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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 16/2011

«IL SANGUE DELLA PASSIONE GRIDA L’INFINITA BENEVOLENZA DI DIO»


 

La Via Crucis con l’Arcivescovo è ormai diventata un appuntamento tradizionale nel cammino quaresimale. La celebrazione di quest’anno ha poi visto una partecipazione davvero numerosa. Migliaia di fedeli, giunti da tutte le parrocchie della Zona pastorale 7 si sono ritrovati, venerdì 15 aprile, a Sesto San Giovanni. Dopo aver camminato per le vie della città, guidati dalla Croce con il Santo Chiodo, che San Carlo era solito portare in processione per le vie di Milano, la conclusione è avvenuta davanti alla Basilica di Santo Stefano. Siamo stati invitati a considerare «questo nostro Santo Arcivescovo come colui che ci ha insegnato a contemplare il mistero della Pasqua del Signore nel momento della sua umiliazione e in quello della sua esaltazione». Il cammino penitenziale della Via Crucis è stato «nello stesso tempo un atto di adorazione di Colui che ci ha liberati dal peccato e della morte.»

“L’opera di San Carlo – ha detto l’Arcivescovo, nella riflessione che ha proposto a conclusione della celebrazione - è stato un incessante tentativo di piantare la croce nel cuore della sua Chiesa. La croce veniva piantata stabilmente agli incrocio delle strade, veniva posta in evidenza in ogni chiesa, veniva portata in processione, veniva proposta alla venerazione del popolo. Soprattutto però San Carlo desiderava ardentemente che la croce venisse piantata e trovasse stabile posto nel cuore e nella vita quotidiana di ogni cristiano. È questa la motivazione delle processioni penitenziali con cui il santo vescovo percorreva la città, in particolare nei momenti di sofferenza e di pericolo. Non per distrarre il popolo o per proporre pratiche superstiziose, ma per rinnovare la memoria della croce di Cristo, soprattutto in mezzo alle angustie, alle prove e alle fatiche della vita.”

Tettamanzi ha, quindi, invitato tutti a mettersi “alla scuola di San Carlo per non dimenticare la croce di Cristo o piuttosto per piantarla ben salda nel cuore della nostra vita e nel cuore delle comunità cristiane.

Dobbiamo riconoscere che l’origine dei nostri peccati e delle nostre miserie è tutta nella dimenticanza della croce”

L’Arcivescovo ha poi invitato i fedeli presenti a guardare la croce e a non dimenticarla mai, perché ci infonde fiducia.

“Allora guardiamo la croce – ha proseguito l’Arcivescovo - contempliamo la reliquia del Santo Chiodo, percorriamo la passione di Cristo e ricorderemo con commozione che Gesù ha versato il suo sangue per tutti noi, per ciascuno di noi. Ebbene quel sangue è penetrato nella nostra terra e grida in eterno. Ma non grida vendetta, non grida per chiedere una riparazione umana, non grida accuse ai colpevoli. Il sangue della passione grida l’infinita benevolenza di Dio che ci riconcilia a sé, l’immensa compassione del Padre ai nostri dolori, grida la vita che risorge delle virtù di Cristo Signore.

Non dimenticare la croce ci dà la misura con cui siamo stati salvati e ci renderà saldi della fiducia in Dio, che ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito per noi, perché chiunque creda in Lui non vada perduto ma abbia la vita eterna.

Non dimenticare la croce ci farà comprendere quanto preziosi siamo tutti noi agli occhi di Dio e ci salverà così dalle meschinità e volgarità in cui viviamo e lasciamo scivolare le nostre esistenze.

Non dimenticare la croce ci aprirà gli occhi sulle infinite sofferenze degli uomini.

Non dimenticare la croce ci renderà più aperti, più ardenti, più sensibili, più generosi, più operosi nella giustizia e nella solidarietà.

Non dimenticare la croce ci mostrerà la gravità del peccato e la necessità della penitenza.”

