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HOME > La Nota della Settimana > N° 23/2011

REDDITO DI AUTONOMIA”, PER CONTRASTARE
VECCHIE E NUOVE POVERTÀ


 

Mezzo milione di occupati in meno, quasi tutti giovani. Il potere d’acquisto delle famiglie che perde terreno e i risparmi che si consumano. Una crescita economica anemica, dopo una crisi che ci ha fatto fare un balzo all’indietro di dieci anni. Il consuntivo Istat sul 2010, presentato lo scorso 23 maggio, dipinge un’Italia ancora in forte affanno. Con un dato su tutti: il “rischio povertà o di esclusione sociale” coinvolge oggi un italiano su quattro. Si tratta di 15 milioni di persone, il 24,7% della popolazione, a fronte del 23,1% della media UE. E nel Sud l’area d’indigenza supera il 30%.
 

Una proposta delle Caritas lombarde: reddito di autonomia - “Aiutare le famiglie indigenti ad investire nel proprio potenziale umano”. Questo l’obiettivo del ”reddito di autonomia”, uno strumento di integrazione al reddito che le Caritas della Lombardia propongono per “contrastare efficacemente le vecchie e nuove povertà”. La proposta - contenuta nel libro “Reddito di autonomia. Contrastare la povertà in una prospettiva di sussidiarietà attivante”, edito da Erickson e scritto da Rosangela Lodigiani e Egidio Riva - è stata presentata lo scorso martedì nell’aula convegni della Curia arcivescovile di Milano. Secondo gli autori della ricerca, il reddito di autonomia non è una forma di sostegno assistenzialistico, ma uno strumento destinato a “qualunque cittadino si trovi nella condizione di mancanza di mezzi sufficienti a una vita dignitosa, e volto a favorire l’investimento su di sé, sulle proprie capacità”. Lo schema proposto nel corso del convegno, prevede che i destinatari del progetto riceverebbero un contributo a fronte dell’adesione ad un programma di inclusione socio-economica. Il patto, stabilito assieme ai beneficiari, è vincolante e prevede una serie di obblighi. Come, ad esempio, l’iscrizione ai Centri per l’impiego, la sottoscrizione dell’immediata disponibilità al lavoro, la partecipazione a corsi di riqualificazione professionale.

L’investimento richiesto, inoltre, riguarda non il singolo ma l’intero nucleo familiare. Quindi tra gli impegni che la famiglia si assume accettando il patto di reinserimento sociale, ci sono, ad esempio, anche l’iscrizione dei bambini alla scuola materna e la frequenza scolastica per i figli minori fino all’età dell’obbligo.

L’Italia spende per il sociale più o meno quello che spendono gli altri Paesi europei. I risultati - ha osservato don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana e delegato delle Caritas lombarde – sono però al di sotto della media, come indicano tutte le indagini più accreditate. In Francia, in Inghilterra e in Germania, Paesi con differenti tradizioni culturali e con i quali spesso proprio la Regione Lombardia si confronta, esistono forme di reddito minimo”. Tuttavia, ha aggiunto don Davanzo ,“non è nostro compito sostituirci ai politici cui spetta il compito e responsabilità di fare le leggi. Con questo studio vogliamo però aprire una discussione sull’opportunità di una sperimentazione proprio su questo territorio di un sistema di welfare

adeguato ai bisogni delle persone in difficoltà. Persone che incontriamo nei nostri centri e che si attendono una risposta che noi da soli non possiamo dare.” (www.caritas.it)

Nel dettaglio la proposta minima attuabile in Lombardia prevede l’introduzione del reddito di autonomia per circa 42.000 famiglie indigenti, con uno o più bambini, per un costo di circa 206 milioni di euro. Ma prima dell’applicazione in tutta la Regione, don D’Avanzo ha suggerito una sperimentazione, secondo criteri rigorosi per verificarne l’efficacia in proporzione ai costi. “Testiamo un target con famiglie che hanno certe caratteristiche e sosteniamole con questa misura - ha concluso il delegato delle Caritas lombarde - e confrontiamole con un altro analogo segmento di popolazione aiutato con le misure tradizionali. Vediamo chi riesce meglio a uscire dalla povertà, per poi estenderne l’iniziativa.”

