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HOME > La Nota della Settimana > N° 24/2011

CERNUSCO NOSTRA
HA GODUTO LE PREFERENZE DI SAN CARLO”


Siamo quasi al termine dell’anno pastorale che il nostro Arcivescovo ha dedicato alla santità. E “Santi per vocazione” è, appunto, il titolo della Lettera che il cardinale Dionigi Tettamanzi ha rivolto a tutti i fedeli della Chiesa ambrosiana lo scorso 8 settembre, nella festa della Natività di Maria, che segna tradizionalmente l’inizio dell’anno pastorale della nostra Diocesi. “La santità di Dio – ha scritto il Cardinale  è il suo amore per l’umanità e per la sua storia, un amore che nulla e nessuno possono mai stancare. È la luce in cui non ci sono tenebre; è la comunione in cui tutti troviamo salvezza, riposo, conforto; è la vita, quella eterna e felice”. Di conseguenza “la santità è un segno distintivo del popolo di Dio ed è un tratto della vera natura e del volto autentico della Chiesa”.

L’icona che il nostro Arcivescovo ci ha invitato a seguire è quella del “Buon Samaritano”, che “esprime la biografia di ogni cristiano, il quale imita la santità di Cristo, unico Salvatore, e raccoglie tutta la propria vita in un’unica grande vocazione, che si esprime nell’imparare ad amare come Gesù”. Mentre, l’esempio da imitare in questo cammino è san Carlo Borromeo, la cui “grandezza nasce dalla profondità della sua fede e dalla totalità della sua dedizione alla missione ricevuta: in una parola, dalla sua santità”. Oggi “c’è troppo individualismo ed egoismo anche in noi e nelle nostre comunità ed è forte la tentazione di non voler vedere i poveri, i nuovi poveri di oggi e le nuove necessità della crisi e del tempo presente”.


 

San Carlo a Cernusco – Per conoscere meglio San Carlo, questa settimana vogliamo fermare la nostra attenzione sulla sua presenza a Cernusco. Lo facciamo attingendo le notizie storiche dal mensile “Voce Amica”, che nel 1938 ha pubblicato una serie di articoli su questo argomento. Si tratta di testi non firmati ma tutto ci induce a credere che siano opera del nostro insigne e benemerito concittadino monsignor Luigi Ghezzi (1887  1952), di cui ricorre, proprio in questo mese, il 100° della sua ordinazione sacerdotale (11/6/1911).

Da quanto ci è stato possibile di raccogliere di documenti e che in queste note abbiamo pubbli­cato  si legge sul mensile cattolico cernuschese  ben possiamo affermare che Cernusco nostra ha goduto le preferenze di San Carlo ed è ben do­veroso che l'abbia in conto di specialissimo pro­tettore.”

E se permettete, per noi che portiamo il nome dei due grandi santi ambrosiani per eccellenza, questa vicinanza la sentiamo in modo particolarissimo e ce ne piace scrivere.


 

Arcivescovo a soli 22 anni  «Quando Papa Pio IV, l'anno 1560, nominava il giovanissimo Cardinal Carlo Borromeo (nipote suo per parte di sorella) Arcivescovo di Milano, pare avesse l'intenzione di ritenere ugualmente presso di sé in Roma il nipote. Questo gli era prezioso collaboratore nel governo della Chiesa universale come Segretario di Stato e la Diocesi di Milano il Borromeo l’avrebbe governata a mezzo di vicari scelti fra uomini eminenti per pietà e cultura.

E per un primo tempo il nuovo Arcivescovo, che aveva soli 22 anni (essendo nato il 2 ottobre 1538) attese proprio così al governo di Milano; e vi man­dò come vicario il celebre Nicolò Ormaneto, che lo teneva informato di tutto e che prendeva provve­dimenti dietro decisioni che il cardinale Arcive­scovo inviava da Roma.