Un cammino penitenziale che noi abbiamo percorso fianco a fianco con una famiglia di immigrati. Una presenza che ormai è abituale nelle celebrazioni diocesane e anche in quelle della nostra comunità pastorale. Una presenza che ci interroga profondamente, come ci hanno ricordato i vescovi lombardi.


 

A PROPOSITO DELL’IMMIGRAZIONE OGGI” - Al termine della sessione della Conferenza episcopale lombarda, svoltasi l’11 e il 12 aprile scorsi - i vescovi delle dieci diocesi della regione - hanno diffuso un comunicato “a proposito dell’immigrazione oggi”.

Il desiderio dei presuli è quello di «condividere con le comunità cristiane una riflessione che ci aiuti a maturare un’adeguata e libera lettura di ragione e di fede di questo fenomeno e ci consenta di proporre e far crescere un’attenta prospettiva educativa.»

C’è, nel documento, innanzitutto, un’analisi della situazione che si è creata in queste ultime settimane. «Il fenomeno di spostamento di popolazioni che tanto impensierisce va anzitutto considerato nella sua realtà. Si calcola che nel 2011 siano arrivate in Italia dal mare circa 28.000 persone. Si è giustamente chiesta la solidarietà dell’Europa, che è chiamata ad affrontare con un’azione unitaria e solidale questo problema. È bene evidenziare che – a proposito dei rifugiati politici - l’Italia accoglie ora 55.000 profughi e nel 2010 ha ricevuto 10.000 nuove domande di asilo. La Germania conta 600.000 rifugiati (40.000 domande di asilo nel 2010) e 200.000 sono i rifugiati in Francia (47.000 i richiedenti asilo nel 2010).

Per riconoscere le potenzialità presenti nel nostro Paese, e che anche oggi si possono attivare, ricordiamo che all’epoca della guerra nell’ex Jugoslavia, negli anni ’90, l’Italia ha dato asilo a 77.000 rifugiati. Il nostro Paese ha sostenuto l’obbligo morale dell’accoglienza con coraggio e dignità. In seguito alcuni di questi rifugiati sono tornati in patria, altri sono partiti per Paesi diversi, altri ancora si sono integrati in Italia.»

La domanda che poi i vescovi lombardi si pongono è sul da farsi «come comunità cristiana e come comportarci da cittadini lombardi credenti di fronte alla presente ondata migratoria?»

Le risposte sono chiare e non lasciamo dubbi, interpellano le istituzioni, le nostre parrocchie, ma anche ciascuno di noi.

«È anzitutto necessario recuperare il volto autentico dell’uomo. Come cristiani noi vediamo in ognuna delle persone migranti l’immagine del Padre e il volto stesso di Cristo: “Ero straniero e mi avete accolto… tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” (Mt 25). Da cittadini facciamo riferimento anzitutto alla Costituzione Italiana che all’articolo 10 garantisce allo “straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana” il “diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge” e alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo in particolare agli articoli 13 e 14 che garantiscono la dignità del migrante.

Un secondo passo consiste nel riconoscere con franchezza che l’arrivo nella nostra terra di uomini e donne, giovani e bambini, impegna la nostra comunità civile a provvedere affinché l’ordine sociale sia sempre tutelato nell’interesse di ogni cittadino. Davanti alla migrazione, oltre al dovere d’accoglienza, siamo chiamati ad alzare lo sguardo e a riconoscere le opportunità nuove e positive per la vita sociale e per la vivacità delle comunità cristiane.

Pur riconoscendo le difficoltà di organizzare l’emergenza, occorre fare in modo che si dia ai rifugiati – con decisione e senza ritardi – un’accoglienza organizzata e competente. A tutti è chiaro che sarà opportuno ospitarli in maniera decentrata e diffusa, con un attivo coinvolgimento delle comunità civili locali. Solo questa modalità sottrae le persone alla solitudine, alla tentazione dell’illegalità, al possibile sfruttamento da parte della malavita.

