nonostante gli impulsi che vengono da Papa Francesco col suo costante richiamo al Vangelo e alla scelta dei poveri».

Monsignor Forte - nel suo intervento pubblicato sul Il Sole 24 Ore dello scorso 2 giugno - “per cercare risposte alla domanda iniziale”, ricorda la testimonianza di due personalità che “hanno saputo mostrare la capacità della fede cristiana di illuminare e trasformare il presente personale e collettivo”: “don Pino Puglisi, sacerdote palermitano appena beatificato, e don Italo Mancini, pensatore vigoroso, protagonista rilevante del dibattito culturale di fine secolo.”

 

Il Vangelo, forza trasformante da testimoniare nel quotidiano esercizio della carità – L’arcivescovo di Chieti delinea così i tratti peculiari di don Puglisi: «un sacerdote fedele, educatore appassionato dei giovani, che aveva fatto del Vangelo non solo il suo codice di vita, ma anche la fonte a cui attingere costantemente per la formazione dei suoi ragazzi. Proprio così il suo martirio, voluto dalla barbarie mafiosa che evidentemente si sentiva minacciata dalla forza della verità e dell'amore che quel prete irradiava, diventa una prova eloquente di come il male possa essere combattuto e vinto unicamente dal bene. Alla violenza don Pino rispondeva con la mitezza e il perdono; alla paura con il coraggio della carità; al mondo in sfacelo della logica mafiosa, con l'annuncio innamorato di Cristo a tutti e specialmente ai giovani, alba di un nuovo domani. Si comprende qui chiaramente qual è il primo, straordinario apporto che i credenti possono dare a una Italia migliore: la luce del Vangelo, la sua forza trasformante e la testimonianza credibile di essa nel quotidiano esercizio della carità. È su questo che don Puglisi aveva scommesso tutto … (mostrando) la ricaduta di una vita consacrata al Vangelo su un mondo che della forza aveva fatto la sua legge, calpe­stando la dignità dell'essere uma­no immagine  di Dio.»

 

Saper ascoltare l'altro e proporre la propria idea nell'impegno di ser­vire la verità – Per monsignor Forte «diversa e complementare è stata la testimonianza di don Italo Mancini: docente universitario, pensatore rigoroso e scrittore fecondo …  Nella fatica dei tempi che gli furono dati di vivere - quelli delle contrapposizioni ideologiche e della guerra fredda - egli aveva saputo testimoniare l'insonne ricerca di un pensiero mai pago di soluzioni scontate o tranquillizzanti. La fatica della mediazione fra gli irriducibili - l'essere e il nulla, Dio e l'uomo, la ragione e la fede, il bene e il male - … era sfociata in lui nell'accettazione sempre più consapevole della loro compresenza, in una sorta di esplicito consenso all'inseparabilità dell'uno dall'altro. Era questo in realtà il risultato del primato attribuito al "riconoscimento" dell'altro rispetto a ogni presunzione assoluta dell'io: ascoltare l'altro e proporre la propria idea nell'impegno di servire la verità, che tutti ci trascende, fu lo stile di innumerevoli dialoghi, teorici ed esistenziali, portati avanti da don Italo nell'intenso cammino dei suoi anni. Proprio così, egli seppe fecondare di Vangelo interi orizzonti di pensiero, suscitando domande e accendendo luci lì dove il pregiudizio e la chiusura avrebbero lasciato ciascuno prigioniero della propria solitudine.»

«Su questo compito di costruttori di ponti di dialogo – conclude monsignor Forte, nel suo intervento citato - vissuti nella verità e nella carità, ritengo che dovrà misurarsi anche oggi l'apporto dei cattolici alla rinascita dell'Italia di tutti.»

 

Di donne e uomini capaci di dialogare e non di scatenare conflitti ha certamente bisogno il nostro Paese, soprattutto in questo momento, caratterizzato da una grave crisi economica e con problemi urgenti da affrontare, a cominciare dal lavoro.

Anche il nostro arcivescovo, cardinale Angelo Scola, ha invitato i cattolici ambrosiani “ad abbattere bastioni che ancora ci separano dai mondi dell’umana esistenza”. Bastioni che impediscono di uscire dai recinti culturali e di appartenenza, rigidi ed escludenti, per andare sulle strade del mondo ad annunciare il Vangelo. Questo invito sarà anche al centro della sua lettera per il prossimo anno pastorale.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 24 giugno 2013

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