Dalla Regione però è arrivata già una bocciatura. Per l’assessore alle famiglia, Giulio Boscagli, nell’attuale contesto economico, “abbiamo bisogno di strumenti che favoriscano la relazionalità, la coltivazione delle reti sociali più che il semplice stanziamento di sussidi”, inoltre ritiene che il reddito minimo non sia lo strumento “su cui si possano far convergere risorse aggiuntive (private) rispetto a quelle pubbliche”.

La crisi ha confermato e purtroppo drammaticamente esplicitato ciò che già si sapeva: l’inadeguatezza del nostro welfare a sostenere le fasce più colpite dalla crisi: quelle che non hanno alcuna forma di tutela (precari, artigiani … ). La politica deve farsi avanti e immaginare un nuova sistema di welfare che sappia includere questi soggetti senza rete. A noi sembra che la proposta delle Caritas lombarde vada proprio in questa direzione.


 

Spesa dei Comuni per i servizi sociali - Il Rapporto Istat che abbiamo citato, oltre ad analizzare altre voci molto significative, mette in evidenza che resiste la rete di aiuti familiari e informali, ma con sempre meno ricambi per il calo demografico e l’invecchiamento della popolazione. Il sostegno economico maggiore di tipo pubblico è al Nord-est, mentre nel Mezzogiorno gli aiuti sono più modesti, per il numero di richiedenti più elevato. Il dato si evince dalle spese dei Comuni per i servizi sociali, in media 111 euro pro-capite, che in Calabria si attestano a 30 euro e in provincia di Trento a 280 euro. Idem la spesa per disabili, in media di 2500 euro, ma al Sud di 658 euro e al Nord-est fino a 5.075.

Prendendo il Bilancio di previsione 2011 del nostro Comune si rileva che la spesa per i “servizi alla persona” si attesta a 163,68 euro per abitante.


 

Benessere nei Comuni d’Italia – È stata resa nota l’analisi del benessere nei Comuni italiani, “realizzata attraverso l’utilizzo di numerosi parametri capaci di fotografare la situazione territoriale relativa: i venti indicatori utilizzati sono gli stessi impiegati da Stiglitz-Fitoussi e legati alla qualità della vita, cioè qualcosa che tende a superare l’ormai obsoleto indicatore del Pil capace di misurare il solo reddito.” Questa indagine ha preferito il “Bil (Benessere Interno Lordo)” e quindi ha lasciato “spazio alle variabili del benessere economico e sociale, all’ambiente, agli indicatori di felicità: condizioni di vita materiale, istruzione e cultura, partecipazione alla vita politica, rapporti sociali, in/sicurezza, ambiente, attività personali e salute. Così a primeggiare in questo campionato del Bil è il paese di Bardolino, sul Lago di Garda.” (www.centrostudiosintesi.com)

In questa speciale classifica, Cernusco non compare. L’unico comune della provincia di Milano presente è Gaggiano al 56° posto. In totale i comuni lombardi in graduatoria sono 26 su 260.

Ricordiamo invece che - in base ai dati pubblicati dal Dipartimento delle Finanze, sulla base dell’imponibile 2009 dichiarato con il 730 e con Unico 2010, ai fini delle addizionali comunali e regionali Irpef, utilizzati per compilare la classifica dei “Comuni più ricchi d’Italia” - Cernusco è al 60° posto. Non si tratta però del reddito medio di tutti i contribuenti Irpef, ma del reddito denunciato dai soggetti tenuti a versare l’imposta. Restano fuori, quindi, coloro che sono riusciti ad azzerare l’Irpef, grazie a esenzioni e detrazioni: 10,5 milioni di contribuenti su 41,5.

I dati relativi al nostro Comune sono i seguenti: 19.437 contribuenti (+ 5,3% rispetto al 2005), ammontare del reddito 568.492.871 (+ 19,9%), reddito medio 29.247,97 (+13,8%).

Queste classifiche, che devono essere sempre prese con una certa prudenza, possono costituire l’occasione per alcune riflessioni. Per esempio, per domandarci, in sostanza, che cosa conta di più per noi: se lo sviluppo economico o piuttosto il benessere e la qualità della vita; per interrogarci su quali componenti dello sviluppo e del progresso di una comunità locale riteniamo importanti, al di là dei fattori economici e produttivi.


