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HOME > La Nota della Settimana > N° 21/2011

«FANNO REALMENTE POLITICA TUTTI COLORO
CHE OPERANO PER IL BENE COMUNE»

 

Uno sguardo realistico e chiaro alla situazione del Paese: è stato quello che ha fornito il cardinale Bagnasco nella sua articolata prolusione dello scorso 23 maggio scorso in Vaticano, all’apertura dell’assemblea generale dei vescovi italiani. Non sono mancati riferimenti alla vita politica, alla denuncia di un individualismo indiscriminato quale malattia del nostro tempo, alla necessità di «interventi strutturali efficaci» a favore della famiglia; al mercato del lavoro, che manca o è precario. Un intervento improntato ad una visione realista, da parte di chi osserva come, nonostante tutto, vi sono «tante forze positive all’opera, che non vanno schiacciate su letture universalmente negative o pessimistiche». Così pure la considerazione che se «il Paese regge è perché ci sono arcate, magari non immediatamente percepibili, che lo tengono in piedi». È la convinzione, espressa dal presidente della Cei, secondo la quale «fanno realmente politica tutti coloro che operano per il bene comune... nel senso del più trasparente, disinteressato altruismo». Un servizio al bene delle persone e del Paese che dunque travalica l’agone partitico per estendersi a tutto quel vasto settore del volontariato sociale e culturale, più o meno organizzato e strutturato, dell’associazionismo, del terzo settore che costituisce un’inestimabile ricchezza, non adeguatamente riconosciuta e valorizzata, spesso portatrice e a sua volta generatrice di una gratuità ben difficilmente quantificabile e riducibile ai dati di un rapporto e ancor meno trasformabile in moneta sonante.

Bagnasco non ha fornito una ricetta per uscire dalla crisi, ma ha richiamato l’esigenza di «un soprassalto diffuso di responsabilità che privilegi il raccordo tra i soggetti diversi e il dialogo costruttivo». Quindi, tutto il contrario della rissa permanente, delle sparate a corto raggio, delle promesse impossibili.


 

«La rappresentazione pubblica - ha detto il Presidente della Cei, nella parte della prolusione dedicata all’analisi della vita politica italiana - talora soffre di qualche unilateralità e di predominanze che nei fatti non trovano sempre giustificazione. L’Italia non è solo certa vita pubblica. La politica in sé è comprensiva di dimensioni più ricche e articolate e, in ultima analisi, la nostra idea è che fanno realmente politica tutti coloro che operano per il bene comune … nel senso del più trasparente, disinteressato altruismo. Credo vada recuperata una capacità di sguardo che superi le apparenze, le chiazze di colore, le devastazioni di immagine, per cogliere la struttura interiore, l’intelaiatura d’acciaio che sorregge il Paese: quello che, ad ogni nuovo mattino che la Provvidenza offre, si auto-convoca al proprio dovere. Ovvio che non si debba cadere in schemi manichei, in generalizzazioni ingiuste e inaccettabili. Se oggi diciamo che vi è una rappresentazione della vita politica svincolata dalle aspirazioni generali, lo facciamo certo con l’avvertenza dei meccanismi sofisticati che fatalmente concorrono alla proiezione esteriore delle società moderne. Eppure non ci sono scusanti. La politica che ha oggi visibilità è, non raramente, inguardabile, ridotta a litigio perenne, come una recita scontata e – se si può dire – noiosa. È il dramma del vaniloquio, dentro – come siamo – alla spirale dell’invettiva che non prevede assunzioni di responsabilità. La gente è stanca di vivere nella rissa e si sta disamorando sempre di più. Gli appelli a concentrarsi sulla dimensione della concretezza, del fare quotidiano, della progettualità, sembrano cadere nel vuoto. Ambiti come l’allerta emergenziale, che erano non solo funzionanti ma anche ragione di sollievo, oggi appaiono fiacchi e meno reattivi. A potenziale contrasto, c’è una stampa che appare da una parte troppo fusa con la politica, tesa per lo più ad eccitare le rispettive tifoserie, e dall’altra troppo antagonista, e in altro modo eccitante al disfattismo, mentre dovrebbe essere fondamentalmente altro: cioè informazione non scevra da cultura, resoconto scrupoloso, vigilanza critica, non estranea ad acribia ed equilibrio. Ma segnaliamo lo iato anche per dare voce all’invocazione interiore del Paese sano che è distribuito all’interno di ogni schieramento. Dalla crisi oggettiva in cui si trova, il Paese non si salva con le esibizioni di corto respiro, né con le slabbrature dei ruoli o delle funzioni, né col paternalismo variamente vestito, ma solo con un soprassalto diffuso di responsabilità che privilegi il raccordo tra i soggetti diversi e il dialogo costruttivo. Se ciascuno attende la mossa dell’altro per colpirlo, o se ognuno si limita a rispondere tono su tono, non se ne esce, tanto più che la tendenza frazionistica si fa sempre più vistosa nello scenario generale come all’interno delle singole componenti.»