Così informato di tutto il Borromeo conobbe lo stato di decadenza morale in cui a quel tempo si trovava la Chiesa di Milano. E poiché una delle ragioni di tanta decadenza era proprio l’assenza per il passato degli arcivescovi (usanza deplorata nel Concilio di Trento che in quegli anni per merito anche suo era stato concluso), il Borromeo incomin­ciò a pensare di portarsi finalmente a Milano ed esserne veramente l'arcivescovo.

Il 1° settembre 1565 lasciò infatti Roma, benedetto dallo zio Pontefice ma lasciando in rammarico tutta la città che era stata delle sue virtù edificata, specialmente negli ultimi tempi.

San Carlo entrò in Milano, accolto trionfalmente, il 23 settembre 1565 e subito si accinse al santo ministero. Nel primo discorso al popolo in Duomo an­nunciò, che da vero Pastore avrebbe fatta la conoscenza con tutte le sue pecorelle e del monte e del piano, e per questo indisse subito la sacra Visita pastorale per la città e per la diocesi tutta, allora vastissima ben più che attualmente, sebbene sia tutt'ora la più vasta d'Italia.

Il Borromeo esperto al governo, non visitava una parrocchia avanti averne avute dettagliate notizie, che gli servivano per le sue constatazioni personali e per prendere dei provvedimenti opportuni, con

vera cognizione di causa. .


 

Un visitatore a nome di San Carlo fu a Cernusco il 22 agosto 1570, e nell'archivio dell'arcivescovado vi è la relazione completa di detta visita, con de­scrizione particolareggiata della chiesa parrocchia­le allora a Santa Maria.

Venne poi a Cernusco San Carlo, il 24 gennaio 1572. Cernusco contava allora, dice appunto la relazione della visita pastorale, 1200 anime, di cui 900 da Co­munione, e 150 erano i focolari, cioè le famiglie. Non era Cernusco la grossa borgata attuale, ma per allora una parrocchia distinta.

Vi arrivò in barca sul Naviglio, approdando al­l'argine di Santa Maria, accolto festosamente dal popolo.

Trovò San Carlo che la chiesa (Santa Maria), antica e consacrata, era abbastanza decente, ma incapace per la cresciuta popolazione. Era a due navate, con ri­spettivi altari; l'altare maggiore col Crocifisso e pit­ture antiche; l'altro altare con quadro di San Gero­lamo. Fuori dalla chiesa tutto intorno il sagrato usato a cimitero.

Non decenti invece trovò le due chiesine, che stavano al di là del Naviglio; sorgevano queste due chiesine nell'attuale piazza Vittorio Emanuele (ora piazza Matteotti), una dedicata a San Genesio martire, l'altra a San Martino vescovo.

Della chiesa di San Genesio la relazione della visita pastorale dice che era angusta e squallida, con altare di legno tarlato, smattonato il pavimento, e le finestre difese da tele sudice.

Nella sua prima visita pastorale (24 Gennaio 1572) San Carlo visitò anche l'oratorio di San Maurizio, che non ci è possibile determinare dove propriamente fosse e non avendo l'attuale cascina San Maurizio conservato alcun indizio di detta chiesa.

Poi fu alla Torriana, dove le anime erano cinquan­ta (trenta da Comunione) e dove risiedeva un sacerdote a celebrare ogni giorno nella chiesina di Santa Caterina.

A Ronco, dove eranvi anime 60 (30 da Comunio­ne) visitò l'oratorio di San Rocco, fabbricato dai Conti Litta; poi fu alla cascina Olearia dove l'oratorio era dedicato allora a Santa Caterina; e alla cascina dei Santi, di proprietà delle Monache della Stella in Porta Tosa di Milano e che vi avevano chiesina dedicata a San Bernardo, ora affatto scomparsa.

Di là passò al Colcellato (dipendente dalla nostra parrocchia fino all'anno 1928), dove pure eravi un oratorio dedicato al mistero della Visitazione di Ma­ria Santissima a Santa Elisabetta, provvista di largo be­neficio per il sacerdote che vi celebrava la Messa quotidiana.

