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HOME > La Nota della Settimana > N° 21/2013

PER UN FUTURO MIGLIORE,
NECESSARIA ANCHE UNA BONIFICA CULTURALE

C’è un’Italia maggioritaria fatta di “tanta gente semplice e umile che non ama schiamazzi e ribalte, che è dedita ai propri doveri quotidiani in famiglia, nella fedeltà agli affetti, a scuola e nel lavoro, nella comunità cristiana e nella società. Questa moltitudine è sana, seria e generosa. Ha il senso della vita reale non romanzata. Costoro fanno la gloria dell’Italia, e sono il nerbo portante del Paese, contenti di fare il proprio dovere con onestà e molto spesso con fede genuina.” Lo ha evidenziato, lo scorso 20 maggio, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, nella sua prolusione all’assemblea dell’episcopato italiano. È l’Italia che infonde fiducia e che ci assicura che da questa crisi possiamo uscire. 

 

Conformismo e contrapposizione - Il presidente dei vescovi italiani, nel suo intervento, ha toccato molti argomenti, qui desideriamo porre l’attenzione solo su alcuni passaggi che riguardano il difficile momento che il nostro Paese sta attraversando. Bagnasco, parlando dei “princìpi che devono ispirare la vita politica e, più in generale, il vivere sociale”,  ha richiamato la “necessità di uscire dai luoghi comuni del pensare e dell’agire” e ha invitato a superare il “clima di ostinata contrapposizione”.

Sulla prima considerazione, ha osservato che “il conformismo diffuso non aiuta a giudicare le cose con la propria testa. L’anticonformismo auspicato non è smania di apparire originali, fuori dal coro, ma è essere rispettosi della realtà, liberi dal ‘così fan tutti’. L’andare contro corrente non è facile! Richiede un’ascesi intellettuale fatta di disciplina interiore, fatica per vincere la pigrizia del lasciar andare; ma esige anche un’ascesi morale fatta di coraggio per resistere alle pressioni del pensiero unico che non accetta di essere contraddetto, disponibili a cambiare le proprie abitudini, ad andare contro il proprio tornaconto se la verità lo richiede. Il bene comune, che la buona politica deve avere come valore superiore, pretende la capacità di anteporre all’interesse personale o di parte il bene generale, cioè il bene del Paese.”

A proposito del “clima di ostinata contrapposizione, seconda considerazione, “che, a momenti alterni, si deve registrare tanto a livello privato che pubblico”, Bagnasco ha spiegato che “quando la naturale logica del confronto e della dialettica sale nei toni e nelle parole, quando non arriva mai a conclusioni condivise ma si impunta avvolgendosi su se stessa, quando si cristallizza diventando costume, allora si rischia la patologia che paralizza il vivere sociale. È il segno triste e sconfortante di un modo di pensare vecchio e ripiegato, autoreferenziale e senza futuro. Non è questione di anagrafe, ma di giovinezza dell’anima. Ci si chiede a volte se contano di più la verità e il bene, oppure il pretendere di avere ragione, o meglio l’affermazione del proprio ‘io’ e della propria immagine.”

 

“Possibile superare la crisi  con un forte e deciso piano industriale” - In un successivo e importante passaggio della sua prolusione, Bagnasco ha dato “voce alle preoccupazioni crescenti e al disagio sociale diffuso, alla moltitudine di giovani che non trovano lavoro, a quanti – anche avanti negli anni ma senza possibilità di pensione – l’hanno perso, a quanti sono in ambascia per l’incertezza del domani, a coloro che oggi sono scesi al livello della povertà e a volte dell’angoscia. Sicuramente, diverse sono le cose importanti da fare per il bene comune, e nessuna di queste è contro le altre, anzi, tutte si richiamano e si sostengono più o meno direttamente. Ma c’è da chiedersi: qual è la lama più dolorosa nella carne della gente? Quella che chiede interventi immediati ed efficaci perché ogni giorno è in gioco il giorno dopo?” La risposta a questa domanda non consente, per Bagnasco, alcun dubbio: il lavoro. “Le statistiche pubbliche sul lavoro e l’occupazione sono eloquenti e non ammettono repliche. È vero che continuano ad esserci settori produttivi che tengono o sono addirittura fiorenti, ma sono delle nicchie rispetto all’insieme. Siamo convinti che è possibile superare la crisi  con un forte e deciso piano industriale che, tenendo in casa il patrimonio e la professionalità italiana, rilanci con tenacia la produzione nazionale insieme alla necessaria attenzione finanziaria. Così che, dicono gli esperti, la macchina si metta nuovamente in moto.”

