CernuscoInsieme

Condividi il contenuto di questa pagina con i tuoi amici:

Torna alla pagina precedente

comunità pastorale

voce amica agorà oasi cVillage

piazzetta

dalla città

CernuscoInsieme.it - Il Portale della tua Città

Stai navigando in
HOME > La Nota della Settimana > Settimana 22/2010

In festa con don Ettore, 
ricordando che ogni prete è un dono

 

I fedeli delle tre parrocchie cittadine nei prossimi giorni si uniranno a don Ettore Colombo, responsabile della Comunità pastorale “Famiglia di Nazaret”, per ringraziare innanzitutto il Signore per la sua vocazione e per i suoi primi venticinque anni di ministero pastorale e poi per vivere alcuni momenti di festa insieme per testimoniargli la gioia e la gratitudine per la sua presenza in mezzo a noi.

Noi qui vogliamo, prima di tutto, ripetere il nostro grazie a tutti i sacerdoti che svolgono il loro ministero pastorale nelle nostre parrocchie cittadine. La loro presenza è un grande dono del Signore, che purtroppo non sempre riusciamo a riconoscere e accogliere. La scarsità delle vocazioni sacerdotali, resasi già manifesta con la riorganizzazione della vita delle nostre parrocchie e destinata a diventare ancora più evidente nei prossimi anni, con probabili ulteriori ridimensionamenti, dovrebbe ormai renderci consapevoli che la presenza del prete in una comunità non è un diritto ma, appunto, un dono.

La festa per don Ettore è anche l’occasione per riflettere sulla presenza del prete nelle nostre parrocchie, sul suo ministero e sul nostro impegno in parrocchia e nella società.

 

Innanzitutto, ci dobbiamo ricordare che “il prete – ha detto don Massimo Camisasca (autore del libro Padre. Ci saranno ancora sacerdoti nel futuro della Chiesa?) - è un uomo chiamato da Dio a condividere la sua vita e la sua missione. Non c’è un compito, fra tutti quelli che si possono vivere, potenzialmente più aperto alle dimensioni universali a cui aspira ogni uomo.” Il prete è il collaboratore di un’opera che lo precede e lo supera.

Rileggendo le riflessioni che sono state proposte in questo anno sacerdotale che sta per concludersi, ci permettiamo, a nostra volta, di rivolgere alcuni semplici inviti, e non rigide pretese, ai preti della nostra Comunità.

Al prete chiediamo di essere, per ciascuno di noi, maestro di preghiera. “I nostri fedeli – ha scritto don Salvatore Giuliano - vogliono vederci innamorati di Cristo. Vogliono ritrovare in noi preti dei maestri di preghiera che, grazie alla profonda famigliarità con Dio, riescono ad indicarlo presente nella vita di ciascuno. La richiesta di quei greci che, rivolgendosi all’apostolo Filippo, dissero Vogliamo vedere Gesù (Giovanni 12,21) è il grido interiore che tacitamente tanti rivolgono a noi.”

Al prete chiediamo di farci gustare, ogni giorno, la parola del Signore. “La gente – è ancora don Camisasca a dirlo - non ha bisogno di un prete che ripeta sempre le stesse cose. Ha bisogno di un uomo che si abbevera continuamente alla Scrittura, alla testimonianza dei santi, che dilata in tutta la giornata la sua celebrazione del Sanctus. Cioè che attraverso la meditazione e lo studio trova le parole, sedimentate lentamente dentro di sé, per parlare agli uomini.”

Al prete chiediamo di educarci alla vigilanza. “Il sacerdote - ci ha ricordato Benedetto XVI - deve essere uno che vigila. Deve stare in guardia di fronte alla potenze incalzanti del  male. Deve tener sveglio il mondo per Dio. Deve essere uno che sta in piedi: dritto di fronte alle correnti del tempo. Dritto nella verità. Dritto nell’impegno per il bene. Lo stare davanti al Signore deve essere sempre, nel più profondo, anche un farsi carico degli uomini presso il Signore che, a sua volta, si fa carico di tutti noi presso il Padre. E deve essere un farsi carico di Lui, di Cristo, della sua parola, della sua verità, del suo amore.”