Finalmente fu a Camporicco, allora membro della parrocchia di Cernusco e dove la chiesa dedicata a Maria Nascente era decorosa e un sacerdote vi ri­siedeva per le sacre funzioni.

San Carlo intuì ben subito la situazione e il vero bisogno di Cernusco. Da quando era stato scavato e costruito il Naviglio della Martesana (l4501500) che venne a passare proprio a fianco della chiesa parrocchiale di Santa Maria, il paese si trovò quasi separato dalla sua chie­sa e dalla casa parrocchiale.

Anzi, il paese andava sempre più estendendosi a nordest, e già il popolo preferiva frequentare la povera chiesa di San Genesio andando a Santa Maria solo quando gli abbisognava l'opera del parroco.

Si imponeva la costruzione di una nuova chiesa parrocchiale, al di la del Naviglio, ampia e capace

per la cresciuta popolazione, e pensò il Santo Arcivescovo che la si sarebbe potuta costruire demolendo le due chiesette di San Genesio e di San Martino.

Avanti di lasciare la parrocchia avrebbe voluto radunare presso di sé i maggiorenti del paese per metterli al corrente del suo divisamento e per inci­tarli a iniziare ben subito i lavori.

Ma i notabili del paese, i maggiori proprietari del territorio, risiedevano in città; specialmente in quel­la stagione invernale; mentre era assolutamente necessaria la loro collaborazione, perché il popolo era molto povero.

Allora San Carlo stabilì di ritornare a Cernusco l'anno prossimo e per allora convocò appunto i notabili e i signori del paese.


 

Il 12 Febbraio 1573 San Carlo, zelantissimo e uomo veramente tenace nei suoi santi propositi, ritornava a Cernusco per dare sanzione ai progetti formulati nella sua visita pastorale dell'anno innanzi.

A Cernusco egli trovò come ve li aveva fatti con­vocare, tutti i signori proprietari: i nobili Litta, i Besozzi, i Cicogna. i Castel San Pietro ed altri anco­ra, e a loro, che del resto erano convinti delle buone ragioni del Santo Arcivescovo, presentò un decre­to in qualità di Delegato Apostolico, perché l'ingiun­zione avesse maggiore importanza, col quale ordi­nava di demolire le due piccole chiese di San Gene­sio e di San Martino per far posto a una nuova chie­sa parrocchiale capace della cresciuta popolazione e più centrale nell'abitato.

Il disegno della nuova chiesa sarebbe stato quan­to prima studiato e presentato dall'architetto arci­vescovile, il famoso Pellegrino Tibaldi, che aveva accompagnato l'Arcivescovo a Cernusco e prese vi­sione del luogo della erigenda chiesa. La spesa del­la costruzione l'avrebbero sostenuta in parti pro­porzionali i signori proprietari del paese, date le povere condizioni della popolazione.

Anche i padri Barnabiti, che a Cernusco avevano casa di campagna e poderi, in parte avuti in dono da San Carlo alla soppressione degli Umiliati, si obbliga­rono spontaneamente a donare un appezzamento di terreno del loro giardino per dare agio maggiore e conveniente alla nuova costruzione; ed il parroco don Salvatore Pozzi rinunciò alle decime a lui dovute dalla popolazione in favore della fabbrica.

 

L'attuazione del decreto arcivescovile avrebbe certo richiesto del tempo, poiché le difficoltà fi­nanziarie non erano poche. Ma non volle San Carlo che il popolo di Cernusco intanto rimanesse quasi sprovvisto di assistenza spirituale: ingiunse quindi al parroco di lasciare la casa di Santa Ma­ria e di prendere stanza presso la chiesa di San Genesio ordinandola il meglio possibile e offician­dola a comodità del popolo.

