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HOME > La Nota della Settimana > N° 16/2014

DUE UOMINI, DUE PAPI, DUE SANTI

Domenica 28 aprile papa Francesco ha canonizzato due suoi predecessori, il beato Giovanni XXIII e il beato Giovanni Paolo II, iscrivendoli ufficialmente nel libro dei santi della Chiesa. Come ha dichiarato recentemente in una intervista il nostro Arcivescovo “è importante capire bene che cosa vuol dire che questi due papi sono dichiarati santi. Vuol dire che Dio ci fa la grazia di farci conoscere qualche tratto della sua fisionomia attraverso la vita riuscita di queste due grandi personalità, attraverso il loro stile di vita. Si dice tecnicamente che sono canonizzati: la parola canone viene dal greco e significa regola, modello. Non dobbiamo solo celebrare questi eventi con esteriorità, ma dobbiamo cercare di guardare attentamente al volto di questi due grandi papi, di questi due grandi santi e deciderci a cambiare vita, affrontando anche noi, per quanto ne siamo capaci, con tutti i nostri limiti, il rapporto con Cristo, con la Chiesa e con la società, con il loro stile”.

Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II hanno molti tratti in comune e altri che li distinguono. Il primo, italiano e bergamasco, è diventato papa quando ormai aveva 78 anni e forse fu scelto come una figura di transizione, dopo il pontificato di papa Pio XII. Il secondo, invece, primo papa straniero dopo più di 450 anni, di origine polacca, fu chiamato a reggere la Chiesa Universale all’età di 58 anni, e il suo pontificato è il terzo più lungo della storia, secondo la tradizione (dopo quello di Pio IX e dello stesso San Pietro), essendo durato 26 anni e mezzo. Anche fisicamente i due papi non si somigliavano molto e persino nella loro storia familiare hanno avuto vicende assai diverse. Giovanni XXIII apparteneva a una numerosa famiglia, i cui parenti e pronipoti sono tutt’oggi viventi. Giovanni Paolo II, invece, pur essendo più vicino a noi, all’età di 21 anni non aveva già più alcun parente ed è rimasto completamente solo.

Anche l’itinerario per la loro canonizzazione si è svolto in tempi molto diversi: più di cinquant’anni per il primo e meno di dieci anni per il secondo. Entrambi, però, sono entrati nel cuore della gente e sono stati subito riconosciuti santi da quel popolo di Dio che avevano tanto amato e servito. Il motivo di questo consenso corale, probabilmente, è dovuto al fatto che in loro, sia in Giovanni XXIII come in Giovanni Paolo II, si è potuto scorgere anzitutto due uomini “tutti d’un pezzo”, un’umanità pienamente riuscita e capace di vivere accanto ai fratelli, confidando solo in Dio.

Di Giovanni XXIII non ho ricordi personali, ovviamente, perché quando ha terminato la sua esistenza terrena, il 3 giugno 1963, avevo appena compiuto due anni. Tuttavia io stesso sono stato sicuramente nel numero di quei bambini che la sera dell’11 ottobre 1962 – a conclusione della giornata di apertura del Concilio Vaticano II – ricevettero dai propri genitori quella carezza che il papa stesso chiese di portare dicendo: “Questa è la carezza del papa”.
Di quel famoso discorso – passato alla storia come il “discorso della luna” – il suo segretario particolare, monsignor Loris Capovilla, oggi cardinale all’età di 98 anni, ebbe a sottolineare come le parole più importanti furono altre. Papa Giovanni XXIII, infatti, rivelò la sua umanità più profonda quando, con un’umiltà senza pari, disse: “La mia persona conta niente, è un fratello che parla a voi, diventato padre per volontà di nostro Signore, ma tutti insieme paternità e fraternità è grazia di Dio”. Questa consapevolezza della propria umanità e del legame con il Signore Gesù, l’uomo vero, è stata anche la linea maestra che ha guidato il lungo pontificato di Giovanni Paolo II, a partire dalla sua prima enciclica, la “Redemptor hominis”, che – come dice il titolo – presenta il Signore Gesù come il Redentore dell’uomo. 