I fenomeni della migrazione domandano di essere letti e affrontati entro prospettive più ampie. La miseria, la malattia e la fame da cui fuggono i migranti che oggi raggiungono il nostro Paese, insieme a coloro che domandano protezione e libertà politiche, ci ricordano che il mondo così detto “sviluppato” ha di fatto requisito grandi quantità di risorse della terra, lasciando a molti popoli solo le briciole. Non mancano i Paesi occidentali che hanno tratto guadagni dalla vendita incontrollata di armi a Paesi non rispettosi dei diritti umani aumentandone l’instabilità sociale e la povertà. Bisogna continuare ad accompagnare la crescita economica e culturale dei Paesi impoveriti. Tagliare gli aiuti internazionali è gesto miope e potenzialmente dannoso anche per il nostro Paese.

L’arrivo dei migranti e dei profughi dall’Africa costituisce anche una sfida e un impegno morale per le comunità cristiane, già in vario modo impegnate ad aiutare ogni povero e – in particolare – nell’accoglienza e nell’accompagnamento dei nuovi arrivati. Parrocchie, enti, istituzioni religiose sono chiamati a continuare il loro servizio per un’autentica integrazione delle persone. Impostare relazioni paritarie significa riconoscere che tutti abbiamo una ricchezza da dare e da ricevere. Siamo invitati a confrontarci con costumi ed appartenenze religiose differenti: è un’occasione per comprendere meglio le nostre tradizioni e le scelte civili e religiose che caratterizzano il nostro territorio.

Secondo lo stile di generosità tipico della nostra terra, chiediamo alle comunità cristiane di Lombardia di rinnovare la fattiva disponibilità alle proposte di accoglienza secondo le esigenze che scaturiranno dal confronto tra le Istituzioni civili e le Caritas diocesane di Lombardia. A quel punto sarà richiesto a ciascuna comunità e ad ogni credente di domandarsi quali iniziative, spazi, energie e gesti di accoglienza concreta può realizzare per favorire istruzione, lavoro, attenzione alla salute e ad una matura integrazione alle persone che vengono ospitate tra noi.»


 

IN CITTÀ, SI RIPARLA DEL “TELONE DELLE POLEMICHE” – Le interrogazioni dei consiglieri al Sindaco, all’inizio della seduta del consiglio comunale dello scorso 11 aprile, hanno dato l’occasione per porre attenzione su alcuni temi al centro dell’interesse dei Cernuschesi, ma anche di alcune recenti polemiche. Ha iniziato il consigliere Ermes Severgnini (Rifondazione comunista) preoccupato per l’atto d’indirizzo approvato dal consiglio comunale di Brugherio, che metterebbe a rischio la salvaguardia del Parco delle Cave (un parco locale di interesse sovracomunale – PLIS), a seguito della realizzazione di un progetto denominato “Parco della forma” (Decathlon). Il Sindaco ha risposto che purtroppo gli altri Comuni compresi nel Parco non “hanno possibilità di intervenire sulle scelte urbanistiche fatte da una singola amministrazione comunale, perché il vincolo generato dal PLIS è debole”, pur tuttavia ha reso noto di aver già avuto alcuni incontri con l’amministrazione comunale di Brugherio, la quale ha dato assicurazione sulla volontà di ridisegnare il progetto, per evitare una strozzatura che taglierebbe in due il Parco, e sulla disponibili a dare aree in compensazione, a fronte di quelle che saranno urbanizzate.

Il consigliere Claudio Gargantini (Gruppo misto) ha presentato una lunga interrogazione sulla scuola; tra l’altro ha chiesto di sapere quando sarà presentato il nuovo polo scolastico, quali sono gli atti già presi al riguardo, quando sarà rivista la convenzione con l’asilo Sorre e quando sarà pronta la nuova sede per “Aurora-Bachelet”.