Volle che il parroco avesse con sé un chierico, per il mantenimento del quale detrasse parte del cospicuo reddito della cappellania del Colcellato.

Traslocando il parroco da Santa Maria a San Gene­sio non è che San Carlo volesse abbandonata l'an­tica parrocchiale, ma anzi ingiunse che là dimo­rasse il cappellano già residente a San Genesio e vi celebrasse ogni giorno la santa Messa. E il parroco stesso vi sarebbe ritornato insieme col popolo ogni prima domenica del mese a celebrare; come doveva tornarvi almeno una volta la settimana a celebrare in suffragio dei defunti, giacché là a Santa Maria continuava ad esservi il cimitero della par­rocchia.

Altri decreti emanò in questa occasione San Carlo ed è curioso il sesto decreto col quale loda il parroco che insegna la Dottrina cristiana ogni gior­no festivo, ma lo ammonisce di essere più dili­gente nell'ufficio di vicario foraneo ed anche di fare ogni dì più progresso negli studi, tornando fra un anno all'esame. Gli concede pure di tenere in casa per servizio una donna sessagenaria.

Ben tosto l'architetto Pellegrino Tibaldi ebbe disegnata la nuova Chiesa, a una sola navata, ma di vaste proporzioni e bella nei particolari; ma i signori proprietari del paese, sfarzosi se volete co­me il costume d'allora, ma smunti da infiniti balzelli del fiscale ed improvvido governo spagnolo, si spaventarono al ragguaglio della spesa che avrebbero dovuto sostenere; e sopraggiunta poi la salmonferrato, quei signori si strinsero nelle spal­le, e prima ancora le guerre di Mantova e Cale, differendo alle calende greche l'esecuzione del progetto.

Ma San Carlo non abbandonò l’idea e il pro­posito suo, tanto più che gli occorse di sovente di ritornare a Cernusco.
 

A tutti è noto come il Santo Arcivescovo, pur in mezzo ad una affaraggine di lavoro e di solle­citudini, trovava tempo a coltivare la sua pietà; fu anzi l'ascetica da lui praticata con fervore che lo sorresse in mezzo a tante fatiche. A lui era spe­cialmente cara la pratica del Santo Ritiro; nella solitudine e nel silenzio maturano le grandi idee e si formano i santi; ed eccolo di quando in quan­do, specialmente in preparazione ai Sinodi dioce­sani e ai Concili provinciali (come dice l'Oltroc­chi nelle note alla vita del Santo, scritta dal Gius­sani e tradotta in latino dal Rossi), lasciare Mila­no e ridursi per qualche giorno in un convento o case di religiosi solitari e quieti e nel contempo non lontani dalla città.

E preferenze aveva per la casa dei padri Barnabiti a Cernusco dove si confondeva coi religio­si, vivendo umilmente la loro vita di comunità; come altra volta si riduceva all'Abbazia di Bag­gio o alla Certosa di Garignano, a Chiaravalle o a Casoretto presso i canonici Lateranensi, o a Mi­rasole (Oltrocchi, pagina 190).

Durante questi soggiorni spirituali a Cernusco, rivedeva anche e ristudiava il suo progetto per la nuova chiesa; ed ebbe modo di riavvicinare i si­gnori proprietari, e di disporne gli animi a ge­nerosità per la fabbrica.


 

Intanto (1576), dopo la carestia scoppiò, e ter­ribile, quella peste che, per il moltiplicarsi della generosità e della carità dell'Arcivescovo, passò alla storia col nome di “Peste di San Carlo” e le sue sventure ritardarono ancora l'impresa.

San Carlo rivide Cernusco anche durante la peste; vi pas­sò angelo consolatore, portandosi ad Inzago, come narra il Giussani.

