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HOME > La Nota della Settimana > N° 24/2013

EVASIONE FISCALE: MALE PROFONDO DEL NOSTRO PAESE

 In questa giorni molti di noi sono alle prese con i pagamenti delle imposte. Una scadenza che in tempo di crisi, come l’attuale, pone maggiori preoccupazioni e suscita parecchio malcontento, soprattutto pensando alla vasta area di evasione fiscale che esiste nel nostro Paese.

 

Tra i tanti progetti, necessaria anche una riforma del fisco - «L’appuntamento col fisco può essere occasione per qualche riflessione. Una ce la offre l’Ufficio Studi dell’Associazione artigiani di Mestre, che da anni si è specializzato nel redigere preziose elaborazioni. Calcolando tutte le voci, il contribuente-tipo italiano ha appena smesso di lavorare per lo Stato. Nel 2013 il giorno della cosiddetta “liberazione fiscale” è caduto infatti il 12 giugno, proprio alla vigilia delle scadenze fiscali. Il dato basta e avanza a corroborare i ripetuti appelli che giungono da ogni parte per alleggerire il peso delle tasse. Ma i numeri, da soli, non ci dicono dove, come e quanto tagliare. E qui, come dimostrano anche i primi atti del governo, pareri e programmi divergono sensibilmente.

Di solito, per semplificazione comunicativa, ci si affida alle alternative secche: tassare le rendite finanziarie o il lavoro? La casa con l’Imu o i consumi con l’Iva? Abbassare tutte le aliquote proporzionalmente o guardare ai redditi più bassi? Intervenire sulle detrazioni o sulle deduzioni? Ogni scelta, com’è ovvio, ha vantaggi e svantaggi, premia alcuni e penalizza altri. Secondo quale criterio? Visto che tra i tanti progetti all’esame del governo c’è anche quello di una riforma del fisco, continuiamo a sperare che si apra qualche spiraglio per introdurre (anche in forma sperimentale, anche solo per alcune voci) quel famoso “quoziente familiare” che tanti continuano a richiamare quando è ora di stendere i programmi elettorali. Fare figli, accompagnarli nella crescita, assistere gli anziani in casa non sono solo scelte individuali: sono un insostituibile investimento sul futuro della nostra Italia, che deve esser premiato anche in termini economici. Lo ha ricordato papa Francesco a Napolitano, ce lo indicano le politiche di stati come la Francia che per questa via hanno saputo invertire il calo demografico.

Ma, nello stesso momento in cui chiediamo allo stato di cambiare, non dimentichiamoci della nostra personale responsabilità. L’Italia paga il peso spaventoso di 140 miliardi di evasione, più del doppio di quanto basterebbe a fare tutte insieme le cose sopra elencate. Ci sono i grandi patrimoni nascosti, è vero, ma in fondo pochi possono considerarsi davvero esenti dalla seppur minima critica. Evadere è reato e, per un credente, anche peccato. Ogni furto di legalità, per quanto piccolo, è un ulteriore peso gettato sulle spalle dei più deboli. Tra una critica e l’altra, vediamo di non scordarcene.» (Guglielmo Frezza, La Difesa del popolo, settimanale diocesano di Padova).

 

Se tutti pagassero le tasse … -  «L’evasione è il male profondo del nostro Paese – lo ha sottolineato Lorenzo Caselli, docente emerito di Etica economica all’Università di Genova, in un intervista al Sir - da un punto di vista economico, ma anche socio-culturale. Se tutti pagassero le tasse e il lavoro nero emergesse, non servirebbero manovre per reperire risorse. Detto questo, vi sono anche modi indiretti che contribuiscono all’evasione, magari frutto di una cultura distorta, come il non chiedere la ricevuta al medico o all’artigiano convinti che così ci tratterà meglio, o lo scontrino al commerciante. È un modo di pensare che alimenta il malcostume, avallato da un malinteso senso di “difesa”. Così, però, vi sono meno risorse per i servizi pubblici e cresce l’imposizione, arrivando a livelli che – chi non paga – utilizza pure come alibi per il suo comportamento». Per generare un cambiamento culturale «serve – sempre a parere di Caselli - un forte richiamo ai valori e far capire che evadere è un furto, non dichiarare per intero i propri redditi una menzogna. Ci sono anche due comandamenti in proposito: “non rubare” e “non dire falsa testimonianza”. E non è da meno la connivenza di chi aiuta a evadere.» Infine, il docente sottolinea che «un comportamento eticamente corretto poggia su tre elementi: la coscienza individuale, la regolamentazione pubblica – che in questo caso consisterebbe nelle verifiche fiscali – e il controllo sociale, ovvero la “sanzione degli onesti”. È questa che manca da noi, e bisogna agire fin dalla scuola per costruire una mentalità nuova. »

È indispensabile che, nel nostro Paese, cresca il senso di riprovazione sociale per la slealtà di cui si rendono colpevoli gli evasori verso la comunità di appartenenza, perché, mentre negli altri Paesi occidentali chi non paga i tributi viene considerato dagli altri cittadini una specie di ladro, che ruba qualcosa anche a loro, da noi invece si continua a ritenerlo un furbo. 

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 17 giugno 2013


 

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