Bagnasco ritiene che «più che un utopismo di maniera, serve una concezione della politica come “complessa arte di equilibrio tra ideali e interessi”, concezione che per questo, cioè per il suo saper evitare degenerazioni ciniche, si fa intelligenza amorosa della realtà e cambiamento positivo della stessa.” Il presidente dei vescovi italiani ha anche auspicato la formazione di una “generazione nuova di cittadini che abbiano la freschezza e l’entusiasmo di votarsi al bene comune”. Aggiungendo subito dopo che quale che sia l’ambito in cui si collocheranno − professionale, associativo, cooperativistico, sociale, mediatico, sindacale, partitico, istituzionale … − queste persone dovranno avvertire “il dovere di una cittadinanza coscienziosa, partecipe, dedita all’interesse generale. Affinché l’Italia goda di quaranteuna nuova generazione di politici cattolici, la Chiesa si sta impegnando a formare aree giovanili non estranee alla dimensione ideale ed etica, per essere

presenza morale non condizionabile.»


 

«Il lavoro che manca, o è precario in maniera eccedente ogni ragionevole parametro – è un altro importante tema affrontato dal cardinale Bagnasco nella sua prolusione - è motivo di angoscia per una parte cospicua delle famiglie italiane. Questa angoscia è anche nostra: sappiamo infatti che nel lavoro c’è la ragione della tranquillità delle persone, della progettualità delle famiglie, del futuro dei giovani. Vorremmo quindi che niente rimanesse intentato per salvare e recuperare posti di lavoro. Vorremmo che si riabilitasse anche il lavoro manuale, contadino e artigiano. Vorremmo che gli adulti non trasmettessero ai figli atteggiamenti di sufficienza o disistima verso lavori dignitosi e tuttavia negletti o snobbati. Vorremmo che il denaro non fosse l’unica misura per giudicare un posto di lavoro. Vorremmo che i lavoratori non fossero lasciati soli e incerti rispetto ai cambiamenti necessari e alle ristrutturazioni in atto. Vorremmo che gli imprenditori si sentissero

stimati e stimolati a garantire condizioni di sicurezza nell’ambiente di lavoro e a reinvestire nelle imprese i proventi delle loro attività. Vorremmo che tutti i cittadini sentissero l’onore di contribuire alle necessità dello Stato, e avvertissero come peccato l’evasione fiscale. Vorremmo che il sindacato, libero mentalmente, fosse sempre più concentrato nella difesa sagace e concreta della dignità del lavoro e di chi lo compie, o non riesce ad averne. Vorremmo che le banche avvertissero come preminente la destinazione sociale della loro impresa e di quelle che ad esse si affidano. Vorremmo che scattasse da subito tra le diverse categorie un’alleanza esplicita per il lavoro che va non solo salvato, ma anche generato. Vorremmo che i giovani, in particolare, avvertissero che la comunità pensa a loro e in loro scorge fin d’ora il ponte praticabile per il futuro.»