Con Giovanni Paolo II, invece, ho avuto molte occasioni di incontro. Il suo pontificato ha segnato tutto il mio cammino seminaristico e sacerdotale, dalla prima adolescenza fino all’età matura. Da giovane seminarista, ho potuto incontrare Giovanni Paolo II e ricevere la Comunione dalle sue mani il 6 gennaio 1980, nella S. Messa di ordinazione episcopale di padre Carlo Maria Martini, eletto Arcivescovo di Milano. E in seguito, durante le sue visite a Milano, l’ho nuovamente incontrato, servendolo nella Celebrazione Eucaristica e anche a tavola nel Seminario di Venegono Inferiore, nel 1983, e intrattenendomi poi con gli altri diaconi, prossimi all’ordinazione, nella cappella dell’Arcivescovado, nel 1984. Come giovane prete ho partecipato alle prime Giornate Mondiali della Gioventù di Santiago di Compostela (1989) e di Częstochowa (1991) e come segretario dell’Arcivescovo di Milano a quelle di Denver (1993) e di Parigi (1997). Ma, ancora di più, grazie al servizio svolto presso la segreteria arcivescovile, prima con il Cardinale Martini e poi con il Cardinale Tettamanzi, ho potuto vedere ancora personalmente Giovanni Paolo II in diverse circostanze: per la beatificazione del Cardinale Schuster, per il Congresso della Chiesa italiana a Palermo, per l’annuale assemblea plenaria della Conferenza Episcopale Italiana a Roma, per l’Anno Giubilare del 2000 e per la consegna del “pallio” al Cardinale Tettamanzi a Castel Gandolfo, nel 2002. In quest’ultima occasione il Papa era già molto provato dalla malattia e a stento riusciva a pronunciare chiaramente le parole. Tuttavia, come in ogni altra situazione, ciò che colpiva della sua persona era la capacità di raccoglimento in preghiera davanti a Dio, unita alla cordialità nell’incontro e nel dialogo con i presenti.

Da Pio XII a Papa Francesco - Grazie al suo lungo ministero svolto a servizio della Chiesa come pontefice – per più di un quarto di secolo – Giovanni Paolo II è stato per molti il riferimento fondamentale nel leggere la figura del papa ed è quello che ha portato uno stile nuovo all’interno della Chiesa. Non meno rilievo, tuttavia, hanno avuto le figure dei suoi predecessori. Non solo quella di papa Giovanni XXIII, che con lui viene proclamato santo, ma anche quella di Paolo VI, di Giovanni Paolo I e di Pio XII, per i quali è aperta la causa di beatificazione. E, allo stesso modo, anche il papa emerito Benedetto XVI e l’attuale papa Francesco, ancora a noi presenti nella vita della Chiesa, pur con differenti modalità nell’esercizio del ministero petrino, ci testimoniano la bellezza e la santità della vita cristiana.

L’umanità di questi due santi - Come ci ha ricordato il nostro Arcivescovo nell’intervista sopra citata, la canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II hanno aiutato la Chiesa e il mondo a cambiare e ad affrontare la perenne novità del Vangelo. Con il Concilio Vaticano II, indetto da Giovanni XXIII in ascolto dello Spirito, la Chiesa ha rinnovato se stessa. E con l’incessante attività apostolica di Giovanni Paolo II anche la storia del secolo scorso – pensiamo al 1989 e alla caduta del muro di Berlino – ha subito cambiamenti significativi. L’umanità di questi due santi nostri contemporanei è motivo di conversione per ciascuno di noi, per vivere con rinnovato slancio il nostro rapporto con Cristo, con la sua Chiesa e con il mondo intero. La rilettura dei loro scritti e l’accostamento vivo delle loro persone nella preghiera è il modo con cui possiamo oggi non solo mantenere viva la loro memoria, ma sperimentare la loro concreta presenza attraverso quella singolare realtà che la Chiesa chiama “comunione dei santi”.

Buona settimana!

don Ettore Colombo

Cernusco sul Naviglio, 28 aprile 2014

 

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