 

Buon compleanno “Aurora-Bachelet - All’inizio di questo mese la scuola paritaria Aurora-Bachelet ha festeggiato, con il Meeting dell’educazione, il suo 30° di fondazione. È una realtà educativa della nostra città alla quale guardiamo con simpatia, interesse e condivisione del suo progetto educativo.

Nell’intervista pubblicata sul numero di giugno del mensile della scuola “L’Aquilone”, il rettore Rosario Mazzeo ha dichiarato che la festa del 30° è stata pensata per porre al centro gli «amministratori (della cooperativa che ha gestisce la scuola), che sempre più si pongono come una comunità di amici ben decisa a “fare” scuola impegnando gratuitamente tempo ed energie personali ... la preside e il Collegio dei docenti sempre più consapevoli della loro funzione, sempre più qualificati professionalmente, sempre più desiderosi di costruire una scuola pubblica (non privata), paritaria, complementare a quella statale, usando tutti gli spazi di autonomia e di libertà che la legge consente», le famiglie e, naturalmente, bambini, ragazzi ed ex studenti.

Mazzeo poi ricorda che la scuola «è privata nella gestione», ma «è pubblica nel servizio che offre e nel modo con cui lo fornisce... È assurdo continuare a far coincidere il “pubblico” solo con lo “statale”. L’educazione non può essere un bene privato, individualistico. È un affare pubblico, riguarda la persona, la famiglia, società. Un “piccolo di uomo” che cresce come uomo è un guadagno per tutti. La scuola, se è scuola, è sempre pubblica. Lo dice la storia, lo testimoniano le democrazie delle società più avanzate. In Italia per un pregiudizio ideologico si continua a pensare alla scuola in termini statalistici, in base ad una concezione totalitaria dello stato e una visione riduzionistica dell’uomo.»

Il problema della scuola in Italia, ha scritto Giuseppe Dalla Torre - magnifico rettore e docente ordinario presso la Facoltà di Giurisprudenza della Lumsa di Roma - «vie­ne da lontano e non appare anco­ra definitivamente risolto. E’ un problema di natura culturale, pri­ma ancora che politica e giuridi­ca. Mi riferisco al … problema della libertà della scuola non promossa dallo Stato e del riconoscimento del servizio pubblico da essa compiuto. Dicia­molo chiaramente: nonostante il disegno costituzionale, che da un lato riconosce e garantisce la sus­sistenza di scuole meramente pri­vate, libere di esistere ma "senza oneri per lo Stato” e dall’altro prevede un sistema pubblico co­stituito da scuole statali e scuole paritarie, una “questione scolastica” continua a sussistere nel nostro Paese. Nel senso che le scuole pa­ritarie di origine "privata", in quanto traggono vita dalla società civile, continuano ad essere le ce­nerentole del sistema dell'istru­zione pubblica. Qualche cosa è stata fatta, grazie soprattutto a un ministro che veniva dalla sinistra … Ma passi avanti, in segui­to, non se ne sono fatti; il sistema pubblico dell'istruzione rimane zoppo, perché uno dei due sotto­sistemi è finanziato irrisoriamen­te. Si tratta di una contraddizione insopportabile sia dal punto di vista di principio, cioè di quella co­stituzionale libertà delle istituzio­ni scolastiche che, per essere ef­fettivamente fruibile da tutti, deve divenire concretamente accessibile a tutti; sia dal punto di vista della qualità, perché si vuole un sistema competitivo verso l'eccel­lenza, ma la competizione può realmente avvenire solo se i blocchi di partenza sono eguali per tutti: scuole statali e scuole parita­rie.

Ogni volta che vi sono manifestaZioni sulla scuola, si ripetono slogan rivendicanti il primato della “scuola pubblica" e la necessità di convogliare verso di essa soltanto risorse pubbliche. Affermazioni sacrosante, da condividere appieno, se coloro che le pronunciano non confondessero tra pubblico e statale, come invece fanno regolarmente, non si sa se in malafede o per ignoranza.»

All’Aurora- Bachelet, anche in relazione agli importanti progetti di sviluppo della sua attività, auguriamo di continuare con l’entusiasmo e la passione di sempre il suo cammino educativo, assicurandole che nell’impegno per il pieno riconoscimento della libertà di educazione siamo al suo fianco.

 

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 13 giugno 2011


 

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