 

A proposito di lavoro, segnaliamo che nella nostra città, lo scorso 26 maggio, nel corso di un seminario in Villa Greppi, sono stati presentati i dati sulla crisi occupazionale dell’est Milano e le azioni per agganciare i pur timidi segnali di ripresa. Un’iniziativa organizzata dal Tavolo Permanente per le Politiche Attive del Lavoro, che da un anno riunisce i diversi attori interessati.

I dati – che hanno analizzato l’andamento del mercato del lavoro nell’est milanese e nell’area della Martesana nel triennio 2008-2010 - hanno rilevato come anche in Martesana la crisi si è fatta sentire: nel biennio 2008-2009 si è assistito a un drastico declino produttivo e al conseguente innalzamento della disoccupazione. I timidi segnali di risalita non sono sufficienti per trainare una vera ripresa dell’occupazione, che rimane il vero e più preoccupante problema che il Tavolo Permanente deve affrontare.

Sono state quindi presentate le prime due proposte di progetto, volte proprio a stimolare la ripresa dell’occupazione e rivolte a due fra le fasce più deboli del mercato del lavoro: le donne e gli uomini ultra quarantenni che hanno perso il lavoro e i giovani neodiplomati che invece si affacciano ora alla ricerca di una collocazione. L’obiettivo è quello di provare a ricollocare inizialmente 150 lavoratori disoccupati e di avviare a un percorso di tirocinio e lavoro i ragazzi neodiplomati presso le scuole della Martesana che aderiscono al progetto ELFO della Provincia di Milano.

Sfruttare le risorse stanziate da Provincia e Regione e non ancora utilizzate; dare concreta attuazione ai protocolli d’intesa fra istituzioni e parti sociali stipulati e non ancora completamente realizzati; promuovere la qualità della formazione rivolta ai giovani, facilitare l’utilizzo delle risorse da parte delle imprese; sfruttare le potenzialità e le opportunità legate alla cooperazione sociale: queste sono le principali linee su cui indirizzare il lavoro prossimo venturo del Tavolo Permanente emerse dagli interventi dei diversi rappresentanti di associazioni ed istituzioni presenti al seminario.


 

L'assemblea dei soci della Nuova Cooperativa Agricola Cernuschese, riunitasi sabato 21 maggio, ha approvato il bilancio consuntivo della gestione 2010. La nostra attenzione verso questa storica realtà economica e sociale va ricercata nella sua presenza, sul nostro territorio, con un'importante rete distributiva commerciale. Ai tre punti vendita di Cernusco, a quello di Vimodrone, e ai due collaudati supermercati di Milano se ne è aggiunto un terzo in gestione, dallo scorso mese di settembre, sempre nel capoluogo lombardo: a controprova della consolidata esperienza amministrativa, commerciale e della fiducia che l’Agricola riscuote non solo a livello locale.

Al di la delle cifre del fatturato (che superano gli 11 milioni di euro) e dell’utile d’esercizio (138.000 euro) è importante sottolineare il rilievo sociale della Cooperativa, che da lavoro a ben 107 persone, con 28 riduzioni di orario per “part-time”.

In un periodo di crisi occupazionale l'impegno della Cooperativa, specialmente verso i giovani e verso le fasce di lavoro protette, e la sostanziale tenuta della rete di vendita, con significativi aumenti di “clienti-scontrino”, diventa motivo d'orgoglio e di grande responsabilità per i soci e per il consiglio d’amministrazione.

Nella relazione accompagnatoria al bilancio è stato evidenziato un aumento dei soci (dai 725 del 2009 ai 749 del 2010), rimane però sempre aperta la questione relativa al coinvolgimento dei giovani, essenziale per dare continuità e nuovo slancio per i prossimi anni.

Quella di quest’anno è stata un 'assemblea particolarmente affollata, anche perché all’ordine del giorno c’era il rinnovo delle cariche sociali per il triennio 2011/2013. Due giovani consiglieri (Alberto Tagliaferro e Carla Dehò) hanno preso il posto di un consigliere non più ricandidatosi e di uno defunto. Cambio anche al vertice dell’Agricola, Carlo Alberti ha preso il posto di Giuseppe Rossi, mentre alla vicepresidenza è stato nominato Luigi Mondonico.