L'anno 1584, che purtroppo doveva essere l'ultimo di sua vita, San Carlo fu ripetutamente a Cernusco. Il 15 aprile tornava a Cernusco in visita pasto­rale e poiché, come aveva ingiunto, già era stata demolita una delle due chiesette, quella di San Martino, pose la prima pietra della nuova chie­sa, che sarebbe stata dedicata alla Madonna Assunta. Questa data, 15 aprile 1584, era ricordata sulla parte interiore della chiesa da una lapide rimossa e deplorevolmente non ricollocata dopo i restauri e gli ampliamenti del 1834; ma di essa è nota nell'archivio del vicariato di Gorgonzola in una descrizione della chiesa, fatta nell'anno 1745.

La lapide diceva:

D. O. M.

ANNO MDLXXXIV DIE XVI MENS. APRIL
PONTO PRIMARIO HUIUS TEMPLI LAPIDE
S. CAROLO MEDIOLANI ARCHIEPISCOPO
STRUCTURA EIUSDEM
REIPERAE SEMPER VIRGINI ASSUMPTAE
DICATA
PIORUM ELEMOSINIS CREVIT

e si traduce: «A Dio ottimo e massimo. L'anno 1584 il giorno 15 aprile fu posta la prima pietra di questo tempio da S. Carlo Arcivescovo di Milano. La costruzione dedicata alla Madre di Dio sempre Vergine assunta al Cielo si innalzò per le elemosine di pii offerenti».

(La data riportata nella lapide non coincide con quella indicata per la visita e nella traduzione. Si potrebbe trattare di un errore di stampa su “Voce Amica”, ma abbiamo preferito lasciare le cose così).

Questa data è fatta sicura anche da una cronaca manoscritta del collegio dei Barnabtti a San Barnaba in Milano, stesa dal padre Cernuschi l'anno 1620.

In questa visita pastorale San Carlo soppresse a Cernusco la Compagnia dei Flagellanti, che purtroppo erano mancati alla loro antica disciplina e vi sostituì la Confraternita del San­tissimo Sacramento. Istituì pure ed ordinò la scuola domenicale della Dottrina cristiana.

L'Oltrocchi, nelle sue note già da noi sopra ci­tate, ci riferisce che San Carlo fu a Cernusco il 23 e il 24 giugno di quell'anno, tornando il 25 a Mi­lano per consacrare il Vescovo di Alba.

Il 28 giugno fu di ritorno e con premura a Cernusco, e raccolti i contributi dei notabili del paese, fece iniziare gli scavi per la costruenda chiesa.

E sempre l'Oltrocchi narra “rea queste occupa­zioni spese circa 13 giorni”; e noi pensiamo la sua dimora a Cernusco nella casa dei padri Bar­nabiti, che era lì proprio vicino alla costruenda chiesa e di cui si conservò memoria, fino a non molti anni fa, chiamandosi “Via dei Barnabiti” (denominazione che ha poi ripreso e che conserva tuttora), quella che attualmente è “Via Garibaldi”.

Tornato S. Carlo a Milano per consacrare Ve­scovo di Alessandria monsignor Parravicino, e compiuto il Santo Rito, dice l'Oltrocchi, iniziò un nuovo giro per la campagna anche più faticoso.

Partito cioè per una breve esecuzione a Cernusco il 22 luglio per affrettare la fabbrica della chiesa; di là si spinse nella Brianza, avendo a compagno Alessandro Canigiani Arcivescovo di Aix (?) che era venuto a trovarlo per trattare gli interessi della sua Chiesa, ed ora, pensando di prendere anche utili lezioni di sollecitudine pasto­rale, volle essere a Carlo compagno e partecipe nelle sue fatiche.

Nella primavera e nell'estate del 1584 ben pos­siamo dire che San Carlo fu tutto fervore per por­tare a termine il suo desiderio e il suo proposito di dare a Cernusco una nuova e ben capace chiesa parrocchiale; e certo egli ne sarebbe riuscito se la morte non l'avesse incolto proprio nel novem­bre di quello stesso anno.