Al prete chiediamo di mostrarci sempre il volto misericordioso del Signore. Con la propria vita, con la testimonianza di fede, il sacerdote - come ha ricordato Papa Ratzinger - deve far percepire alle donne e agli uomini del suo tempo “l’amore misericordioso del Signore”.

“Mi ha sempre meravigliato – ha detto monsignor Sigalini - come tante persone credano che Dio sia vendicativo, lontano dai nostri veri bisogni, uno da cui difendersi … Invece ha due braccia che sono la fine del mondo, al di fuori di esse non puoi mai cadere. È il perdono fatto persona, un amore appeso a una croce per tutti. Certo la gente vuol percepire questo dal nostro volto. Non ci vuol vedere con quella faccia che sembra schifata di tutto e di tutti e quindi carica di torti da vendicare. Il volto gioioso di un padre che non smette mai di volerci bene è il ritratto più bello di Dio.”

Al prete chiediamo di promuovere e vivere con noi la comunione, facendoci così capire che la fede non si diffonde soprattutto per il numero dei preti, ma per l’intensità della comunione tra preti e laici. “Non c’è nessun cristiano generico nella Chiesa – ha aggiunto il vescovo di Palestrina, che è anche Assistente generale dell’Azione Cattolica Italiana - ma tutti hanno una chiamata precisa alla santità e alla dedizione al vangelo … I  laici sono aiutati a vivere la loro vocazione se i nostri preti sanno essere fedeli agli organismi di comunione, al consiglio pastorale e a quello degli affari economici, se sanno capire che non sono il tutto della Chiesa.”

Il prete ci ricordi che i cristiani dovrebbero essere persone di pace, che riconoscono e vivono il mistero della Croce come mistero della riconciliazione. “Cristo non vince mediante la spada - ha detto Benedetto XVI - ma per mezzo della Croce. Vince superando l’odio. Vince mediante la forza del suo amore più grande. La Croce di Cristo esprime il no alla violenza. E proprio così essa è il segno della vittoria di Dio, che annuncia la nuova via di Gesù. Il sofferente è stato più forte dei detentori del potere. Nell’autodonazione sulla Croce, Cristo ha vinto la violenza. Come sacerdoti siamo chiamati ad essere, nella comunione con Gesù Cristo, uomini di pace, siamo chiamati ad opporci alla violenza e a fidarci del potere più grande dell’amore.”

Il prete ci sostenga nel nostro impegno ad essere annunciatori di letizia. “Lo Spirito Santo - è sempre l’attuale Papa a dirlo - è la letizia che viene da Dio. Da Gesù questa letizia si riversa su di noi nel suo Vangelo, nella buona novella che Dio ci conosce, che Egli è buono e che la sua bontà è un potere sopra tutti i poteri; che noi siamo voluti ed amati da Lui. La gioia è frutto dell’amore … La gioia, che da Cristo ci viene incontro, ci dà allegria, sì, ma certamente può andar insieme anche con la sofferenza. Ci dà la capacità di soffrire e, nella sofferenza, di restare tuttavia intimamente lieti. Ci dà la capacità di condividere la sofferenza altrui e così di rendere percepibile, nella disponibilità reciproca, la luce e la bontà di Dio … Quali sacerdoti, noi siamo – come dice san Paolo - collaboratori della vostra gioia (2 Corinti 1,24).”

 

Lo sappiamo bene che con i nostri preti siamo sempre molto esigenti. Solitamente gli chiediamo tutto quello che noi non riusciamo a fare, confidando comunque che loro non abbiano mai a stancarsi di noi.

A don Ettore assicuriamo la nostra vicinanza nella preghiera e nell’amicizia perché il suo cammino sacerdotale sia sempre segnato dalla letizia e dalla capacità di annunciare ai fratelli il Vangelo, in una società che ha tanto bisogno della gioia e della verità che da esso scaturisce.

Buona settimana!

 

Carlo & Ambrogio 

 

Cernusco sul Naviglio, 31 maggio 2010.

          

 

Sito continuativamente attivo dal 1 gennaio '01  -  Best View:  800x600 - IE 6