Al neopresidente e ai consiglieri d’amministrazione rivolgiamo i nostri auguri di buon lavoro.


 

In precedenza, giovedì 12 maggio, c’era stata anche l’assemblea dei soci della Cooperativa Edificatrice Constantes, attualmente impegnata nella costruzione di 100 alloggi in classe energetica A (48 in edilizia convenzionata in via Vespucci e 52 in edilizia libera in via Dalla Chiesa / Nenni), già tutti assegnati a Cernuschesi. La Cooperativa ha comunicato ai soci che sta esaminando la possibilità di formulare una nuova proposta per la riqualificazione dell’area ex Garzanti di via Mazzini, che potrebbe essere di sicuro interesse per loro e per la città, da sottoporre all’attenzione di tutte le forze politiche e sociali di Cernusco, anche in previsione delle elezioni comunali nella primavera 2012.


 

Le recenti assemblee dei soci delle tre più importanti cooperative cernuschesi ci offrono l’occasione per fare qualche ulteriore considerazione, dopo quello che abbiamo già scritto la settimana scorsa.

Nello scorso novembre il professor Stefano Zamagni, economista e docente di Economia politica all’Università di Bologna oltre che presidente dell’Agenzia nazionale del non-profit, nel corso del convegno organizzato dal Credicoop (vedere Nota del 29 novembre 2010) aveva affermato che “l’investimento in formazione dei soci e dei dipendenti va fatto, ma ci vuole anche un polmone capace di riflettere sulla declinazione dei valori cooperativi nella situazione odierna. Se non c’è una sorgente di elaborazione culturale, i valori dopo un po’ languiscono.” A conclusione del suo intervento, il docente bolognese aveva anche lasciato una bella e efficace immagine: aveva paragonato la cooperazione a due cavalli da far andare sempre di pari passo, uno chiamato a rappresentare l’efficienza, l’altro l’adesione ai valori cooperativi (primo fra tutti quello della mutualità). In caso contrario, aveva detto, ci possono essere solo guai.

A dire il vero, noi di valori cooperativi nelle tre assemblee (se escludiamo l’intervento del presidente Alessandro Azzi all’assemblea della BCC) non ne abbiamo proprio sentito parlare.

A nostro parere, se non si torna a riflettere su questi valori, si potrà anche dire di gestire bene un’impresa, ma non si potrà certo sostenere di amministrare una cooperativa con una precisa ispirazione ideale, con chiare finalità sociali e con una forte base etica. Questa riscoperta di valori e di senso è la sfida più impegnativa che il mondo cooperativo cernuschese deve avere il coraggio di affrontare.

Alla prima generazione di cooperatori cernuschesi, a cui va il merito storico di aver costruito delle solide realtà imprenditoriali orientate al soddisfacimento dei bisogni primari dei concittadini, ne è seguita una seconda che sostanzialmente si è limitata a gestire (in alcuni casi bene, in altri male) il patrimonio ereditato, adesso se ne sta affacciando una terza, per la quale dovrebbe diventare fondamentale rimotivare e rinnovare l’impegno.

Diversamente, si assisterà sempre di più al desolante spettacolo delle “cordate elettorali”, in occasione delle elezioni per il rinnovo delle cariche sociali, alla conquista dei posti di comando e non alla presentazione di candidature per assumere impegni al servizio dei soci e della comunità locale. Nel primo caso, come già accaduto, le competenze professionali dei candidati diventeranno sempre più un elemento secondario. Veramente sorprendente! Siamo pronti a criticare questi comportamenti quando accadono ai più alti livelli istituzionali, mentre poi ce ne stiamo tranquillamente in silenzio quando riguardano persone che conosciamo.

 

Buona settimana!

 

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 30 maggio 2011

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