Purtroppo l'opera della nuova chiesa rimase così in sospeso e non sarà condotta a termine che per la volontà e l'energia del cugino di San Carlo il grande Cardinale Federico Borromeo, che battendo le orme del cugino santo tutto volle compìto quello che egli aveva iniziato.


 

Da quanto ci è stato possibile di raccogliere di documenti e che in queste note abbiamo pubbli­cato, ben possiamo affermare che Cernusco nostra ha goduto le preferenze di San Carlo ed è ben do­veroso che l'abbia in conto di specialissimo pro­tettore.

Purtroppo però non ci risulta che in Cernusco sia rimasto largo ricordo dei suoi soggiorni; e la ragione la crediamo nel fatto della soppressione della casa dei padri Barnabiti (1810) dove egli era solito appunto di ospitare venendo a Cernusco.

Che la memoria dell'opera santa e benefica di San Carlo sia rimasta in mezzo ai padri nostri non è dubbio e una prova l'abbiamo in un manoscritto di Monsignor Luigi Biraghi che nell'anno 1876 aveva preparato la dicitura per una lapide da porre nel coro della chiesa allora nuovamente decorata e orlata di monumentale pronao.

L'epigrafe ricorda i benefici maggiori di San Carlo a Cernusco. I suoi soggiorni spirituali che certo erano di grande esempio e gli davano modo di togliere dal nostro povero popolo abusi. L'iniziativa della chiesa nuova; l'assegnazione di un Clero virtuoso; la fondazione della Confraternita del SS. Sacramento e della scuola della Dottrina cristiana, allora unica scuola di sapere per il povero popolo.

La lapide di Monsignor Biraghi è così concepita:

Il grande S. Carlo Card. Arcivescovo
amava il soggiorno di Cernusco
qui nella prossima casa a levante
presso i Padri Barnabiti spesso ritirato
si disponeva all’ alta sua missione
promosse l'edificio di questa parrocchiale
e ne pose la prima pietra
bene di scuola, bontà di ministri
vivere religioso e civile
tutto procuro a questo borgo.
I Cernuschesi memori posero
a tanto Patrono.
1876

Non ci risulta che la lapide sia poi stata murata.

Ed anche ci nasce il dubbio che la detta lapide forse doveva sostituire altra preesistente all'ampliamento della chiesa fatta nell'anno 1838.

 

Quando nel 1910 fu celebrato il Centenario della canonizzazione di San Carlo, Cernusco ricordò il Santo con solenni funzioni e accademie musico letterarie, ed anche allora si pensava di murare una lapide a ricordo del gran Santo.

Ciò che non fu fatto allora potrebbe essere l'opera nostra in questo IV Centenario della nascita di San Carlo Borromeo.

Forse la lapide potrebbe essere murata in piazza Vittorio Emanuele dove era la Casa dei Bar­nabiti e la chiesa voluta da San Carlo; oppure anche a Santa Maria raccogliendo memorie del cen­tenario della Madonna celebrato nel l937 e della fondazione della Congregazione delle Marcelline che ricorre proprio in questo anno.»


 

La nostra gratitudine è non solo a San Carlo ma a tutti gli arcivescovi che si sono succeduti sulla cattedra di Sant’Ambrogio perché hanno sempre dimostrato grande vicinanza alla comunità cristiana cernuschese: basti citare le quattordici visite alle nostre parrocchie fatte dal cardinale Carlo Maria Martini e le otto, sino ad oggi, del cardinale Dionigi Tettamanzi.

Al nostro attuale Arcivescovo, bersaglio in queste settimane di duri attacchi da parte di alcuni organi di informazione, desideriamo esprimere tutto il nostro affetto e la nostra vicinanza, unite alla profonda riconoscenza per il suo episcopato, certi che in questi tempi difficili lui, con fedeltà e coraggio, ci sta indicando unicamente la via tracciata dal Vangelo.

 

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 20 giugno 2011


 

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