 

“La famiglia è un bene universale e demolirla è un crimine” - Il presidente della Cei si è posto anche una seconda domanda: “La famiglia – patrimonio incomparabile dell’umanità – che ancora una volta ha dato prova di sé rivelandosi il primo e principale presidio non solo della vita, ma anche di energie morali e di tenuta sociale ed economica” “fino a quando potrà resistere senza politiche  consistenti, incisive e immediate?”. Bagnasco ha poi subito aggiunto: la famiglia “è un bene universale e demolirla è un crimine; affonda le sue radici nell’essere dell’uomo e della donna, e i figli sono soggetto di diritto da cui nessuno può prescindere. La famiglia non può essere umiliata e indebolita da rappresentazioni similari che in modo felpato costituiscono un vulnus progressivo alla sua specifica identità, e che non sono necessarie per tutelare diritti individuali in larga misura già garantiti dall’ordinamento. Il grave problema demografico – che in alcuni Paesi europei è stato affrontato con buoni risultati – quando sarà preso in seria considerazione senza rimandi o depistaggi che nulla hanno a che fare con le urgenze reali?”

 

“Necessaria anche una sorta di bonifica culturale” - Il cardinale di Genova ha pure osservato che “per guardare a un futuro migliore, è necessaria anche una sorta di bonifica culturale al fine di discernere le categorie concettuali e morali che descrivono o deformano l’alfabeto dell’umano, con i suoi fondamentali come la persona, la vita e l’amore, la coppia e la famiglia, il matrimonio e la libertà educativa, la giustizia. È da questa attenzione di tipo antropologico che dipende la possibilità di una società umana o, al contrario, di un coacervo che sarà disumano e spietato. Quando il pensiero unico, con la complicità di risorse e strumenti, non riconosce la sacralità della persona – di ogni persona comunque – allora si è entrati nella fase della decadenza. Al fondo di una certa cultura individualistica non vi è il rispetto della persona, ma la volontà di distruggere l’uomo nella sua dignità, di delegittimarlo nelle sue manifestazioni personali e sociali, per farne un soggetto smarrito e incerto, prigioniero di se stesso, facile preda di chi è più forte e scaltro. Snaturato della sua dignità sacra, l’uomo viene sottomesso all’economia. È forse utile ricordare che la parola ‘sacralità’ non rimanda esclusivamente a Dio. Essa mantiene la sua legittimità in quanto indica qualcosa che ci precede, che è indisponibile, e che l’esperienza personale attesta. Quando qualcuno, infatti, sente rivolte a sé queste parole – ‘tu non mi interessi’ – avverte, senza necessità di argomenti, che è stato commesso un crimine morale contro di lui, che la giustizia è stata violata e l’universo è più buio. La voce della Chiesa non potrà mai tacere quando ci si pone sul piano dell’uomo.”

 

La grande bussola - I nostri vescovi non smettono mai di ricordarci che, come credenti, abbiamo una speciale responsabilità, ancor di più in questo difficile momento che stiamo vivendo: testimoniare che il Vangelo è la grande bussola che possiamo e dobbiamo offrire a una società smarrita, per aiutarla a ritrovare il senso profondo della persona, del bene, della speranza. Ma noi per primi ne siamo convinti?

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 27 maggio 2013

 

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