“Il progetto della nuova scuola – ha detto il Primo cittadino - sarà presentato nel corso di un incontro pubblico non appena ci sarà qualcosa di concreto al riguardo, probabilmente in autunno”; mentre a breve sarà pubblicato il bando per la sua progettazione preliminare. Comincini ha informato poi che del rinnovo della convenzione con la Scuola paritaria Sorre se ne sta già discutendo con i rappresentanti dell’ente e che l’avvio della costruzione della nuova sede della Scuola paritaria Aurora-Bachelet è stato sinora bloccato da “fattori esterni, che però adesso si sono risolti. Tra qualche giorno ci sarà la compravendita delle aree e subito dopo la firma della convenzione.”

Angelo Rocchi (Lega Nord), con una prima interrogazione ha evidenziato alcuni problemi di cui soffrirebbe il reparto di cardiologia dell’ospedale cittadino, che costringerebbero i Cernuschesi, in caso di necessità, a rivolgersi ad altre strutture della zona. In una seconda interrogazione ha posto l’attenzione sui problemi della comunicazione istituzionale e sulle relative spese. Premesso che risultata difficile distinguere tra comunicazione istituzionale e propaganda elettorale e considerato che la legge finanziaria del 2011 ha posto un limite per queste spese nella misura massima del 20% di quanto pagato nell’anno precedente, il consigliere leghista ha chiesto di sapere come saranno spesi quest’anno gli 80.000 euro previsti, di avere copia del contratto di sponsorizzazione del telone di via Pietro da Cernusco e ha anche criticato il modo in cui è stato pubblicizzato dal Comune il 5 per mille a suo favore.

Il Sindaco ha dapprima precisato che la riduzione imposta dalla finanziaria è per le spese di pubblicità e non per quelle di comunicazioni istituzionali e poi ha “chiesto scusa per aver detto una cosa inesatta” nella precedente seduta del consiglio comunale, quando, a fronte delle critiche mosse dal capogruppo del PDL, Giorgio Monti, al grande telone posto sulle case comunali in costruzione di via Pietro da Cernusco aveva sostenuto che il relativo costo rientrava in un contratto di sponsorizzazione. Comincini ha stavolta precisato che “il contratto di sponsorizzazione non è stato portato a termine, ma non ci trovo comunque nulla di male in quello che ho fatto. ”

Un mese fa avevamo scritto che, a nostro parere, la vicenda era da ricondursi proprio e solo a una questione di stile. Adesso evidentemente non può più essere così: perché è stato speso denaro pubblico per un’iniziativa non necessaria.

L’ultima interrogazione è stata del consigliere Gianluigi Frigerio (PDL), che ha chiesto una ricostruzione più precisa sulla vicenda “telone”, anche con la documentazione attinente. Poi ha lamentato la scarsità di informazioni ai cittadini sulla posa delle telecamere ai sette varchi di ingresso alla città; un’altra interrogazione da lui sollevata ha riguardato la “stangata” sulla tassa per i rifiuti che avrebbe colpito i commercianti. Le questioni poste erano già state anticipate dallo stesso consigliere sulla stampa locale e gli assessori competenti avevano già risposto con comunicati stampa.

Dei tre punti all’ordine del giorno approvati – bozza di convenzione con i comuni di Carugate e Pioltello per il servizio di bike sharing “MeglioInBici”; modifica del regolamento per il rilascio dei pass parcheggi; scioglimento del C.I.M.E.P – ne parleremo nelle prossime settimane.

Infine, le due mozioni da esaminare e votare in chiusura di seduta – una sul “testamento biologico” e l’altra sul miglioramento della qualità dell’aria ed il contrasto all’inquinamento – sono entrambe state rinviate.


 

RINVIATO L’ESAME DELLA MOZIONE CHE PROPONE DI ISTITUIRE UN REGISTRO PER IL “TESTAMENTO BIOLOGICO” - Il Sindaco ha chiesto il rinvio della discussione sulla mozione del “testamento biologico”, invitando il consigliere che l’ha presentata a preparare un nuovo testo, coerente con la documentazione fornita dai competenti uffici comunali negli scorsi giorni. Per la verità non si tratta di documenti recenti: perché la prima è una circolare interministeriale del novembre scorso, e la seconda sono “appunti”, in risposta, dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani).

Con una circolare congiunta i ministri del Welfare, dell’Interno e della Salute - nello scorso novembre - hanno affermato che «in linea generale occorre considerare che la materia del "fine vita" rien­tra nell'esclusiva competenza del legislatore nazionale e non risul­ta da questi regolata. L'interven­to del Comune in questi ambiti appare pertanto esorbitante ri­spetto alle competenze proprie dell’ente locale e si traduce in provvedimenti privi di effetti giu­ridici».

In linea generale, si legge ancora, «occorre considerare che la ma­teria del "fine vita" rientra nell'e­sclusiva competenza del legisla­tore nazionale e non risulta da questi regolata. L’intervento del Comune in questi ambiti appare pertanto esorbitante rispetto al­le competenze proprie dell'ente locale e si traduce in provvedi­menti privi di effetti giuridici».

I registri istituiti presso pubbliche amministrazioni rispondono alla preminente finalità di attribuire certezza giuridica a specifiche situazioni (provenienza e data di deposito di un determinato documento, dati identificativi di una persona e altro ancora).

«Il compito - dice ancora la circolare diffusa dal ministro coordinatore Sacconi, anche per conto dei colleghi dell'Interno e della Salute - di disciplinare la ma­teria delle certezze giuridiche, implicando rilevanti effetti che possono anche condizionare l'e­sercizio di diritti fondamentali, è sempre stato riservato allo Stato, al quale spetta di stabilire quali siano gli effetti probatori degli at­ti conservati da pubblici ufficia­li». Tale attribuzione infatti è stata confermata dall’articolo 117 della Costituzione, il quale assegna alla competenza legislativa esclusiva dello Stato «in via generale l’ordinamento civile e specificatamente le materie tra l’altro di stato civile e anagrafi. In questo settore il Comune, secondo quanto previsto gestisce, per conto dello Stato e tramite il sindaco, nella sua qualità di ufficiale di governo, solo i servizi elettorali, di stato civile e di anagrafe». Viene poi precisato dall’ultimo comma dell’articolo 117 che «ulteriori funzioni am­ministrative per servizi di com­petenza statale possono essere affidate ai comuni dalla legge che regola anche i relativi rapporti finanziari, assicurando le risorse necessarie». Insomma, nessuna norma di legge abilita il Comune

a gestire il servizio re­lativo alle dichiarazio­ni anticipate di tratta­mento.

«In tali materie - si leg­ge ancora nel docu­mento - una legge del­lo Stato è poi partico­larmente necessaria perché vengono impli­cate anche altre mate­rie come la tutela del­la salute, della famiglia e della privacy, nel­l'ambito delle quali il Comune non può cer­tamente agire in as­senza di una disciplina statale che ponga principi e definisca le competenze di vari soggetti pub­blici coinvolti. Inoltre, si legge an­cora «lo stesso articolo 117 della Costituzione, al comma secondo, lettera p, riconosce la legislazione esclusiva dello Stato in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamenta­li di Comuni, Province e Città metropolitane. In questa prospetti­va risulta evidente che le funzio­ni amministrative attinenti alle dichiarazioni anticipate di vo­lontà, che investono la sfera per­sonale dell'individuo, sono ma­terie riservate alla competenza del legislatore nazionale». Pertanto, alla luce delle predette considerazioni, «non si rinven­gono - chiude la circolare - ele­menti idonei a ritenere legittime le iniziative volte alla introduzio­ne dei registri per le dichiarazio­ni anticipate di trattamento. In tale quadro si potrebbe, anzi, i­potizzare, nel caso in cui si in­tenda dar comunque corso ad i­niziative del genere, un uso distorto di risorse umane e finan­ziarie, con eventuali possibili responsabilità di chi se ne sia fatto promotore».


 

Negli “appunti” dell’Anci si riconosce che la «questione è se, fermo restando che i Comuni non hanno certamente competenza in materia di “fine vita”, essi possano o meno istituire registri per raccogliere eventuali dichiarazioni relative alla fine vita e se si secondo quali modalità e limiti».

L’associazione ritiene di individuare «i presupposti della legittimità dell’istituzione e tenuta di tali registri, in via generale (nell’ambito dello) svolgimento delle funzioni amministrative del Comune riguardanti “la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità” (art. 13, comma 1, del d.lgs. n.267 del 2000).»

Per i registri che «raccolgono le attestazioni dei soggetti residenti che hanno redatto le proprie dichiarazioni anticipate di volontà con l'indicazione dell'avvenuta redazione di tali dichiarazioni e del luogo o dei soggetti presso cui sono conservate (notaio/fiduciario/altro depositario) al fine di garantirne la certezza della data di presentazione e a fonte di provenienza», l’Anci ritiene che - «in difformità a quanto affermato dalla circolare interministeriale, che, sebbene in assenza di specifiche previsioni legislative o regolamentari, in quanto trattasi di raccolta di dichiarazioni di volontà attestanti  il luogo e il soggetto presso il quale è conservata la dichiarazione di fine vita - si possa ricondurre tale attività allo svolgimento delle funzioni istituzionali proprie del Comune nei settori dei servizi alla persona e alla comunità correlate al ricevimento di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà. Sembra, pertanto, legittimo che i registri possano essere istituiti e organizzati qualora si limitino a contenere la notizia che tali dichiarazioni sono state rese, potendosi questa attività configurare anche come attività fondata sull'art. 47 del d.p.r. n. 450 del 2000 in materia di atti notori e comunque non essendo in violazione di alcuna specifica legge statale.»

Giova sottolineare che quello formulato dall’Anci è semplicemente un parere, espresso tutto al condizionale. È poi significativo notare che la stessa indicazione data dall’Anci, a quanto ci risulta, è stata disattesa dal Comune di Torino, il cui Sindaco è presidente dell’Associazione dei Comuni Italiani, proprio perché la scelta che i consigli comunali intendono compiere, approvando l’istituzione di tali registri, è di carattere ideologico.

In conclusione, la nota dell’associazione «sottolinea l'opportunità - visto l'irrompere nel dibattito pubblico di una questione così delicata che prima atteneva a sfere diverse e che oggi il progresso tecnico e scientifico obbliga ad affrontare con strumenti e canoni interpretativi nuovi, considerato inoltre che ormai proposte di legge sono incardinate da almeno due legislature - di dettare una disciplina normativa in questa materia.

Esigenza intercettata dal Comune, in quanto ente a fini generali, e che certamente merita un quadro normativo appropriato.» Opportunità che la mozione presentata al nostro consiglio comunale disconosce.


 

A fronte di quanto segnalato dal Sindaco, il consigliere Gargantini dapprima è stato riluttante nell’accettare il rinvio perché “non ho visto novità nelle cose che mi sono state dette”; poi si è detto favorevole, essendo riuscito a strappare al presidente del consiglio comunale la promessa che l’esame della mozione sarà messo all’inizio dell’ordine del giorno della prima seduta utile del consiglio comunale.

Gargantini non ha fatto mistero delle finalità che intende perseguire: “Ciò che si chiede con questa mozione, come con quella precedente sulla famiglia anagrafica, è di creare a Cernusco un passo ulteriore verso un senso di civiltà, consentendo a chi lo desidera di depositare il suo testamento biologico.”

C’è da domandarsi, con preoccupazione, quale senso di civiltà ci possa essere in una scelta di questo tipo?

Rimane fermo (anche alla luce dei documenti forniti dagli uffici comunali e noti da tempo) il nostro parere sul carattere ideologico dell’iniziativa che si vuole attuare, volta ad anticipare le decisioni che, ci auguriamo a breve, assumerà in materia di “fine vita” il Parlamento.

Buona Settimana Santa!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 18 aprile 2011

 

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